Voci dalla Nigeria

Da maggio dello scorso anno nel nord della Nigeria vige lo stato d’emergenza: uno dei grossi problemi dello stato africano è causato dal gruppo estremista Boko Haram, che secondo l’agenzia nazionale per le emergenze nigeriana (Nema) dall’inizio dell’anno ha provocato oltre mille vittime. Suor Caterina Dolci, bergamasca, appartenente all’ordine delle suore del Bambin Gesù, la realtà nigeriana la conosce bene: per 28 anni ha vissuto a Koma, nello stato di Adamawa. Da giugno dello scorso anno è tornata a Bergamo: «Questo gruppo – spiega suor Caterina – utilizza la religione per mettere le persone le une contro le altre, ma in realtà persegue motivi politici ed economici. Ha effettuato diversi attacchi alle chiese, ma ha ucciso anche diversi musulmani che non sono d’accordo con il loro operato. Negli stati del nord si vive con una certa paura e si è creata una certa diffidenza tra cristiani e musulmani, che prima non c’era».
La Nigeria è un Paese vastissimo, suddiviso in 36 stati federali: il nord è a prevalenza musulmana, anche se è ancora forte l’influsso della religione animista, come ci spiega suor Caterina. Le suore del Bambin Gesù sono arrivate in Nigeria nel 1983, due anni più tardi suor Caterina ci ha messo piede per la prima volta: «Il cristianesimo nel Paese era molto recente, presente da una cinquantina d’anni – prosegue -. Il nostro scopo era educativo: educare i bambini e i giovani perché potessero diventare protagonisti attivi della propria vita. Nei primi anni andavamo nei villaggi, facendo la formazione per i catechisti. Poi abbiamo avuto la possibilità di aprire una scuola materna, rispondendo alle esigenze dei genitori, allargata in seguito anche alle elementari e ai primi anni di superiori». La congregazione è presente, oltre allo stato di Adamawa, nello stato di Taraba e Plateau. Nella città di Jalingo, capitale di Taraba, hanno creato un centro diocesano per la formazione di ragazze e giovani donne analfabete, alle quali insegnano, oltre a leggere e scrivere, anche attività pratiche come taglio e cucito. Un modo di educare alla convivenza di gruppi etnici diversi, in un Paese dove l’appartenenza al gruppo etnico è molto forte e spesso provoca conflitti. Ma suor Caterina non ha solo lavorato nel campo dell’educazione: «Ho lavorato nel carcere della diocesi di Jalingo: una volta a settimana riunivo i detenuti cristiani e facevamo una sorta di incontro di formazione alla fede. Da lì emergevano anche altri bisogni. Molti detenuti erano innocenti: di alcuni siamo riusciti a dimostrare la loro innocenza e farli uscire». Oltre al momento di preghiera, è stato aperto un laboratorio di sartoria e falegnameria e un centro di accoglienza per gli ex detenuti, per aiutarli a reinserirsi nella società. «La Nigeria ha delle grosse potenzialità – conclude suor Caterina -, ma c’è il problema della forte corruzione, che ne impedisce lo sviluppo. Dentro questa situazione la Chiesa sta lavorando intensamente per la pace, per creare dialogo tra cristiani e musulmani e una comprensione reciproca. Nello stato del Plateau ad esempio l’arcivescovo ha creato una scuola professionale per ragazzi cristiani e musulmani: in questo modo, nei due anni di formazione, non solo imparano un mestiere, ma imparano a convivere e conoscersi reciprocamente».