L’inaugurazione

post1definitiva

– L’odore della torta in forno è una delle cose migliori del mondo -.
Così avrebbe detto Angelo se solo ci fosse stata una torta. Invece sua moglie era stata tutto il pomeriggio a preparare un impasto che era finito sul pavimento. Lungo e disteso. Colpa di quelle maledette forme di silicone che si usano oggigiorno per cuocere. Si lasciano andare.
La torta sarebbe servita per il buffet organizzato al termine dell’inaugurazione della nuova sala della biblioteca. Un locale che era stato ricavato in un ufficio comunale abbandonato da un decennio e che vedeva la luce dopo mesi di burocratici rinvii. Angelo era bibliotecario, non poteva mancare. E non poteva mancare nemmeno la torta.
Comprò un dolce in scatola al supermercato dietro l’angolo e rincasò veloce. Doccia, vestito della festa e cravatta. Sua moglie Rita, tacco al piede e un filo di rossetto discreto, lo seguì a ruota. A piedi. Quando giunsero sul posto, la banda aveva già iniziato a suonare e i rappresentanti delle istituzioni locali si erano disposti uno accanto all’altro. Tra tutti spiccavano la figura tornita del sindaco Foresti che brandiva con ansia un grosso paio di forbici e la tonaca nera di don Biagio che le forbici le aveva ancora in tasca e attendeva il momento giusto per sfoderarle.
Il reverendo riteneva una blasfemia permettere al sindaco di inaugurare la sala. Come se l’onorevole Bertinotti avesse preteso di tagliare il nastro a una sede di Forza Nuova. Non che il sindaco dubitasse della cultura dei suoi concittadini, ma i fondi usati per la ristrutturazione erano stati tolti all’unione sportiva, e lui amava l’unione sportiva. Amava l’odore del terreno di gioco, il tifo sulle tribune durante le partite, l’umidità delle docce dopo l’incontro. Non fosse stato per la buona cucina di sua moglie, il Foresti avrebbe messo casa nella sede dell’unione sportiva. E invece il consiglio aveva destinato i soldi a quell’inutile sala messa a disposizione dei topolini di campagna che avrebbero rosicchiato le gambe dei tavoli.
Quando la banda finì il brano, il sindaco si avvicinò ad Angelo e inforcò il nastro rosso con le forbici.
-Pardon- intervenne don Biagio sfoderando le sue.
Il Foresti guardò Angelo, e Angelo guardò don Biagio, e don Biagio guardò il sindaco Foresti, cosicché nessuno incrociò lo sguardo dell’altro.
-Non sia ridicolo- lo ammonì il sindaco. -È luogo comunale, spetta al sindaco-.
-Luogo comunale che giace per il cinquantadue per cento su suolo donato dalla Chiesa al comune-.
Angelo suo malgrado si trovava di frequente tra incudine e martello, e non era posizione che lo facesse stare a proprio agio. Anzi. A stare tra due fuochi prima o poi ci si scotta.
-La donazione risale al 1890. Se lo voleva indietro, doveva dirlo prima- contestò il primo cittadino tirando il nastro a suo favore. -E ad ogni modo, io ho le forbici di rappresentanza. Sono più grosse-.
-Perché non facciamo a gara sulla grandezza del cervello?-.
Tra la folla si diffuse un leggero brusìo che sottintendeva l’invito a risolvere la questione velocemente, che gli stomaci reclamavano il buffet.
-Su, si sposti da qui. Si sa mai che insieme al nastro mi scappi di tagliarle gli orecchi-.
-Sarei più preoccupato per i suoi, caro sindaco. Sono sporgenti come quelli d’un asino-.
Fosse stato un monumento, il sindaco e don Biagio si sarebbero accordati per lasciare l’inaugurazione ad altri, ma essendo che la sala era stata tema centrale di chiacchiere durante l’ultimo anno, nessuno volle indietreggiare. Le forbici si chiusero contemporaneamente, e i due si contesero i pezzi del nastro come Lilli e il Vagabondo lo spaghetto, ma senza bacio.
A mettere fine al bisticcio furono le campane delle quattro.
-Angelo?- chiese il reverendo che aveva bisogno di qualcuno che agitasse il turibolo.
-Il signor Angelo è già impegnato come guardalinee- rispose in sua vece il Foresti.
Angelo restò zitto e lanciò uno sguardo alla moglie. Pietà, stava a significare.
Il sindaco raggiunse la squadra negli spogliatoi e il prete si preparò alla funzione pomeridiana. Altra questione su cui i due non andavano né d’amore, né d’accordo. Il sindaco aveva fissato gli incontri casalinghi dell’unione sportiva proprio all’orario della messa e la chiesa, a due passi dal campo, era un continuo rimbombo di fischiate, incitamenti, esultanze ed insulti. Ma don Biagio non s’era lasciato abbattere e aveva trovato una soluzione. Cosa di cui il sindaco Foresti si accorse non appena entrò in campo e, anziché il solito coro d’incitamento, sentì dalle tribune un timido applauso di quattro tifosi in croce.

(continua….)

Le illustrazioni di «Pane & Noci», che trovate anche nel video, sono dell’artista bergamasco Matteo Gubellini. 

Come ti sembra «Pane & Noci»? Hai qualche suggerimento da dare agli autori? Qualche personaggio o situazione che ti ha colpito di più? Come immagini il seguito? Il nostro feuilleton 2.0 è interattivo: scrivici.