Il Papa in Terra Santa sulle tracce di Montini

Grande attesa per il pellegrinaggio di Papa Francesco in Terra Santa dal 24 al 26 maggio, cinquant’anni dopo lo storico viaggio di Paolo VI. «Bergoglio si muove nel solco di Montini, c’è un filo rosso che lega il percorso dei due Papi nei luoghi santi. Non è un caso che il Papa abbia voluto ripercorrere la strada del dialogo con il Patriarca ortodosso mezzo secolo dopo. Bergoglio coglie l’occasione di Gerusalemme per riprendere il colloquio con l’altro polmone della Chiesa», precisa il vaticanista Marco Ansaldo, inviato speciale per la politica internazionale di Repubblica. «Proprio pochi giorni fa è stata resa ufficiale la notizia che dopo le clamorose, importanti, canonizzazioni dei due Papi, Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, il 19 ottobre avverrà la beatificazione di Paolo VI. Sono tutti eventi che si realizzano sotto il Pontificato di Jorge Mario Bergoglio ed ecco quindi perché il filo rosso c’è anche per questa intenzione che Francesco ha» puntualizza Ansaldo, il quale farà parte dei giornalisti ammessi al seguito del Papa. «Siamo tutti ansiosi, desiderosi di sentire quali saranno le parole con le quali si esprimerà Bergoglio, che in questo momento sono nella mente di Papa Francesco e nei documenti che la Segreteria di Stato sta preparando per questa visita pastorale alla quale tutto il mondo guarda».

La sera del 5 gennaio del ’64 l’abbraccio tra Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Athenagoras. Il 25 maggio prossimo l’incontro in forma privata tra Francesco e Bartolomeo I. Quante cose sono cambiate in cinquant’anni a Gerusalemme, città degli storici incontri?
«È cambiato molto. Gerusalemme è una delle capitali mondiali… anche in questo caso si può parlare di un filo che lega Gerusalemme con Roma e con Costantinopoli. Gerusalemme in questi cinquant’anni è stata anche terreno di forti scontri, guerre, attacchi che continuano tuttora. Credo che sarà importante ascoltare i discorsi dei due protagonisti di questo incontro perché da lì si potrà capire dove il Papa e il Patriarca potranno e vorranno arrivare. Forse assisteremo a un nuovo abbraccio».

“Porteremo sul Santo Sepolcro e nella grotta della Natività i desideri di coloro che piangono, che hanno fame e sete di giustizia” disse Montini prima di lasciare Roma e salire a bordo dell’aereo che l’avrebbe condotto in Palestina. Quanto fu importante per la Chiesa quel viaggio ecumenico, considerato che all’interno della Santa Sede si stava svolgendo il Concilio Vaticano II?
«Il cuore della visita che si svolgerà tra pochi giorni sarà non soltanto l’incontro tra due protagonisti (Francesco e Bartolomeo I) e quelli che Bergoglio avrà con le varie autorità in Giordania, nei territori palestinesi e in Israele, ma sarà proprio la visita del Papa nella Grotta a Betlemme. Richiamarsi a Montini riguardo all’incontro occorso tra Paolo VI (primo Pontefice a camminare nei luoghi santi di Gesù) e Athenagoras pensando all’importanza che Francesco dà al Concilio Vaticano II, fa naturalmente rifulgere le parole di Montini in una prospettiva che dovremo ancora conoscere e che capiremo nel giorno di quell’incontro ma che sicuramente acquisterà uno smalto nuovo».

Amman, in Giordania il 24 maggio, il 25 Betlemme e il 26 a Gerusalemme. Tappe significative per un “pellegrinaggio di preghiera” come ha precisato lo stesso Papa Francesco. Che cosa ne pensa?
«Direi che sono tre tappe fondamentali. Credo che il Papa in questi tre giorni si rivolgerà all’intero Medio Oriente e soprattutto parlerà della tragedia siriana. Bergoglio usa questi viaggi per parlare all’intera regione. Così come farà nel viaggio che compirà in Corea del Sud a Ferragosto: lo farà per parlare alla Cina chiaramente che è considerata la sorella maggiore anche della Corea del Nord. È chiaro quindi che il Santo Padre in Asia pronuncerà un discorso regionale ampio. Già si prefigura nel 2015 un viaggio papale nelle Filippine e anche in un altro Paese».

Bergoglio incontrerà 400 profughi di ogni religione nei luoghi del Battesimo di Gesù, al Giordano. Un modo per testimoniare al mondo il dramma di chi è dovuto scappare dalla Siria?
«Sì, il Papa sulla Siria lo scorso settembre ha fatto una mossa decisiva nella politica estera vaticana e l’ha fatta in due fasi: in Piazza San Pietro si sono riuniti in 100mila per la veglia di quattro ore e per il digiuno, tutti insieme per la pace in Siria, nel Medio Oriente e nel mondo. La seconda fase è stata un atto diplomatico vero e proprio. Francesco ha spedito una lettera, indirizzata al Presidente della Federazione Russa Putin che sovrintendeva l’assemblea di tutti i leader riuniti a San Pietroburgo per il G20. Non è un caso che il blitz internazionale già pronto con Stati Uniti, Turchia e Francia favorevoli a un raid verso Damasco si sia fermato. So per certo, avendo parlato con le autorità di Damasco, che sono state le preghiere di Papa Francesco a fermare la guerra contro la Siria che sembrava imminente. Ecco com’è stata accolta l’iniziativa di preghiera concreta e diplomatica di un Papa che in quel momento era solo dal punto di vista di governo, perché non c’era nemmeno un nuovo Segretario di Stato. Basterebbe solo questo per comprendere quale sia la forza e quali le intenzioni a livello internazionale del nuovo Papa».

La Congregazione per le Cause dei Santi ha ufficializzato il miracolo di Papa Paolo VI che sarà proclamato beato nell’ottobre del 2014, a conclusione del Sinodo dei Vescovi. Desidera lasciarci un suo commento sul pontificato di Montini che raccolse la difficile eredità di un Papa amatissimo quale fu San Giovanni XXIII?
«Credo che sia giusto riconsiderare la figura di Paolo VI che è stato forse un Papa poco compreso presso l’opinione pubblica, anche se sono noti i passi che il Pontefice ha compiuto nelle varie esortazioni apostoliche ed encicliche. A parer mio Montini è stato un grande Papa che ha accolto su di sé l’incarico pastorale in un momento difficile: la sua elezione al soglio di Pietro avvenne dopo il pontificato incisivo e inatteso di Giovanni XXIII. Inatteso perché ha prodotto grandi svolte: la crisi di Cuba, l’impegno costante di Roncalli in favore della pace nel mondo, ricordiamo la precedente attività diplomatica in territori difficili quali Bulgaria e Turchia del Nunzio Apostolico Roncalli. Infine naturalmente il Concilio Vaticano II. Il fatto di vedere salire agli onori degli altari un Papa come Paolo VI è assolutamente meritorio proprio per riscoprire tutto quello che Montini ha fatto».

San Giovanni Paolo II visitò la Terra Santa nel marzo del 2000. Durante l’incontro interreligioso nell’auditorio di Notre Dame di Gerusalemme, Wojtyla individuò nel dialogo tra le diverse religioni la via per la pace nel mondo e nella Terra Santa in particolare. Che cosa è rimasto di quell’esortazione quattordici anni dopo?
«Direi che è sicuramente rimasta traccia della visita in Terra Santa di Wojtyla, perché fu una visita importante. Naturalmente tutto questo deve tradursi poi in atti concreti e purtroppo quei 14 anni ci insegnano che molto sangue è passato in quelle zone. Ritengo basilare il fatto che Papa Francesco ritorni in quei territori con l’intenzione concreta di dichiarare la pace e di portarla anche sotto un profilo pratico. Il nuovo Segretario di Stato Pietro Parolin ha recentemente dichiarato: “Il Papa potrà manifestarsi di volta in volta, all’improvviso negli scacchieri internazionali là dove sarà necessaria la sua presenza”. Questi sono atti concreti importanti e anche quella di Bergoglio in Terra Santa sarà una visita da ricordare».

Due amici del Santo Padre, il rabbino Abraham Skorka, rettore del seminario rabbinico di Buenos Aires e Omar Abboud dignitario islamico, ex segretario generale del centro islamico in Argentina, accompagneranno il Papa in Terra Santa. È anche questo un segno della rivoluzione Bergoglio?
«Sì, perché è di rivoluzione che stiamo parlando. All’inizio non si capiva se quelle di Bergoglio fossero riforme o rivoluzione, però oggi, 14 mesi dopo la sua elezione al conclave, possiamo parlare di rivoluzione vera e propria, perché Francesco sta cambiando molto nella Chiesa dal punto di vista amministrativo e forse sta anche iniziando a farlo dal punto di vista dottrinale. Sicuramente il fatto di ospitare alcune altre personalità insieme con lui nella delegazione ufficiale in questo viaggio fondamentale, è l’ultimo segno di una rivoluzione che il Papa sta attuando in Vaticano e nella Chiesa universale».