Cercatori di verità

“Epifania”, manifestazione, sta a indicare che il Signore “appare”, “risplende”, la sua luce arriva a tutti. I lontani, che vengono dall’Oriente, coloro che non hanno la fede dei Padri, lo cercano. Lo stile del Natale continua: anche i pastori, poveracci e maginali, venivano chiamati. I magi sono degli studiosi e insieme stranieri: anche loro vengono chiamati. I più svariati tipi di uomini si ritrovano attorno alla culla del Bambino.

I MAGI E IL DESPOTA

Gli eventi avvengono, dunque sotto Erode. È il re che governa su tutto il paese (che, alla sua morte, verrà smembrato fra i suoi figli). Erode è in realtà un usurpatore: pretende di regnare sulla Giudea pur non essendo discendente di Davide: non era ebreo, infatti, ma idumeo. Negli anni 6-7, il periodo in cui si può collocare l’incontro con i magi, il regno di Erode sta attraversando il periodo peggiore. Il re, ormai vecchio, è sospettoso e violento. In quegli anni fa uccidere tre cognati, tre figli e una delle sue mogli, quella che egli amava di più, l’asmonea Miriamme.

Arrivano i magi, dunque. Il vangelo non dice quanti erano, non dice, in particolare, che erano tre (la tradizione ha pensato al numero tre desumendolo dai tre doni che i magi presentano al bambino), né quale fosse la loro origine e non dice neppure che erano re. Esisteva, comunque, ai tempi di Gesù, una corrente di simpatia verso la fede ebraica da parte di gente che veniva da fuori. L’Oriente, poi, senza altre specificazioni, è il luogo del sorgere del sole, luogo “simbolico” da cui arrivano tutte le novità. Per questo la Bibbia usa attribuire molteplici significati al sole e all’oriente da dove il sole sorge.

Arrivano alla reggia di Erode e chiedono di Gesù che essi definiscono “re”: è il modo di dire dei pagani quando parlano di Gesù: così fa Pilato, così fanno i soldati romani, così anche la scritta sulla croce. Invece Erode usa l’espressione ebraica di “Messia”. Dunque i magi hanno veduto una stella. Chissà che cosa hanno visto o sentito, o avvertito… Certo la stella è un’immagine per indicare una luce divina, una luce che viene da Dio. Anche in molti altri racconti antichi, la nascita di grandi personaggi è accompagnata dalla luce. Chiedono dove si trova Gesù.

Erode ha dei dotti, degli intellettuali, che vivono nella sua reggia. Li riunisce e pone a loro il quesito: dove deve nascere il Messia? I dotti consultano la bibbia e trovano una profezia di Michea: il Messia deve nascere a Betlemme. I magi ripartono. Erode li incarica di riferire dove si trova il neonato Messia. Ora che si rimettono in viaggio sono di nuovo soli. Nessun ebreo li accompagna alla stalla del Bambino. Restano soltanto con la loro luce. Come i pastori, ancora una volta… Quando arrivano alla grotta riservano al neonato il rito molto mediorientale, esuberante, barocco, un omaggio tipico di un grande sovrano. Matteo, l’ebreo che scrive per ebrei che sono passati al cristianesimo, si ricorda con molta probabilità del salmo 72, nel quale si parla di un re che riceve gli omaggi di molti ospiti: «I re di Tarsis e delle isole portino tributi, i re di Saba e di Seba offrano doni. Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti».

LA NOSTRA EPIFANIA

Michel Torunier è uno scrittore francese vivente. Nel suo romanzo “Mezzanotte d’amore” immagina che uno dei tre magi sia il re di Pergamo, Fausto I, che, disperato per la morte del figlio si è messo in viaggio, alla ricerca di un senso della sua vita che sembra non averne più. Alla fine arriva a Betlemme e offre al Bambino uno dei capolavori della sua città di Pergamo, una “pergamena”. È una suggestiva reinterpretazione moderna.

Fausto I re di Pergamo s’inginocchiò di fronte alla greppia. Depose la propria offerta: uno di quei rotoli di cartapecora che facevano la fierezza degli artigiani di Pergamo. «Un libro vergine», spiegò, «pagine bianche, ecco il simbolo derisorio della mia vita. Essa è stata interamente votata alla ricerca della verità. E, giunto al termine di questa ricerca, davanti al corpo del mio figliolo ho dovuto riconoscere che sapevo una cosa soltanto: di non sapere. Allora, ho seguito la strana stella nella quale ho voluto vedere l’anima di mio figlio. E ora ti chiedo, Signore: dov’è la verità?» Ovviamente, il bambino non rispose con parole a quell’incommensurabile domanda. Un neonato non fa discorsi. Ma diede a re Fausto un’altra specie di risposta, assai più convincente. Il suo tenero viso si volse verso di lui, i suoi occhi azzurri si schiusero completamente, un lieve sorriso illuminò la sua bocca. E c’era tanta ingenua fiducia in quella faccia infantile, quello sguardo rispecchiava una così pura innocenza, che Fausto sentì di colpo tutte le tenebre del dubbio e dell’angoscia svanire dal suo cuore. Gli parve di precipitare nello sguardo terso del bambino come in un abisso di luce.

IL TUO PARERE

Una tua storia di ricerca… una fatica… oppure la gioia di una scoperta…