Sere bruciate

Bere, per bere, per bere. Se esistono altre prospettive nel fenomeno neknomination, scusate, noi non le abbiamo viste. “Le mie prossime nomination sono… avete 24 ore dalla pubblicazione di questo video per rifare questo e le vostre nomination. Altrimenti dovrete pagarmi una cassa di birra”. Camicia bianca, pantaloni eleganti, tre bicchieri di birra davanti (ma si possono scegliere anche vodka, rum, tequila o mix vari), sguardo convinto e deciso, un amico che filma la prestazione per permettere di condividerla su Facebook e taggare gli sfidati. La moda nata in Australia nel 2013 ha già fatto 5 vittime nei paesi anglosassoni e nelle scorse settimane è approdata in Italia, ma tra i giovani la passione per gli alcolici non è recente e i social network sono solo uno dei palcoscenici del bere fine a se stesso, dalla rete alla festa meno riuscita.

Dentro la festa. Non tutte le ciambelle riescono col buco. Così capita di trovarsi in lista a una festa  che, oltre a noi, conta 260 partecipanti. Ti aspetti di trovare una marea di giovani pronti a spingersi per arrivare primi a calpestare il sacro suolo dove sbattono forti le luci psichedeliche della discoteca. Invece vai lì e tutto ti sembra un flop, perché di giovani, anzi giovanissimi te ne trovi dieci, forse quindici. La festa è riuscita a metà. Ma anche una ciambella senza buco ha il suo sapore. Così non puoi fare a meno di notare che la prima direzione dei giovani è proprio quella del sapore. Tutti al bar a degustare i classici cocktail della casa. Anzi, di una generazione intera. “Una Tequila sunrise, per favore”. E via così, tutti con la Tequila. Perché discoteca vuol dire soprattutto drink, meglio se “free”. Perché se, oltre al biglietto di entrata, puoi mandare giù 5, 6, 10 bicchieri senza più aprire il portafoglio, in fondo non è male. Puoi divertirti, e soddisfare il desiderio di sete con il quale, e forse per il quale, sei partito. Bere è un piacere, ma se non c’è il cocktail che piacere è… Ma, passeggiando tra i locali e le strade notturne, l’impressione è che bere più che un piacere sia uno scopo. A pochi passi incrociamo alcuni gruppetti in attesa di partecipare a un Erasmus party, che aspettando di entrare bevono qualche birra in compagnia. Lungo la strada altri gruppetti di ragazzi, pressoché tutti con una birra in mano. Bere prima di entrare, bere appena entrati, bere mentre si balla, bere seduti al divanetto, bere di ritorno da una sigaretta, bere. Questo è il fine. Lo spiega candidamente una ragazza agli amici indecisi sul da farsi: “Il body guard ha detto che c’è poca gente. Ma che me frega se non c’è nessuno, a me basta che si possa bere no limit”.

Neknomination vs Raknomination. Una socialità distorta in antisocialità, dove la musica serve per impedire di parlare e concentrarsi su quello che conta, il drink. L’altro è solo qualcuno con cui vantarsi delle proprie prestazioni, con cui dividere una bevuta, da taggare e sfidare grazie alla neknomination (termine proveniente dallo slang neozelandese bogan), che spinge lo sfidato a superare la prestazione precedente in un circolo vizioso capace di portare le persone a tracannare un litro di vodka in un minuto, detersivi e bagnoschiuma con assenzio, così come a bere di filato una pinta di liquore e gettarsi subito dopo in un fiume. Lo ha fatto John Byrnem, uno dei 5 morti a causa di un “gioco” che nel mondo anglosassone ha portato alcune associazioni a chiedere un intervento a Facebook per rimuovere i contenuti colpevoli di favorire la tendenza. Cupertino, tuttavia, ha ringraziato per la segnalazione, ma declinato l’invito perché la neknomination è un comportamento che può urtare la sensibilità di alcuni, ma che non viola la policy del social network. Dove non arriva Zuckerberg, arrivano ragazzi normalissimi: dopo tutto la festa è riuscita solo a metà, molti hanno disertato il party e molti altri in rete hanno scelto di passare al contrattacco. “Amico, ecco per te un panino, del cioccolato e una coca. Nomino Darren, hai 24 ore”, così ad esempio Justin Corcoran, 22enne sudafricano, ha lanciato la sua “sfida”: si chiama Raknomination (Random act of kindness, atto casuale di gentilezza) e sta conquistando in breve tempo un seguito anche più vasto della cugina neknomination cosicché se la pagina Fb della neknomination francese conta 25mila sostenitori una pagina analoga sulla raknomination ne raggiunge 24mila (un’altra contro il primo fenomeno ne ha già 37mila). Nella raknomination si beneficia una persona a caso, ma la scelta è razionale (Rational act of kindness) in quanto risposta convinta al vivere chiusi in se stessi e perciò, più che casuale, causale. Da chi vogliamo essere nominati?

Per approfondire:
La moda pericolosa della necknomination: minori a rischio per l’alcol. L’associazione Atena dice no
Aumentano i comportamenti estremi: chi beve troppo e chi non beve. A rischio anziani e giovani