In margine ai mondiali di calcio. Le suore fanno il tifo e i tifosi pregano

Le suore fanno il tifo per il Brasile. I tifosi pregano per Neymar. Sono due notizie apparse nei siti internet, questi giorni.  Le suore sono quelle del convento dell’Imaculada Conceicao a Piratininga, in Brasile. Le notizie dicono che le religiose seguono i Mondiali di Calcio. E tifano, ovviamente, verdeoro. La stanza nella quale le religiose assistono alla partita del Brasile ha il suo bel crocifisso alla parete e una statua di san Giuseppe in un angolo. Una suora bacia una medaglietta della Madonna che porta al collo. Ma ciò che le foto mettono bene in vista è l’esultanza strabocchevole, senza particolari reticenze “religiose”: le suore saltano, agitano bandierine brasiliane, fanno facce drammaticamente preoccupate nei momenti difficili della partita.

Delle preghiere dei tifosi, invece, si è parlato in rapporto all’incidente di Neymar. Si sono viste foto e lette notizie subito dopo l’incidente che parlano di tifosi in ginocchio e preganti per strada, davanti all’ospedale, altrove.

Interessante, questa coincidenza. Le suore che ci aspetteremmo pregassero fanno il tifo e i tifosi che ci aspetteremmo assatanati sugli spalti dello stadio, fanno i devoti e pregano. Notiamo, però: l’esultanza è nel momento della vittoria della squadra del cuore e la preghiera nel momento di emergenza dell’incidente di Neymar.  Niente di nuovo: quella coincidenza e quel contrasto sono classici. Quando le cose vanno bene si tende a fare da soli. Dio, se c’è, rimane sullo sfondo: una suora bacia una medaglietta e la statua di san Giuseppe è nell’angolo e fa buona guardia, ma nessuno se ne accorge che è lì. Quando, invece, le cose traballano verso l’incerto o verso il dramma allora ci si scopre soli e tutto può diventare sacro: si prega allo stadio, per strada, davanti a un ospedale.

Troppo pretenzioso vedere tutto questo nei retroscena dei mondiali? Non direi. Tutto parla, anche di Dio e di quello che lo riguarda, anche nella grande samba dei mondiali. Qualcuno, soprattutto degli “addetti ai lavori”, si scandalizza di questo uso vagamente strumentale della preghiera. Possiamo provare a pensarci: è tutto opinabile in eventi del genere. Personalmente non so se è proprio il caso. L’uomo solo e sconfitto è più “religioso” dell’uomo vittorioso e in compagnia. Strano? No, normale. Con le possibili derive, certo, ma normale.  D’altronde il vangelo è pieno di gente che sta male e che grida per essere guarita. Non credo che siamo obbligati a essere più cattolici del cieco di Gerico che grida a Gesù che passa, o della emorroissa che sgomita per toccare il lembo del mantello di Gesù o del centurione che gli chiede di guarire il suo servo.