Il dramma di Yara e un pudore da ritrovare

Cara suor Chiara, sul caso di Yara e sul suo presunto assassino, tutti hanno detto tutto. Su drammi così grandi mi sembra che più le parole si moltiplicano, meno dicono. Hai qualcosa di tuo da dire su questo dramma, magari di diverso, di altro e di più alto di quello che si è detto finora? Grazie. Paolo.

Caro Paolo, ho ancora negli occhi e nel cuore le immagini e le parole che nei giorni scorsi hanno ripresentato il dramma di Yara. Davanti a tanto clamore, al susseguirsi frenetico di notizie trasmesse senza rispetto per le sofferenze familiari descritte, è nato il desidero di sostare in silenzio e in preghiera.

SOSTARE IN SILENZIO

Il male disorienta, smarrisce, rende impotenti: occorre riandare alla sorgente dell’Amore, ascoltare parole di vita e speranza non per sfuggire la realtà, ma per alzare lo sguardo, per radicarsi in Colui che è il Bene, per ritrovare la bellezza dell’uomo fatto a immagine del suo Creatore, per riaffermare la nostra vocazione di figli amati.

È affidare la sofferenza dei fratelli, vittime e carnefici, e il dolore innocente, a Dio, e farci intercessori perché il male non si riproponga in tutta la sua nefandezza. La preghiera diviene il luogo in cui ridare sacralità e dignità alla vita, per riconoscerla come dono e non come possesso da usare nel soddisfacimento dei propri bisogni e impulsi che sfigurano l’umano. È lo spazio della conversione, nel quale ricominciare a chiamare per nome il male senza giustificarlo o sminuirlo, riconoscendo i nostri peccati e le nostre responsabilità personali e sociali nella fedeltà alla vita, alla fede, ai valori proclamati, ma non vissuti.

C’è un pudore da ritrovare: non tutto deve essere pensato, detto e agito; una custodia personale e familiare che deve proteggere i sentimenti, gli affetti più cari perché non sia violata l’intimità; una dignità da far crescere, persa in nome di una libertà che permette tutto e il contrario di tutto. Di fronte allo sgomento che l’assassino di Yara possa essere il vicino, l’uomo della porta accanto, insorgono sfiducia diffidenza che ledono i rapporti umani, chiudono nell’isolamento e frenano la solidarietà. La fede ci richiama a una fiducia e a un’apertura di cuore radicate nella Pasqua di Cristo che combattono ogni forma di di violenza e che offrono sempre, col perdono, la possibilità di una rinascita.

NON SIAMO PIÙ COME PRIMA

L’esempio splendido di tutto questo è la testimonianza dei genitori di Yara che, nella fede, con dignità e nel silenzio hanno vissuto e portato il dramma della sua morte, auspicando che la giustizia potesse fare il suo corso, ma aperti al perdono e alla compassione per chi ha causato tanto dolore. Quanto è accaduto non può lasciarci come prima! Può essere un’opportunità preziosa per cambiare stile di vita personali e familiari, per rivedere i modelli di riferimento, le priorità date ai valori, e confrontare le scelte quotidiane. È diffondere la vita buona del Vangelo che sola può cambiare il cuore dell’uomo e il volto del mondo.