Corrosi dal tempo

In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro (Vedi Vangelo di Luca 2, 16-21). Per leggere i testi liturgici della festa di Maria Santissima, Madre di Dio, 1 gennaio, clicca qui.

LA SCENA NATALIZIA

Il vangelo ci ripropone la scena del Natale. I pastori vanno con sollecitudine a vedere ciò che è stato loro annunciato. Una volta contemplato il mistero del Dio Bambino, i pastori diventano messaggeri e rappresentano quindi tutti coloro che, dopo aver “visto” – e cioè sperimentato in qualche modo la “verità” della Parola – annunciano con la loro vita e con le parole la “bella notizia” che hanno ascoltato.

Grazie all’annuncio dei pastori, il piccolo gruppo dei primi testimoni si allarga sempre di più. Lo stupore domina questi primi capitoli di Luca: non è tanto l’incapacità di capire, ma la gioia di constatare le proprie attese esaudite con sovrabbondanza.

MARIA, LA CREDENTE ESEMPLARE

Nel gruppo dei primi credenti Maria è la credente esemplare: guarda e fa entrare nel cuore ciò che ha visto, per penetrarne il significato. La “circolazione” della fede è questa, infatti: si guarda perché una parola mi ha detto di guardare. E, dopo aver guardato, faccio diventare parola e vita ciò che ho visto. La “meditazione” di Maria è questo “mettere insieme” le parti separate per coglierne un senso.
Il vangelo di oggi si chiude con la circoncisione. Anche qui il bambino, figlio degli uomini e del suo tempo, obbedisce alle leggi di tutti. I suoi genitori gli impongono il nome. Luca mette l’accento proprio sul nome che indica l’identità del Bambino. “Gesù” vuol dire “Dio salva”, infatti. Dio sta davvero guidando passo la vita del Bambino di Betlemme.

UN NUOVO ANNO

Il tempo passa e il nuovo anno inizia. A noi viene riletto il brano del Natale: i pastori, l’annuncio della nascita, la lode. Ha un senso questa ripetizione. Il Natale è stato, il Natale è sempre. Dio è nato, Dio, in qualche modo, nasce sempre.

Il primo di gennaio, il tema del tempo che passa ci offre la possibilità di riflettere sulla nostra enorme e insieme inavvertita fragilità. Molto fracasso, anche quest’anno, per festeggiare l’anno che se ne va. Chissà perché. In realtà siamo come un vecchio fortino nel deserto. Nessuno si accorge che il vento placido sta corrodendolo. Nessuno si preoccupa di “mettere insieme i pezzi” disarticolati della nostra storia, come invece fa Maria nel vangelo di oggi. Un giorno, per un banale incidente, tutto crollerà. Fantasia drammatica e inquietante di Dino Buzzati.

FRAGILI COME UN FORTINO DIVORATO DAL VENTO

Fra tanti fortini e ridotte nel deser­to, il nostro è ancora uno dei più fortunati. Per molti anni non è venuto a disturbarci nessuno. Solo negli ul­timi mesi il nemico si è fatto vivo ma si direbbe unica­mente per debito di firma. Sono pattuglie di pochi be­duini sonnolenti, si accampano ai piedi delle mura, ver­so sera sparano qualche fucilata in direzione della luna, cantano nenie.
Hanno tentato di scalare la cinta? No davvero! Han­no cercato di sfondare la porta? Nulla di simile. E allo­ra perché tanti discorsi e considerazioni?
Perché soffia il vento, nient’altro che a motivo del vento. È una corrente d’aria placida e discreta, bisogna convenirne. In sé potrebbe essere un piacere. Mai raf­fiche, mai burrasche. Soffia con mansuetudine quasi senza sosta. E se noi osserviamo la sommità e i fianchi delle mura ci accorgeremo che non sono più quelle di una volta. Non hanno più spigoli, presentano vaste corrosioni, sono diventate la metà, come spessore, pure sembrando sempre le stesse. E i mastri murari non ci sono: dopo avere edificato il forte se ne sono andati per sempre.
Batti con le nocche sulle mura. Senti che rumore? Non passerà molto tempo che saranno un guscio d’uo­vo, un velo di carta. E non che i beduini siano ansiosi di assaltarci; ma potrebbe darsi che uno di loro asson­nato o stanco, si appoggi alle mura con le spalle o vi sfreghi, per pulirlo, un dito, dopo aver fatto i suoi bisogni. A un così piccolo e banale incidente, è sospesa la nostra vita
(Da “In quel preciso momento”, in “Romanzi e racconti”, Mondadori, pp. 515s).

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Il tempo che passa… La nostra fragilità… Come affrontarla…