“Certo, i brasiliani non vedono l’ora che inizino le partite, ma ce ne sono anche tanti altri che non vogliono i Mondiali, perché pensano che i ricavi della manifestazione non aiuteranno la popolazione”. Stefania Lo Verde, bergamasca, 28 anni, ha fatto una scelta controcorrente: missionaria in Brasile con il Cmd, il Centro missionario diocesano, accanto ai bambini, gli anziani e i poveri. Se la cerimonia di inaugurazione ha mostrato il lato più scintillante di questo Paese, i balli, la festa, le coreografie, l’amore per il pallone, nei telegiornali in questi giorni scorrono altre immagini: l’altra faccia dei mondiali. “Ci sono proteste e scioperi – racconta Stefania -. Situazioni terribili, sembrava di essere in un film: durante lo sciopero della polizia c’era gente che entrava nei negozi e rubava e in una città ci sono stati 60 omicidi”. Sulla tv brasiliana, come ci spiega la giovane missionaria, molti programmi d’inchiesta denunciano fatti: “L’altro giorno, su Tv Record Bahia, hanno detto che per la Coppa del Mondo la guardia municipale sta raccogliendo a forza tutti i senzatetto e i bambini di strada e non si sa dove li portano”.
Così, accanto ai preparativi per le partite, accanto alle grandi sfide che attendono le squadre più titolate, come quella di casa, dalla quale la gente si attende grandi cose (la vittoria è vissuta come un segno di speranza, con un’attesa che va al di là del calcio) ecco tornare prepotentemente all’attenzione globale le sofferenze e le emergenze che si vivono nel Paese. Stefania Lo Verde da oltre un anno vive a Serrinha, comune nello stato di Bahia. Terza di cinque fratelli, ha fatto della missione la sua scelta di vita. Prima di arrivare in Brasile la sua storia di volontariato è cominciata con altre associazioni in Africa: nel 2009 in Tanzania e nel 2011 in Malawi: “Ho iniziato a 8 anni a sognare di partire in missione – racconta – e a 23 ho preso l’aspettativa dal lavoro e sono partita”. In Africa, in quelle realtà molto povere, Stefania ha vissuto esperienze forti. “In Malawi – racconta – ho visto morire tanti bambini per fame, malnutrizione o Aids. Nell’estate 2011 con il Cmd è partita per il Brasile, destinazione Serrinha, a 200 km da Salvador, capitale di Bahia, dove il vescovo della diocesi è monsignor Ottorino Assolari di Scanzorosciate. “Mi sono fermata tre settimane e ho lavorato per aiutare i poveri. E’ stato un periodo troppo breve per capire le vere emergenze, solo vivendoci ho conosciuto un Brasile diverso. Anche se mi ero fermata poco, però è bastato per innamorarmi del Brasile e per desiderare di voler tornare e restare più a lungo”. Era il 2012 e Stefania in quel soggiorno ha capito cosa voleva fare nella sua vita: tornare in Brasile, in missione, e rimanere più tempo. Allora, si è dimessa dal lavoro e ha iniziato a collaborare al Cmd. Ad aprile è ripartita per il Paese carioca ed è rimasta tre mesi sempre a Serrinha dove lavorava al mattino come educatrice nella “Casa del minore”, scuola elementare cristiano-cattolica della diocesi di Serrinha e di pomeriggio alla Caritas: “raccogliamo frutta come mango, tamarindo, cajà, maracujá, acerola e la trasformiamo in marmellata che poi si vende e con il ricavato la Caritas compra alimenti da distribuire alla popolazione povera di Serrinha”. E’ tornata ancora una volta a Bergamo, ma nel dicembre 2012 è ripartita per la città brasiliana, dove rimane per un anno e mezzo e continua il suo lavoro a scuola e in Caritas. Tra qualche giorno rientrerà per un breve periodo nella Città del Mille, poi, a luglio convolerà a nozze con Stallonio, ragazzo di Serrinha. Vivendo in Brasile, Stefania ha conosciuto meglio la nazione e la città in cui risiede, le problematiche e le emergenze: “Lo sviluppo di Serrinha è quasi assente: non esistono cinema, stanno creando adesso un centro commerciale, hanno iniziato da poco ad asfaltare le strade, ma molte sono ancora sterrate. La pulizia della città è scarsa e gli ospedali sono pessimi”. Considerando anche altre città del Brasile, le emergenze significative riguardano la sanità pubblica, la povertà, la droga. E poi la criminalità e quindi la sicurezza: “gli assalti sono all’ordine del giorno e il più delle volte terminano con un omicidio – racconta -. Qui, un giorno, nel mio solito tragitto per andare al lavoro, ho assistito ad una sparatoria tra criminali alle 2 del pomeriggio”. Altra emergenza è l’educazione, che può derivare dall’assenza dei genitori e di una famiglia tradizionalmente intesa: i bambini sono affidati alla nonna o alla zia o abbandonati a loro stessi. E proprio i giovani sono i destinatari del Centro di Aggregazione Giovanile voluto dal vescovo Assolari e realizzato in collaborazione con il Cmd, che sarà inaugurato presto: “E’ un luogo protetto, dove possono stare insieme, giocare e crescere. I giovani, altrimenti, sarebbero sulla strada, diventerebbero vittime della droga e della criminalità, vie che portano alla morte o alla prigione”. Altra categoria sociale che merita attenzione sono gli anziani, gli emarginati: “L’assenza di una famiglia vera e propria oltre a ripercuotersi sui giovani che rischiano di prendere una brutta strada, ricade sugli anziani, anche loro abbandonati a sé stessi, soli e senza assistenza. Il vescovo adesso sta pensando di realizzare un centro per loro”. Nel percorso verso i Mondiali si sono aggiunte altre tensioni: situazioni difficili che però non fanno rimpiangere a Stefania la scelta fatta, anzi. “Non tornerei mai indietro” afferma e conclude: “Ognuno di noi può essere missionario, cioè aiutare il prossimo. La mia strada mi ha portato in Brasile, ma ciascuno può compiere piccoli gesti anche in casa propria. Gesù ci ha detto di amare il prossimo come noi stessi: questa è la nostra missione”.
Stefania tra i bambini di Bahia: l’altra faccia dei Mondiali
