Sacramenti e divorzio

La vicenda rischia di spaccare il corpo ecclesiale. È lecito o no dare la comunione a quanti, dopo un divorzio, vivono un secondo matrimonio? Come sappiamo, sarà il Sinodo dei Vescovi convocato in Vaticano il prossimo ottobre a decidere in tal senso. Molto scalpore però, nel frattempo, ha suscitato l’intervento del cardinal Kasper al recente Concistoro dove ha parlato di una riammissione all’eucarestia dei divorziati risposati dopo un percorso penitenziale, sulla scia della Chiesa antica e in sintonia con la Chiesa ortodossa orientale. Il cardinale tedesco ha scatenato le ire di alcuni credenti e anche di atei devoti, come Giuliano Ferrara, vigili guardiani dell’ortodossia cattolica. Il giornale di cui Ferrara è direttore ha ospitato una serie di interventi decisamente ostili alla posizione espressa dal cardinale tedesco. Tra questi, va letta con attenzione l’intervista al cardinal Caffarra, vescovo di Bologna che brandisce l’enciclica “Familiaris Consortio” come arma, impropria a mio avviso, contro il cambiamento suggerito.

NON C’È BUCO NERO DA CUI DIO NON POSSA TIRARCI  FUORI

In realtà, l’intervento di Kasper (raccolto nel volume “Il vangelo della famiglia” pubblicato da Queriniana) è molto più articolato di quanto, da una parte e dell’altra delle diverse posizioni, si voglia far credere. Al centro non vi è una messa in discussione della dottrina della Chiesa ma piuttosto una riflessione che, a partire dal Vangelo, cerca di tenere insieme il binomio, inscindibile, della fedeltà alle parole di Gesù e della misericordia, della comprensione della misericordia di Dio nella vita delle persone e quindi nell’azione pastorale della Chiesa. «La Chiesa – ha ribadito in un’intervista – può trovare una nuova strada affinché un divorziato risposato, dopo un periodo penitenziale, venga riammesso ai sacramenti. La mia non è una posizione lassista, bensì che intende riconoscere come, tramite la penitenza, chiunque può ricevere clemenza e misericordia. Ogni peccato può essere assolto. Infatti, non è immaginabile che un uomo possa cadere in un buco nero da cui Dio non possa più tirarlo fuori».

 TRA DOTTRINA E DISCIPLINA

Kasper ha chiesto, prima di tutto, di guardare il problema dei divorziati risposati anche dal punto di vista di chi soffre e chiede aiuto. Essi devono essere invitati a partecipare alla vita della Chiesa. È evidente a molti il fatto che ci sono casi in cui ogni ragionevole tentativo di salvare il matrimonio risulta vano. C’è eroismo dei coniugi abbandonati che rimangono soli e vanno avanti soli, crescendo i figli. Ma molti altri ex coniugi abbandonati, anche per il bene dei figli, si risposano civilmente e non possono rinunciare al nuovo matrimonio senza nuove colpe. La Chiesa, ha spiegato Kasper, non può proporre una soluzione diversa o contraria alle parole di Gesù. L’indissolubilità di un matrimonio sacramentale e l’impossibilità di un nuovo matrimonio mentre il precedente partner è in vita non può essere abbandonata o sciolta sulla base di un richiamo alla misericordia. Anche perché, ha fatto notare il cardinale, misericordia e fedeltà vanno insieme. Kasper ha fatto però notare che non esiste situazione umana assolutamente priva di speranza e di soluzione.

Per quanto l’uomo possa cadere in basso, non potrà mai cadere al di sotto della misericordia di Dio. La via proposta da Kasper è quella indicata dal Concilio Vaticano II: certo che c’è la dottrina ma questa, come ha ribadito a Paolo Rodari, vaticanista de La Repubblica «non è una laguna stagnante quanto un fiume che scorre, una tradizione che vive insomma, occorre anche distinguere bene fra ciò che è dottrina e ciò che invece è disciplina. Tutti i Concili ecumenici prima del Vaticano II hanno fatto questa differenza fondamentale, riconoscendo che la disciplina può cambiare quando le situazioni mutano. In merito ai divorziati risposati, ad esempio, fra il Codice del 1917 e il nuovo del 1983 ci sono sviluppi nella disciplina importanti. E, dunque, oggi si può ulteriormente fare nuovi passi in merito. Del resto è il Papa a chiedere dibattito, anche se c’è chi vuole fermarlo».

Interessante è stato anche il riferimento alla chiesa delle origini. Il cardinale teologo ha ricordato quanto succedeva con gli apostati, i cristiani che nella cattività delle persecuzioni, per debolezza, negavano il proprio battesimo. Per costoro – i “lapsi” – la Chiesa aveva sviluppato una pratica penitenziale canonica come una sorta di secondo battesimo, non con l’acqua, ma con le «lacrime della penitenza». Dopo il naufragio del peccato, il naufrago non doveva avere a disposizione una seconda nave, bensì una zattera di salvataggio. Anche per quanto riguarda la prassi matrimoniale, in alcune chiese locali esisteva una consuetudine in base alla quale i cristiani che, pur essendo ancora in vita il loro primo partner, vivevano un secondo legame, dopo un tempo di penitenza avevano a disposizione non un secondo matrimonio (una nuova nave), bensì attraverso la partecipazione alla comunione, una zattera di salvataggio. Ne parlano sia Origene che Basilio il Grande e Gregorio Nazianzeno.

MAI GIUDICARE COME SE AVESSIMO IN MANO UNA GHIGLIOTTINA

Dunque chiedere nuove soluzioni per i divorziati risposati non è contro l’insegnamento della Chiesa. Non è contro la morale né contro la dottrina, ma piuttosto a favore di un’applicazione realistica della dottrina alla situazione attuale. «La Chiesa – ha ricordato ancora il cardinale tedesco – non deve mai giudicare come se avesse in mano una ghigliottina, piuttosto deve sempre lasciare aperto il varco alla misericordia, una via d’uscita che permetta a chiunque un nuovo inizio».