Pochi giorni fa una clamorosa sentenza della Corte Costituzionale ha scardinato, sul punto più importante, la famosa, e per alcuni famigerata, legge 40 del 2004, rendendo ammissibile anche nel nostro Paese la fecondazione assistita eterologa (cioè con gameti provenienti da un donatore esterno alla coppia). E’ una sentenza che avvicina l’Italia al resto del continente e del mondo occidentale, dal quale ci eravamo separati, almeno su questo tema, giusto una decina di anni fa.
FRAGOROSO SILENZIO DEI VERTICI ECCLESIALI
Ciò che colpisce, osservando le prime reazioni alla decisione della Consulta, è il silenzio della Chiesa Cattolica. Non quello del laicato e delle associazioni, che hanno espresso, come era prevedibile, il loro legittimo dissenso e il profondo rammarico per la decisione della Corte, ma quello dei vertici: Monsignor Pegoraro della “Pontificia accademia per la vita” ha rilasciato solo una scarna dichiarazione in cui esprime “sconcerto e dispiacere” per la sentenza; l’Osservatore Romano ha dato la notizia in una pagina interna, in modo asciuttissimo e senza commenti. Poco di più, lo riferisce Luca Kocci nelle sue dettagliatissime “cronache romane”, ha fatto la Radio Vaticana e soprattutto nemmeno una parola è provenuta sinora dal pontefice e dal presidente della Conferenza Episcopale. Il papa e i vescovi italiani non sembrano quindi così preoccupati per quel che è avvenuto.
E’ una novità assoluta e credo si tratti di una prima concreta dimostrazione delle conseguenze pratiche e pubbliche del nuovo clima ecclesiale seguito alla designazione al soglio di Pietro di Papa Francesco. Quest’ultimo ha più volte dichiarato, nel corso dell’ultimo anno, che i “valori non negoziabili” non sarebbero più stati al centro dell’azione della Chiesa. E così sembra essere davvero. Almeno in questo primo, importante, test. Cosa sarebbe successo se una decisione analoga fosse stata assunta qualche anno fa, quando Ruini presiedeva la Cei e Giovanni Paolo II o Benedetto XVI governavano la Chiesa universale? Avremmo avuto certamente, in quel caso, un profluvio inarrestabile di dichiarazioni polemiche verso la decisione della Corte, seguite da una vasta campagna di mobilitazione popolare: nelle parrocchie, nei movimenti, ovunque la Chiesa mantenga la sua influenza. Poi sarebbe partito il pressing sulla classe politica per fare una nuova legge, altrettanto restrittiva di quella mutilata dalla Consulta. Avremmo visto i parlamentari di destra, di centro e di sinistra fare a gara tra loro per ottenere da Oltretevere la pagella più alta di assoluta fedeltà vaticana. Avremmo insomma assistito ad una replica di quello che avvenne quando la legge 40 venne approvata e poi confermata da un referendum (richiesto dai Radicali in un accesso di stupidità politica appunto “radicale”) nel quale la Cei scese in campo massicciamente e in prima persona, favorendo la vittoria dell’astensione e salvando così la legge.
FINE DELL’EPOCA COSTANTINIANA
Il punto che va ribadito è che la Chiesa Cattolica non ha nel frattempo, su questo e su molti altri versanti bioetici, cambiato la sua dottrina: essa continua ad opporsi con vigore alla fecondazione eterologa. Vi si oppone fermamente e vieta, sul piano delle indicazioni morali, ai cattolici di farvi ricorso, consigliando anche agli altri (ai non cattolici) di fare lo stesso; ma, questo è il passaggio decisivo, senza pretendere che la comunità politica nella sua interezza, l’Italia dei credenti e dei non credenti, dei cattolici e dei non cattolici, si adegui a questo suo orientamento, trasformandolo in legge dello Stato. In nuce, è il riconoscimento del fatto che l’epoca costantiniana, nella quale ragione di stato e ragione ecclesiale coincidevano, è davvero finita e che ne è iniziata un’altra, contrassegnata dal pluralismo delle fedi e delle convinzioni etico-religiose, e quindi dalla laicità dello Stato, che deve rappresentare al meglio le esigenze di tutti i cittadini, senza assegnare a qualsivoglia istituzione il potere di legiferare in sua vece. Oltre a questo, io credo che pesi molto la volontà del papa di cambiare in positivo l’immagine della Chiesa, di farla associare, nell’immaginario collettivo, alla misericordia, al perdono, alla comprensione dei drammi di coscienza, e di slegarla pertanto dal regno dei divieti, delle prescrizioni, delle proibizioni autoritarie del passato.
Questo secondo aspetto riguarda l’esperienza della fede, il cambiamento della sensibilità religiosa e la capacità della Chiesa di adattarvisi. Il primo, quello del pluralismo e della laicità della sfera pubblica, riguarda tutti noi, credenti e non credenti, cattolici e non. Che sia davvero l’inizio di un tempo nuovo?