Il pane unisce

Nell’era del digitale e dei social network impastare il pane con le proprie mani sembra un ricordo di tempi lontani. Ma oltre a fornire una sensazione piacevole e un passatempo simpatico, tale attività può diventare un’occasione per incontrarsi, conoscersi e condividere momenti di socializzazione e relazioni con persone di nazionalità e culture diverse. Succede nelle Case del pane, iniziativa socioculturale nata in Bulgaria nel 2009. L’ideatore del progetto è la giovane ricercatrice ortodossa Nadezda Savova, convinta che “ciò che accomuna le persone di tutto il mondo è proprio il pane”. Affermazione credibile questa, visto che la ragazza ha girato 75 Paesi ed è stata nominata viaggiatore del 2012 dalla rivista “National Geografic”. L’ispirazione di Savova per le Case del pane nasce quando, durante un pellegrinaggio in Terra santa, scopre che il nome di Betlemme in ebraico significa proprio questo, casa del pane. Oggi l’iniziativa dell’associazione onlus “Consiglio internazionale di centri culturali” è diffusa in una ventina di città in Bulgaria e in altre 14 nazioni, dagli Stati Uniti al Tagikistan.
Durante l’impasto. Ogni impasto parte da cinque elementi base: farina, acqua, lievito, sale e zucchero. “Mentre iniziamo, spieghiamo anche la simbolica di ciascun ingrediente in confronto alla vita e alle relazioni sociali”, spiega Nadezda Savova a SirEuropa. E prosegue: “Il sale e lo zucchero rappresentano i momenti di dolore e di gioia nella vita e a questo punto spieghiamo che bisogna che ci siano tutti e due per avere un equilibrio”. Fortemente impressionati rimangono soprattutto i bambini. Tornando a casa molti di loro chiedono ai genitori di fare qualche volta il pane in casa, come gioco istruttivo e divertente. Ogni incontro ha un tema diverso per dare risalto a valori principali come l’amore, la fede, la pazienza. Una volta sfornate le pagnotte, tutti i partecipanti assaggiano il pane del vicino. In questo modo “le persone imparano a conoscersi, condividere e stare insieme”.
Arteterapia per disabili. Fare il pane diventa anche una forma di arteterapia quando si applica a bambini o adulti disabili, orfani, profughi o altri gruppi di persone con disagi o addirittura emarginate. “Queste persone si sentono molto orgogliosi e soddisfatti perché hanno creato qualcosa con le proprie mani”, afferma Savova. La “terapia del pane” viene riconosciuta come utile e innovativa da diversi psicologi che finora hanno usato la plastilina. Trasmettere alle persone in difficoltà soprattutto delle capacità sociali come la comunicazione, la sicurezza di sè e la leadership è un altro degli propositi delle Case del pane. Nella città bulgara di Gabrovo ad exprerimentum è stato aperto un forno artigianale dove lavorano alcuni ragazzi orfani. Lo scopo è poterli assumere definitivamente e sviluppare l’attività perché possa autofinanziarsi.
Forni mobili per profughi siriani. Le Case del pane esistono anche in versione mobile. Si tratta di vecchie cucine da campo che, trasformate in forni, possono essere usati nei campi dei profughi siriani, situati nella Bulgaria del Sud. “Il loro pane tradizionale, pita, assomiglia a una focaccia – spiega Savova – e così i siriani possono riavere la sensazione di stare a casa”. Una volta al mese, insieme ad altri bulgari della zona dei campi, Savova e il suo staff fanno degli impasti con i profughi per favorire la loro integrazione.
 
Il legame con la religione. Visto che il pane, oltre a essere un alimento base diventa anche il corpo di Cristo durante l’Eucarestia, nelle Case del pane si svolgono impasti di prosfora, il pane usato dagli ortodossi nella liturgia che alla fine della celebrazione viene distribuito in piccoli pezzi a tutti i fedeli. Così durante alcuni incontri, mentre si lavora all’impasto si fa anche catechismo con la partecipazione di sacerdoti ortodossi dove si sottolinea il ruolo del pane nelle Scritture e in modo particolare nelle parabole evangeliche. “Soprattutto nelle regioni povere questi impasti danno molta speranza alle persone – conclude Savova -; sfiduciate oppure oppresse dai problemi quotidiani, molte persone scoprono che le cose materiali non sono l’unica cosa a cui anelare e si rendono conto che si può essere felici anche con cose semplici come il pane fatto con le proprie mani”.