Per la serie: volevo essere first lady. Non potendo replicare Grace Kelly o Jackie Kennedy, proviamo con Michelle Obama. Il doppio clone, d’abito e d’abbraccio, esibito da Cristina Parodi nel giorno della vittoria del marito Giorgio Gori a neosindaco di Bergamo è un fenomeno di costume che non può passare inosservato. Perché non è solo “un omaggio”, come ha tenuto a precisare la signora Gori al primo accenno di polemiche.
È piuttosto la ricerca di un segno visivo facilmente identificabile e distinguibile nel gran mare dei festeggiamenti post elettorali, in un Paese svagato dove tutti hanno vinto e chi non ha vinto è perché ha persuaso diversamente.
Non era semplice inventarsi un modo per emergere sui vari media in un giorno dominato dal cappotto del Pd, le conquiste grilline, la perdita delle roccaforti rosse, la carica dei giovani e degli sconosciuti, le riconferme e le cacciate. Ma, in fondo, siamo la civiltà dell’immagine, dove la differenza la fa un tweet azzeccato. Ben ne è consapevole chi studia comunicazione e sa che la foto dell’abbraccio presidenziale in cui Michelle Obama si stringeva al marito Barack dopo la riconferma alla presidenza degli Stati Uniti ricevette qualcosa come 777mila retweet e innumerevoli rimandi in rete. La forza espressiva di quel gesto aveva colpito il cuore, e gli occhi, di tutto il mondo. Che coppia vincente, che coppia innamorata. E poi quel vestitino a quadrettini di Asos, marca da vendita per corrispondenza low cost, niente griffe famose a contendersi il privilegio di vestire la moglie del presidente. Una scelta di popolo, quella della fidanzata d’America con lo scamiciato da pic-nic, a raffigurare una nazione radicata nei suoi valori e nella rappresentazione di un grande Paese che vuole riconoscersi nelle torte di mele e nei barbecue in famiglia la domenica. Michelle e Barack come coppia iconica, perché immediata fonte d’immedesimazione. Un abito fresco, un marito riconoscente in maniche di camicia, un abbraccio che suggella un’unione, che certifica un’affermazione, sociale e famigliare. Chi non vorrebbe essere Michelle?
La Parodi nostra, maestra di stile attenta alla moda e alle tendenze, ha studiato, ha osato, ha rischiato, ha vinto. Scelta non casuale ma voluta, per sua stessa ammissione: 60 euro su ebay e passa la paura. Vintage (l’abito è del 2012) e scaramanzia a braccetto. Senza contare che questa simpatica opzione le ha consentito con pregevole nonchalance di finire subito sotto i riflettori, esattamente come e di più del neo-eletto consorte, catalizzando commenti e interviste. “Nessun paragone azzardato”, ha tenuto a specificare in un’intervista al Tg5, “loro sono mostri sacri, noi soltanto delle matricole”. Beh, signora Parodi in Gori, ci consenta, dal punto di vista dell’amministrazione cittadina può anche darsi, ma da quello della comunicazione non è che proprio proprio siate nati ieri. L’abito della vittoria non sarà un’operazione di marketing, ma nemmeno una scelta innocente. E allora viva la first “sciura”: dopo gli Obamas largo ai Goris. Ma qualcuno ci spieghi perché dobbiamo sempre copiare le sit-com americane poi…