Preti superoccupati. I consigli di suor Chiara

Il Papa, nei giorni scorsi, ha avuto problemi di salute. Pare per il molto lavoro. Noi preti ci troviamo spesso nella situazione di non poter dire di no al molto lavoro ma nello stesso tempo di non poterlo sostenere. Cara suor Chiara, tu hai qualche criterio da suggerirci per scegliere bene il da farsi e il non da farsi?
Grazie. Don Gigi

Caro don Gigi, anche noi abbiamo seguito con trepidazione le notizie riguardanti la salute del Papa e non ci siamo stupite, visto il ritmo di impegni e le responsabilità gravose che sta portando per il bene della Chiesa. Siamo a conoscenza anche delle attività frenetiche dei sacerdoti, la cui vita e il cui ministero accompagniamo e custodiamo quotidianamente nella preghiera. Siamo consapevoli che le esigenze del ministero sono molteplici, la realtà nella quale vivete e siete inseriti è complessa, le attese e le richieste delle comunità e dei singoli sono esigenti e diversificate, gli imprevisti assillanti. Emerge la fisionomia di sacerdoti appassionati del loro ministero, ma iper-attivi e super impegnati, a volte un po’ manager, e non ci stupiamo di stanchezze, crolli…

LE SOSTE. PER NON DISPERDERSI

Forse, dall’attenta conoscenza della realtà nella quale vivete, occorre imparare a dire dei sì e dei no, entrambi evangelici per recuperare una dimensione di vita meno frenetica, tesa a salvaguardare le priorità necessarie alla vostra identità di pastori, che devono sentire dell’ odore delle pecore, ma diffondere anche il profumo di Cristo. È necessario curare la dimensione spirituale, la preghiera, la riflessione e lo studio, approfondire le motivazioni, dare uno spessore spirituale di profondità che sostiene il quotidiano donarsi, accrescere la relazione personale con Cristo sacerdote, nel quale radicare sempre di più la propria esistenza.

Potrebbe essere utile trovare un luogo, lontano dalla propria parrocchia, una comunità monastica o religiosa, nella quale sostare, vivere una dimensione di familiarità e fraternità e ritrovare uno spazio sacro da custodire nella preghiera, nella ricerca della propria unità interiore. Siete sempre molto occupati a parlare di Dio e a fare qualcosa per Lui, forse occorre parlare un po’ di più con Lui, rimanere attaccati come tralci alla vite, perché il Vangelo che annunciate abbia prima ferito e evangelizzato la vostra esistenza. Il Papa, recentemente, in una sua omelia, vi esortava a non dimenticare Cristo, il primo amore, a rimanere sempre alla sua sequela, per rinnovare questo amore nell’oggi della vostra storia, per essere e divenire veramente servitori.

I LAICI

Forse la mole di lavoro che dovete sostenere come sacerdoti, può essere alleggerita anche da una maggiore responsabilizzazione dei laici, i quali sono ancora molto lontani dall’assumere a pieno titolo il loro ruolo nelle comunità cristiane. Quanti servizi nelle parrocchie potrebbero essere assunti da giovani e adulti, uomini e donne, con competenze professionali che vi sgraverebbero da tanti impegni e vi permetterebbero di assolvere lo specifico del vostro ministero! Certo, occorre formarli, dare fiducia, verificare la maturità e qualità delle loro presenze. Ma è necessario osare un po’ di più, coinvolgendo non solo i pochi, i soliti che abitano oratori o parrocchie, ma anche quelli più lontani. Occorre abbandonare la visione del prete come leader, un po’ accentratore della vita delle comunità, per aprirsi alla identità di un uomo di comunione, di relazione, che sa valorizzare le ricchezze presenti nelle comunità e armonizzare e integrare le differenze. Mi pare inoltre importante che le comunità cristiane, come era nella chiesa primitiva, devono essere educate a una maggior cura dei loro pastori, a una custodia necessaria della loro vocazione, alla consapevolezza che i propri preti non sono eroi, ma peccatori che seguono Gesù sulla strada dell’umiltà e della croce e da Lui si lasciano santificare.

Una sfida grande vi attende, ne va della qualità della vostra vita e del vostro ministero, della credibilità del Vangelo che annunciate. Gli scenari cambiano, ma gli uomini rimangono, con i grandi sogni e con le sincere speranze, con la fatica di diventare uomini e con l’avventura di diventare cristiani, per tutta la vita. A questa fame di umanità e a questa sete di Dio, il prete è chiamato a continuare a dare il pane e l’acqua tolti dalla sua umile bisaccia.