Il coraggio di Etty

Successo a Longuelo per la serata su “Etty Hillesum, Testimone di Dio nell’abisso del male” organizzata dalla parrocchia di Longuelo in collaborazione con la Fondazione Adriano Bernareggi. La serata ha visto protagonisti Chiara Magri del Teatro del vento, che ha dato voce a brani dalle Lettere (1941-1943) e dal Diario di Etty Hillesum e Matteo Zenatti, cantante lirico che ha accompagnato le letture con un’arpa rinascimentale e canti sacri. La scelta di rievocare questa figura nel cammino della Quaresima risulta significativa. Etty Hillesum era una giovane donna olandese, proveniva da una famiglia ebrea ma non si definiva religiosa, era un essere spirituale e credeva in Dio, lo riteneva la parte più intima, profonda di sé e degli altri. Venne incaricata di far parte del Consiglio Ebraico a Westerbork, un campo di smistamento olandese, da cui più tardi partirono i convogli di deportati verso i campi di sterminio. Il Consiglio Ebraico era un meccanismo malato, in cui gli ebrei stessi “aiutavano” il compimento dell’intento nazista. “Ma che cosa succede qui, che misteri sono questi, in quale meccanismo funesto siamo impigliati? Non possiamo liquidare il problema dicendo che siamo tutti dei vili. E poi, non siamo così cattivi. Ci troviamo di fronte a interrogativi più profondi.” Etty poteva salvarsi grazie a dei contatti, anche il fratello Misha, perché era un pianista di talento, ma scelsero di non farlo. Era definita “il cuore pensante della baracca” a Westerbork, con la sua intelligenza e gentilezza cercava di essere ovunque ci fosse bisogno. Aiutava, incoraggiava, dava sollievo ai corpi e alle anime, le sue ultime parole furono “Vorrei essere un unguento versato su tante piaghe”.

Cercò di prendendosi cura dei propri genitori e del fratello e di posticipare la loro partenza per Auschwitz il più possibile, inoltre richiedeva all’esterno dei viveri che li aiutassero a sopravvivere tramite uno scambio epistolare con gli amici di Amsterdam. Era consapevole del periodo storico che stava vivendo e nonostante ciò non perse mai lo stupore e la pace interiore che le permettevano di riconoscere e gioire della Bellezza. “Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. E’ l’unica soluzione possibile.” E ancora: “non ci sono confini tra gli uomini sofferenti, si patisce sempre da una parte e dall’altra e si deve pregare per tutti.” Etty aveva solo 28 anni quando morì ad Auschwitz, coi genitori e il fratello Misha. Decise di condividere il destino del popolo ebraico rimanendo sempre lucida e integra, pura e innocente. “Mi si dice: una persona come te ha il dovere di mettersi in salvo, hai tanto da fare nella vita, hai ancora tanto da fare. Ma quel poco o molto che ho da fare lo posso dare comunque, che sia qui o in una piccola cerchia di amici, o altrove, in un campo di concentramento. E mi sembra una curiosa sopravvalutazione di se stessi, quella di ritenersi troppo preziosi per condividere con gli altri un destino di massa.”

Attraverso i suoi scritti trapela la luce di un’anima che con la sua umanità ha rischiarato uno dei momenti più bui del ventesimo secolo: la Shoah. E’ una di quelle persone che si vorrebbe aver conosciuto, le sue parole rimangono incise anche molto tempo dopo che le si è lette per la prima volta, come se praticassero un foro in qualsiasi nostra remora, ci spiazzano. “Dai campi stessi dovranno irraggiarsi nuovi pensieri, nuove conoscenze dovranno portar chiarezza oltre i recinti di filo spinato, e congiungersi con quelle che là fuori ci si deve ora conquistare con altrettanta pena, e in circostanze che diventano quasi altrettanto difficili. E forse allora, sulla base di una comune e onesta ricerca di chiarezza su questi oscuri avvenimenti, la vita sbandata potrà di nuovo fare un cauto passo avanti.” La serata è stata suggestiva, i canti hanno ridestato nel pubblico le note di un popolo più volte perseguitato nella storia e la cui anima è stata spesso messa alla prova: all’inizio “Adonai”, un canto ebraico che chiede la benedizione degli angeli, poi persino una lauda del Laudario di Cortona “Voi che amate”, ed infine “El male rachamim”, un canto funebre ebraico, nella versione dedicata alla persone morte nell’Olocausto. Come la voce dell’attrice Chiara Magri ha potuto evocare i sentimenti delle persone incontrate da Etty e la profondità delle sue riflessioni, così il canto di Michele Zenatti ha attraversato secoli e messo in comunione con il pubblico una carica emotiva molto toccante.