Pitagora

Marcos Chicot, classe 1971, unisce nel suo romanzo d’esordio “L’assassino di Pitagora” (Salani) una scrittura accattivante, un’ambientazione molto interessante e un protagonista di grande fascino: Pitagora, appunto, filosofo e matematico. Ingredienti che hanno già fatto del suo thriller un caso editoriale prima in Spagna e ora nel resto d’Europa. Dietro il romanzo, però, c’è anche una bella storia personale: Chicot, infatti, lavorava come manager e come psicologo clinico, e scriveva per passione. “Poi – racconta – nel 2009 è nata la mia prima figlia, una splendida bambina con la sindrome di Down, e così è nata l’urgenza di fare qualcosa per poter mettere al sicuro il suo futuro. Ho pensato che potevo provare a scrivere il miglior romanzo possibile. Mi sono preso due anni per farlo, che poi sono diventati tre”. Ma la sua bambina lo ha convinto a credere in se stesso, e alla fine ce l’ha fatta. Ha superato anche la fatica di trovare un editore affidandosi alla rete: e così la sua storia, che mette insieme matematica, filosofia e una serie di misteriosi delitti, ha preso il volo.

Come mai ha dedicato un romanzo a Pitagora?
Ho da sempre una grande passione per il personaggio di Pitagora: è nata 25 anni fa sui banchi scuola. Cerco sempre di dedicare i miei romanzi a qualche argomento che mi appassioni perché so che ci vorrà molto tempo, per le ricerche e per la stesura. A questo lavoro in particolare ho dedicato tre anni interi.

Quali sono gli aspetti che più l’hanno colpita di questo personaggio e come l’ha incontrato?
Pitagora a mio avviso è tra i personaggi più interessanti di tutta la storia dell’uomo, e il grande pubblico non ne sa quasi nulla. Anche per questo quando ho pensato di scrivere il romanzo ho provato un grande desiderio di rendergli giustizia. L’ho conosciuto quando ero a scuola, poi ho studiato alla Facoltà di filosofia e più approfondivo la sua figura e più la trovavo intrigante. Trovo che sia straordinario come intellettuale e come scienziato, paragonabile a Leonardo da Vinci, grazie a lui abbiamo fatto passi da gigante in molti ambiti, in particolare in quello filosofico e matematico. Anche dal punto di vista politico è stato un grande statista, tra i più importanti del mondo antico.

Ha avuto qualche maestro, qualche modello a cui ispirarsi come scrittore?
Non ho avuto un modello particolare a cui ispirarmi ma mentre scrivevo avevo un’ossessione: volevo che il romanzo fosse interessante e allo stesso tempo di grande intrattenimento. Alla fine mi sembra, almeno guardando i giudizi del pubblico ottenuti fino ad ora, di aver centrato almeno in parte l’obiettivo: l’ho mandato a blog di letteratura che si occupavano di generi diversi e ha ottenuto 5 stelle come segno di apprezzamento sia da quelli che trattavano letteratura storica, sia di genere noir, ma anche di letteratura romantica o per i giovani.

Com’è nata la figura del detective egiziano Akenon?
Come sappiamo Pitagora è stato in Egitto durante la sua formazione: ha studiato geometria, ha imparato quanto fosse importante la musica, si dice persino che sia arrivato ad essere nominato sacerdote nella gerarchia egizia. Akenon è funzionale alla rappresentazione di quella parte della vita di Pitagora. Ha ricevuto inoltre una formazione da geometra, ed era importante per la trama che il detective avesse un buon bagaglio in materia matematica.

In che misura la trama è fedele alla realtà storica?
Molti lettori quando arrivano alla fine del romanzo si sorprendono leggendo nelle mie note finali che la maggior parte degli eventi che racconto sono accaduti esattamente così. La mia regola di base è che racconto ciò che effettivamente è successo o che avrebbe potuto accadere, seguo un criterio di verosimiglianza, ma aggiungendo poi gli elementi che mi possono aiutare a mantenere una tensione narrativa.

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