Il Concilio e il prete nella Chiesa. A Sotto il Monte si ragiona sui fondamenti della comunità

Tre giorni di riflessione su “Il Concilio e il prete nella chiesa”, da martedì a giovedì a Sotto il Monte. A ispirare l’incontro è il ricordo vitale di don Sergio Colombo – il parroco di Redona, scomparso lo scorso ottobre -, insieme all’idea che il Vaticano II (1962-65) non abbia costituito un episodio fra tanti, nella storia recente della Chiesa. La tradizione dei convegni pastorali organizzati da un gruppo di preti e laici della diocesi proseguirà, dunque, nella settimana a venire: nei pomeriggi e serate di martedì, mercoledì e giovedì, a Sotto il Monte Giovanni XXIII, nella Sala civica del Comune, si affronterà il tema Il Concilio e il prete nella Chiesa: segno dell’Unico e cura dei molti (per il programma e le modalità di iscrizione si vada al link a fondo pagina). Nella preparazione di questa edizione, i promotori dell’iniziativa hanno potuto contare sull’aiuto e la consulenza di uno dei più autorevoli teologi contemporanei, il gesuita francese Christoph Theobald, profondo conoscitore dei testi conciliari.

PER LE COMUNITA’ CRISTIANE

Mariagrazia Capello, collaboratrice della parrocchia di Redona, ricostruisce sinteticamente la storia di questi convegni: «Lo scopo primario – spiega Mariagrazia – è di favorire un confronto fra coloro che nelle comunità parrocchiali sono più attenti alla vita della Chiesa. In un primo periodo si erano considerati diversi momenti della liturgia; in un secondo tempo, invece, si è concentrata l’attenzione sui testi del Vaticano II, alla ricerca di “elementi di freschezza” della proposta cristiana, elementi che potrebbero aiutare la Chiesa ad affrontare le sfide del nostro tempo. In questi ultimi anni, infine, stiamo prendendo in esame alcuni “attori” della vita ecclesiale: si vorrebbe capire come, rivestendo ruoli differenti, sia egualmente possibile contribuire alla costruzione di una comunità cristiana e, soprattutto, portare la vivacità del Vangelo nei luoghi in cui gli uomini di oggi intessono le loro relazioni».

«Come nelle edizioni precedenti – dice ancora Mariagrazia Capello – , il convegno si articolerà su tre pomeriggi e tre serate. La scelta di collocare questa iniziativa in estate si spiega con il fatto che in questo periodo le comunità cristiane sono in parte “alleggerite”, rispetto al normale carico di attività. In effetti, soprattutto negli ultimi anni, i nostri convegni hanno avuto un numero significativo di partecipanti. Per molte persone sono divenuti occasioni di formazione e di condivisione, in un clima di amicizia che, questa volta, si accompagnerà al ricordo commosso di don Sergio Colombo: anche questi convegni sono nati dalla sua straordinaria “passione pastorale”».

LA PASTORALITA’ COME STILE EVANGELICO

«La necessità di tornare ai testi conciliari – spiega don Massimo Maffioletti, parroco di Longuelo – non è legata soltanto alla forza teologica di questi documenti, ma anche alla scoperta del metodo di lavoro del Concilio, ispirato al principio della “pastoralità”. Nella nostra epoca, assistiamo a una sostanziale emarginazione del cristianesimo dall’orizzonte culturale entro il quale l’uomo pensa le condizioni del proprio vivere; il principio di pastoralità, tuttavia, impone alla Chiesa di porsi in ascolto dell’umanità contemporanea, sul presupposto che essa sia pur sempre capax evangelii, in grado di intendere l’annuncio cristiano. Questa sfida va raccolta seriamente, senza cullarsi nell’idea di un “ritorno del sacro”, fenomeno che ha in sé delle ambiguità». Nella nostra diocesi l’idea di assumere il magistero del Vaticano II come “bussola” per la navigazione nel mare aperto della contemporaneità non è nuova: «Già il vescovo Giulio Oggioni – ricorda don Maffioletti – aveva concluso il suo episcopato esprimendo un desiderio che suonava più o meno così: “Dare alla Chiesa di Bergamo un volto secondo il Concilio”. Il vescovo Amadei aveva raccolto questo compito, chiedendo di procedere a un serio “aggiornamento” dell’evangelizzazione, alla luce delle grandi coordinate conciliari: a partire da una rinnovata comprensione della rivelazione di Dio come alleanza con l’uomo (espressa nella costituzione conciliare Dei Verbum), si dovrebbe passare per una visione “comunionale” della Chiesa (Lumen Gentium) e per una liturgia nuovamente capace di dire la bellezza del cristianesimo (Sacrosantum Concilium), giungendo quindi a stabilire un dialogo cordiale con il mondo (Gaudium et Spes). Il Sinodo celebrato dalla Chiesa di Bergamo tra il 2006 e il 2007 si proponeva appunto di ridisegnare le nostre parrocchie secondo uno stile conciliare. Evidentemente, è un compito immenso. I convegni che promuoviamo ogni estate non hanno pretese teologiche; nelle nostre intenzioni, si tratta di riflettere su come si possa collegare il “quotidiano ecclesiale” ai principi architettonici del Vaticano II».

 IL PRETE AL SERVIZIO DEL POPOLO DI DIO

Don Gianangelo Ravizza, attualmente parroco di Azzano San Paolo, da settembre eserciterà il suo ministero proprio nella comunità fino all’anno scorso guidata da don Sergio Colombo, a Redona. Al convegno di Sotto il Monte don Ravizza terrà una relazione intitolata Il Concilio Vaticano II: la natura pastorale del ministero del prete.

«La scelta della figura del prete, come tema di questa edizione, fa pendant con l’argomento trattato lo scorso anno, che era il ruolo del laico. Allora si era evidenziato come il laico non costituisca una categoria particolare all’interno della comunità ecclesiale, ma coincida semplicemente con il cristiano, in quanto è chiamato ad agire e a portare la sua testimonianza nel mondo. In che cosa consiste, quindi, la specificità del ministero del prete? Leggendo i testi del Vaticano II si percepisce l’“attrito” tra una concezione incentrata sul primato del “sacerdozio” e una nuova visione, che ruota attorno al tema deitria munera, i tre compiti propri dei presbiteri in quanto ministri della parola di Dio, ministri dei sacramenti ed educatori delle comunità cristiane».

Che cosa cambia, in questa seconda prospettiva? «La parola “sacerdote” rimanda a “sacro”, che a sua volta, etimologicamente, richiama la nozione di uno spazio separato da quello profano. È significativo che nei documenti conciliari si preferisca parlare di “presbiteri”, tra l’altro al plurale, a indicare che i preti di una diocesi, tutti insieme e in comunione con il loro vescovo, sono al servizio della comunità. Il teologo Theobald insiste anche sull’idea che il ministero del prete abbia un riferimento “messianico”, alla persona e ai gesti di Gesù. Nel decreto del Vaticano II Presbyterorum Ordinis troviamo un’affermazione importante: “Anche se sono tenuti a servire tutti, ai presbiteri sono affidati in modo speciale i poveri e i più deboli, ai quali lo stesso Signore volle dimostrarsi particolarmente unito e la cui evangelizzazione è presentata come segno dell’opera messianica”. A questo allude anche il sottotitolo del convegno di quest’anno, “segno dell’Unico e cura dei molti”: l’Unico di cui il prete deve testimoniare, con la sua vita e le sue parole, è ovviamente Cristo; la “cura” costituisce invece la cifra del suo ministero, come servizio reso alla comunità cristiana e a tutti gli uomini».

Il link al pieghevole con il programma del convegno di Sotto il Monte (per la partecipazione si chiede un contributo di 40 euro, comprensivo delle cene fredde e di una copia degli atti):

Concilio Vaticano II_il prete_2014