Colori della fede

Sono quasi 250 disegni. E altrettante frasi brevi, dirette, essenziali, che vanno subito al punto: l’Evangeliario pubblicato da comunità Redona è il frutto del lavoro di don Giuseppe Sala, don Sergio Colombo e Giorgio Ghilardi. Contiene i Vangeli per le letture domenicali (anni A, B, e C) un vangelo per tutti, fatto per accompagnare le famiglie per tutta la settimana, per far sentire il sapore della comunità. Un assaggio lo offre la mostra in corso nella chiesa minore di Redona fino a martedì 22: una mostra “itinerante”, perché le parrocchie che lo desiderano potranno ospitarla, con la disponibilità di don Giuseppe a guidare dei cammini di formazione (info sul sito www.icoloridellafede.it, dalla fine della mostra). Questi disegni, questi testi, sono insieme il frutto di un lungo percorso e un dono: don Sergio in particolare ha scritto i suoi commenti negli ultimi mesi prima di morire, e ha accettato che venissero pubblicati proprio perché li considerava uno strumento che potesse arricchire la vita della comunità. Anche la prefazione e la mostra hanno una storia particolare, insolitamente legata al tempo pasquale, anche nel modo in cui ripercorre l’intensità degli ultimi giorni di don Sergio, la sua ultima cena. Ve la proponiamo con il racconto prezioso di uno degli autori, don Giuseppe Sala, così come è stato presentato a voce martedì a Redona in una chiesa gremita.

A lavorare per l’Evangeliario ci siamo trovati in tre: don Sergio, Giorgio e io, don Giuseppe. Molto del significato di questo lavoro sta nella sua storia. E questa è proprio quella che io ora mi accingo a raccontare.

Avvicinandomi alla settantina, mi sono detto che forse nella mia vita sarebbe stato bene cominciare a fare qualche bilancio. Non da presentare a Dio, o agli uomini. Semplicemente a me stesso. Tanti mi conoscono per i miei disegni. In realtà io ho disegnato molto poco. Ho passato anni senza disegnare. E ogni volta che ho ripreso, era su richiesta di qualcuno. Regolarmente pennelli e vasetti del colore si erano nel frattempo essiccati. Ogni qualche anno bussava alla mia porta la persona che curava gli itinerari dell’Avvento o della Quaresima per gli oratori della diocesi. Sapeva sempre trovare le parole per convincermi, ma soprattutto aveva già con sé colori , pennelli e album nuovo. Intercalate a questo lavoro a gettito molto discontinuo sono nate anche alcune vetrate e dei piccoli quadri per delle chiesette. Ricordo che il primo mio disegno stampato è del 1966. Me l’aveva chiesto don Sergio per la partecipazione alla sua Ordinazione sacerdotale. Ricordo anche che nel 1990 ho compilato per Redona l’evangeliario dell’anno A. Ogni sabato, verso la mezzanotte trascrivevo a mano il Vangelo della domenica seguente accompagnandolo con un disegno. Nel fare la mia piccola revisione ho messo a fuoco una cosa evidente: per disegnare qualcosa, devo aspettare che qualcuno me la chieda, sicurissimo di finire comunque il lavoro, magari sul filo di lana dell’ultima ora. Ed è a quel punto che mi sono reso committente di me stesso: fare circa 250 disegni che un Evangeliario completo, cioè anno A.B.C., richiede. Devo farlo prima che le mie mani non riescano più ad obbedirmi. Pronti e via, con entusiasmo quasi giovanile. E con una bella costatazione: non stavo preparando una mostra (che non ho mai fatto semplicemente perché ritengo l’arte essere altra cosa), ma ero alle prese con un qualcosa di particolare: stavo commentando il vangelo della domenica, non il vangelo che ho nello studio o che si può trovare nelle librerie. E’ il Vangelo che chiama i fedeli a far comunità, a provare la gioia di essere comunità che si lascia rimotivare dal suo Signore. A questa pagina di Vangelo gente sparsa fino a pochi minuti prima diventa famiglia, diventa comunità. Con parole, canti, gesti, proclamazioni, invocazioni, tra l’assemblea e il suo Signore avviene uno scambio profondo. Lui tenta di farsi capire e noi di lasciarci capire a noi stessi. Siamo seduti a una tavola. Si mangia la Parola che pian piano diventa vero Pane. E’ il miracolo che avviene ogni domenica: un libro diventa fiato, voce, carne di un lettore. Un predicatore, attento ad ascoltare le angosce e le speranza sue e degli amici che stanno lì con lui, cerca di girare attorno alla Parola per liberarla dalle ovvietà, dalle false angolature  da cui potrebbe essere ascoltata, dalle difese che istintivamente ognuno di noi tenderebbe ad innalzare nei suoi confronti. E poi finalmente, la lascia libera di posarsi come colomba sull’assemblea e su ciascuno  di quelli che  la compongono. La senti qui come vera manna e te la ritrovi in bocca come Pane che scende dal cielo. Grande e costante esercizio è quello di non voler tesaurizzare niente: gratis abbiamo ricevuto, gratis dobbiamo dare. La speranza, la forza, la consolazione di aver incontrato Lui risorto e vivo, deve diventare ricchezza per il mondo intero. Non è cosa che scoppi all’improvviso. Non è frutto di esaltazione. E’ un lento, continuo e spesso faticoso sforzo di tenere unita la Croce (la sua e la nostra) alla sua Parola  che è viva perché Lui è vivo. Alla fine ci vien detto: “Andate in pace”: sarà la vita  a inverare quanto è successo qui nell’assemblea. Ma a ricordo del miracolo, del lavoro indicibile che nell’assemblea insieme abbiamo fatto il Signore e noi, uno che era lì presente, e che sarei io, ha buttato giù uno schizzo e poi l’ha passato all’ amico. L’amico, che è don Sergio, l’ha guardato e, allenato com’è, vi ha scritto sotto pochissime parole. Esse hanno il merito di farti venir la voglia di leggere il vangelo che hai appena ascoltato. Se lasci il libro , che raccoglie questi due spunti, aperto in casa tua, forse ti sentirai in buona compagnia per tutta la settimana. Un dubbio: non è che noi due abbiamo mirato troppo in alto? Forse, ma ci siamo sentiti contenti di poter offrire questo piccolo strumento per chi se ne sentirà attirato. Ma ora riprendiamo il racconto.

A febbraio dello scorso anno don Sergio vede per la prima volta alcuni di questi miei disegni, che cominciano già ad essere tanti. Gli piacciono e allora io oso chiedergli un commento per ognuno. Mi dice che posso farlo io questo lavoro, perché ne sarei all’altezza. Ma una cosa si potrebbe fare e sarebbe una cosa molto in linea con tutto quello che si è fatto in questi anni: usare i miei disegni per il tradizionale incontro arte-fede del martedì della settimana santa. Evidentemente la potenza della liturgia dei giorni santi è talmente coinvolgente da non concedere spazio alle distrazioni. Ma per don Sergio, per riuscire a ridire certe emozioni, l’arte (pittura, scultura, musica, fotografia…) è molto adatta. Mi sento onorato e aderisco subito all’idea. Siamo così giunti alla fine di maggio del 2013. Sono giorni intensi di  speranze e purtroppo di una possibilità concreta dell’inevitabile che potrebbe essere anche non molto lontano. Il lavoro per lui continua però ad essere intenso: lassù nel suo studio, tra una medicazione e l’altra, prepara il pellegrinaggio a Trento, l’assemblea di settembre, riceve la visita di confratelli preti a cui osa suggerire di prendere certe responsabilità in alcune direzioni, mi chiede tre disegni per un articolo che Claudio sta preparando sui laici, stende una conferenza su “Il coraggio”, pensa al prossimo itinerario di Avvento, lavora per far partire l’iniziativa  dei “lettori della Bibbia nelle case” riuscendo a scrivere i testi per i primi otto incontri e … ormai ci siamo. Mi manda a dire che il commento ai disegni dell’Evangeliario li potrebbe fare lui. Immaginate la mia gioia. Non voglio neanche chiedergli  che tipo di commento abbia in testa. Ciecamente mi fido. Sarà comunque una cosa in sintonia. Con che cosa? Con tutto: con il Vangelo, con tutta la passione messa in questi anni a servizio del Vangelo, con il suo attuale vivere i suoi giorni in attesa. Con la sua voglia di incontrare l’Amico, quello della A maiuscola, quello ricercato in ogni messa, in ogni battesimo, in ogni funerale, in ogni gita in montagna, in ogni catechesi…
E il suo lavoro effettivamente comincia subito. Vengo a sapere come vi lavora: lui guarda intensamente forme e colori di ogni disegno e  vi reagisce con una sola frase che scrive vicino al disegno. Non c’è mai il segno di una correzione, segno di un eventuale ripensamento. Sente vero quello che ha scritto. Quello che scrive gli è venuto su come da una sorgente. Se lo rilegge è solo per sentire il sapore dell’acqua fresca. Certe frasi sembrano un appuntamento chiesto all’Amico,  una raccomandazione agli amici, un testamento da legare al Nuovo Testamento, un saluto sussurrato da chi non può contare su un lungo futuro. E a me che vedo e leggo i primi commenti, cosa succede? Mi viene addosso una gran voglia di leggere il vangelo accanto. Don Sergio ha avviato una specie di motivo ed ora è a te che vien voglia di cantare, di sviluppare il motivo, senza preoccuparti di uscire dai confini della pagina che hai davanti, ma lasciando risuonare in te gli echi di tutti e quattro gli evangelisti, di tutte  e di ciascuna delle  loro pagine e anche gli echi di quello che tu stesso stai vivendo. E veniamo ora alla mostra del martedì santo. Il racconto della mostra si intreccia intensamente e teneramente con il racconto dei suoi ultimissimi giorni che qualcuno ha raccolto in un “Diario” nel quale sono descritti i momenti più intensi e  dal quale vi riporto la testimonianza  della serata di domenica 6 ottobre.

Domenica 6 ottobre

Serata e notte 

Da qualche giorno aveva in cuore l’organizzazione della serata del martedì santo, quella serata che nella nostra Comunità, da anni, consegna alla Settimana Santa il ritmo e l’armonia della bellezza, il gusto per l’arte, l’approccio al bello, all’ingegnosità dell’uomo di  parlare  con immagini e forme. Da qualche mese  pensava al martedì santo, suscitato da un lavoro che lo aveva impegnato lungo tutta l’estate: dare parola ad alcune immagini, suscitare il pensiero all’umanità del Vangelo. Un compito che aveva svolto, con gratitudine e riconoscenza, con due amici che con lui stavano progettando di scrivere questo grande Libro. Ora che il lavoro era terminato desiderava consegnarlo anche alla sua Comunità  e la sera del martedì santo gli era sembrata quella più significativa.

E allora ecco l’organizzazione di un momento per lasciare ad alcuni amici i suoi suggerimenti, i suoi pensieri, un foglio scritto con gli appunti e lo schizzo dell’allestimento …  Pensava e preparava quella serata della domenica, intuendo che sarebbe stato uno degli ultimi dopo cena con gli amici … Aveva pensato a tutto: per l’arrivo degli amici voleva  che sul tavolo ci fossero già la tovaglia, i bicchieri e il vino a decantare nella brocca: quel vino che lui stesso era  sceso faticosamente a scegliere in cantina, un vino degno di quella serata, una bottiglia del 1947 che aveva messo, con gioia, sul tavolo per quel momento che presagiva colmo di dolcezza e che istintivamente rimandava al racconto delle Nozze di Cana del Vangelo di Giovanni:  “Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono fin’ora”.

E dopo il vino, il tempo per la riunione e poi un dolce: “granita al tamarindo con gelato alla crema”. Anche a questo dolce pensava da giorni dicendo: “bisogna provarlo; io lo mangiavo da bambino, me lo preparava mia mamma ed era una festa”.

Tutto era pronto: ha accolto gli amici con immensa dolcezza e gratitudine. Ciascuno di noi, ma soprattutto lui, sapeva che quella era una delle ultime sere. Ciascuno di noi sentiva acuto il dolore dell’ultimo saluto ma nell’aria c’era qualcosa di tremendamente meraviglioso, qualcosa di magico, qualcosa che solo chi ha la forza dell’amore è in grado di restituire: un testamento evangelico da lasciare e alcune indicazioni precise: il formato dei libri che raccoglievano il lavoro, il tipo di carta,  l’allestimento della presentazione … Alla fine dell’incontro mancavano solo il Titolo dell’opera e la prefazione … ma qualcuno ci avrebbe pensato …

Terminata la serata, dopo saluti emozionati gli amici tornano nelle loro case. Don Sergio è stanco e si ritira nella sua stanza: anche questa è una delle notti insonni, come sono le notti di chi è in attesa. È una notte in cui riemerge insistentemente il clima della serata: gli amici, il vino buono, il dolce che riporta ai sapori dell’infanzia, il ricordo del grembo materno: della dolcezza che ci ha messo al mondo e della tenerezza a cui ci affidiamo nel momento in cui la vita si appresta a finire. È  contento, è sereno, non dorme e parla di un film visto insieme qualche anno prima  “Il pranzo di Babette” perché anche in quel racconto l’atmosfera era di felicità, il pranzo era stato speciale, proprio come lo voleva chi l’aveva preparato e i commensali erano fraternamente uniti. Le parole sono dolcissime, lo sguardo e il corpo sembrano quelli di un bambino avvolto dalla sorpresa e dallo stupore. È soprattutto in fiduciosa attesa: “Siamo pronti, – dice – il Signore viene”.

E mentre il cuore e la mente danzano tra immagini ed emozioni, nasce la prefazione del libro. Le parole vengono dettate, frase per frase, alternate da momenti di silenzio nei quali raccoglie i suoi pensieri.  Alla fine il testo è pronto:

Titolo: Abbiamo incontrato l’Amico.

Ci è capitato di fare il prete insieme in una splendida umile comunità cristiana.

In mezzo alle nostre fragilità e incoerenze abbiamo incontrato Gesù e il suo Vangelo.

E non ce ne siamo più staccati.

Vorremmo che qualcosa di simile capitasse anche ad altri: 

trovare nell’esercizio di una umana amicizia il venire nella carne della Divina Dolcezza 

che viene misericordiosamente verso gli uomini.

7 ottobre 2013 ore 3 di notte e in attesa. 

Dopo un’indimenticabile serata di addio.

E poi aggiungeva:

La Chiesa ci ha dato il Vangelo,  domenica dopo domenica. 

Don Giuseppe lo ha illustrato, don Sergio lo ha commentato, 

Giorgio ne ha raccolto il libro.

 

Don Sergio, don Giuseppe e don Giorgio hanno costituito il presbiterio 

della comunità parrocchiale di Redona, in Bergamo, negli anni 1986-1993. 

Prima che il loro servizio alla Chiesa li portasse su strade diverse 

hanno sperimentato quanto dolce e soave 

sia il fatto che i fratelli stiano insieme, 

ai piedi della croce  e sotto lo sguardo di Gesù. 

 

Si, questa è la prefazione giusta, quella che alle tre di notte chiede venga inviata attraverso un messaggio telefonico e che raccoglie la profondità degli ultimi suoi giorni: un pensiero per tutti, un Vangelo per tutti.

Ora può tornare al Padre e anche noi possiamo dire:

“Ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace

secondo la tua Parola

perché i  suoi occhi

hanno visto la tua salvezza

preparata da te davanti a tutti gli uomini,

luce per illuminare le genti

e gloria del tuo popolo, Israele”.

 

Ho  finito di leggere questa splendida testimonianza che si riferisce alla sera e alla notte che hanno preceduto di tre giorni la morte di don Sergio.

Ora devo aggiungere in breve il racconto della realizzazione della mostra, così come è avvenuto. Don Sergio voleva una cosa semplice: un racconto della vita di Gesù attraverso i Vangeli. L’ha suddivisa in otto capitoli. Per il capitolo della Resurrezione, ha suggerito di pensare a un qualcosa che velasse la visione del mistero, mentre per la Nascita e l’Infanzia di Gesù ha continuato a sottolineare la bellezza dell’idea di sfruttare la base del campanile a cui si accede dalla chiesina stessa in cui viene allestita la mostra. Non sapeva dire come, ma insisteva sulla preziosità di aver individuato questa specie di luogo-grembo per commuoverci alla vista di un Dio bambino e per ricordare con stupore che ciascuno di noi viene al mondo avvolto dalla tenerezza di Dio. L’idea fatta balenare all’ultimo momento da uno di noi, che cioè la mostra potesse anche diventare itinerante, piacque molto a don Sergio. Anche in questo abbiamo voluto restargli fedeli. Pertanto la mostra è composta da otto pannelli, che sono stati realizzati con questi criteri: semplicità, chiarezza comunicativa, trasportabilità. Per Redona, evidentemente, il pannello dell’Infanzia è stato sostituito con l’ingresso al campanile e per la Resurrezione si è provveduto  a un po’ di velatura. Così voleva il grande amico e maestro. E così noi, con l’aiuto di Piero e Camilla Vanoncini,  abbiamo fatto. Tra poco vedremo la mostra, che resterà aperta fino alla sera di martedì prossimo, per andare subito dopo in una grossa parrocchia.

Anche a nome di Giorgio, ringrazio di cuore don Marco, Sandro, Mariagrazia, Arturo e le suore Madonna di Loreto (Edizioni Mimep-Docete) per la collaborazione. E grazie a tutti per questa serata che un po’ sa già di Pasqua di Nostro Signore.

Il primo dei quattro poster qui esposti e che ora contempleremo, ha la precedenza che la circostanza gli ha assegnato: è stato l’ultimo dei commenti che ci ha regalato don Sergio dettato proprio negli ultimi giorni perché ci si era accorti che per errore non gli era stato fatto pervenire. E’ come se ora, incontrandoci uno a uno, a ciascuno di noi lui si facesse incontro per suggerirci proprio questa frase.

Anche per questo, grazie, don Sergio.