«Francesco, il Papa della tenerezza. Ma le donne nella Chiesa hanno ancora pochi ruoli di rilievo»

«La Chiesa di Papa Bergoglio indica ogni giorno la via della misericordia insistendo molto sulla teologia della tenerezza. E questo aspetto è affiorato immediatamente sin dal primo momento della sua elezione». Franca Giansoldati, vaticanista e giornalista d’inchiesta del Messaggero, è la prima giornalista di sesso femminile ad aver intervistato un pontefice. «Forse il Papa aveva voglia di parlare a una giornalista donna» ha affermato Franca reduce dal recente dialogo con Bergoglio pubblicato sul quotidiano romano che ha evidenziato le caratteristiche principali della personalità di un uomo semplice e straordinario, «di un uomo di Dio». Vincitrice del XXXIV «Premio Ischia internazionale di giornalismo 2013» nella sezione «Reportage – giornalismo d’inchiesta dell’anno», per i servizi sull’elezione al pontificato di Papa Francesco, Giansoldati è stata protagonista di un “selfie” con Papa Francesco«scattato sull’aereo papale di ritorno dal viaggio in Israele». Non sono molte le giornaliste vaticaniste, pochi sanno che fu proprio una collega donna, Giovanna Chirri dell’Ansa che per prima diede la notizia delle dimissioni di Ratzinger. A tal proposito la Giansoldati afferma «noi donne, essendo multitasking, abituate a fare più cose insieme (lavoro, casa, famiglia eccetera) siamo più allenate a cogliere nelle situazioni quotidiane, sul lavoro, durante un’intervista, le vibrazioni del cuore. Abbiamo il dono dell’empatia che spesso risulta un’arma preziosa per comprendere meglio personaggi e situazioni».

“Le donne hanno un ruolo fondamentale nel trasmettere la fede e costituiscono una forza quotidiana in una società che la porti avanti e la rinnovi. Non riduciamo l’impegno delle donne nella Chiesa, bensì promuoviamo il loro ruolo attivo nella comunità ecclesiale. Se la Chiesa perde le donne, nella sua dimensione totale e reale, la Chiesa rischia la sterilità”. Desidera commentare le parole di Papa Francesco pronunciate lo scorso luglio durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro, città nella quale si era appena conclusa la XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù?
«La Chiesa è composta per la metà proprio da donne e sarebbe giusto offrire loro un ruolo che, secondo me, non è ancora riconosciuto in modo pieno. Penso per esempio al peso che hanno le religiose in diversi campi, quello educativo, sociale, sanitario. È innegabile che la loro voce non sempre sia incisiva negli organismi vaticani. Vi sono ancora poche donne in ruoli di rilievo. Ma le parole di Francesco hanno aperto di nuovo spiragli e speranze. Non si tratta, però, di aprire l’annoso discorso sul sacerdozio femminile ma di riflettere sui modelli culturali esistenti all’interno della Chiesa. La mentalità dominante, specie in alcuni vescovi o cardinali a volte sembra venata da una certa misoginia».

In un pianeta in continua evoluzione, quanto sono diventate importanti le nuove tecnologie, tra le quali i social network per la Chiesa e per il mondo cristiano in generale?
«La Chiesa si dovrà abituare a parlare con un linguaggio più immediato e meno autoreferenziale di quanto non abbia fatto finora. Basterebbe prendere spunto dal Vangelo, che ha uno stile immediato, incisivo, sobrio, efficace. I social media fanno parte degli strumenti a disposizione della Chiesa. Il selfie che ho fatto con Papa Francesco è stato scattato sull’aereo papale di ritorno dal viaggio in Israele».

In un’intervista concessa al quotidiano spagnolo La Vanguardia, il Pontefice tra le altre cose ha detto: “Vorrei essere ricordato come un buon uomo, uno che ha fatto quel che ha potuto”. Anche questa frase è simbolica per delineare lo stile sobrio di Papa Francesco?
«Un po’ di tempo fa il Papa ha spiegato che non ha voluto cambiare lo stile semplice che aveva da cardinale a Buenos Aires, perché “cambiare alla mia età sarebbe stato ridicolo”. Ha detto proprio cosi. Il che denota onestà intellettuale, coerenza, saggezza. Il potere non lo ha modificato».

“Il carisma di Francesco è servito a dare una vera scossa” ha puntualizzato il cardinale tedesco Walter Kasper riguardo all’incontro di preghiera del Papa per la Terra Santa
. Qualcuno ora, dopo la drammatica riaccensione del conflitto, lo considera un fallimento. Quanto è importante per il processo di pace in Medio Oriente e in Palestina questo storico incontro?
«Dal punto di vista politico direi che l’incontro non è stato incisivo, non poteva esserlo. Il processo di pace purtroppo è fermo e sottoposto a veti incrociati. Tuttavia l’incontro di preghiera che c’è stato in Vaticano assume una valenza simbolica e storica enorme, è la prova che la diplomazia del cuore può essere anche per gli Stati l’arma vincente. Un esempio da seguire».

La ‘ndrangheta è “adorazione del male e disprezzo del bene comune”, un male che “va combattuto, va allontanato”, anche dalla Chiesa che “deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere”. Durante il recente viaggio in Calabria il Santo Padre, nell’omelia pronunciata a Sibari, ha scomunicato gli uomini della ‘ndrangheta, perché “non sono in comunione con Dio”. Qual è stato il significato della scomunica di Bergoglio considerato che fino a poco tempo fa veniva negato il peccato di mafia?
«Le parole di Bergoglio rafforzano e seguono quelle di Wojtyla pronunciate nel 1993 dalla Valle dei Templi di Agrigento, e quelle di Benedetto XVI pronunciate a Palermo. Ormai la posizione della chiesa riguardo alla criminalità organizzata è molto chiara».

Ha conosciuto gli ultimi tre Pontefici, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. Ci lascia una breve frase di commento riguardante la personalità di ciascuno di loro?
«Li ho amati tutti. Il primo ha ricalcato le orme dell’apostolo delle genti, il secondo è stato il profeta della parola e Francesco il papa del cuore e della tenerezza».

Di che cosa parla il suo libro “Il demonio in Vaticano”?
«Nel volume racconto attraverso particolari inediti il caso Maciel riguardante il sacerdote messicano padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo. Maciel è morto nel 2008 ma gli effetti dello scandalo, dato che si macchiò di menzogne e reati gravissimi, hanno gravato sul pontificato di Benedetto XVI e preoccupano ancora Papa Francesco. Sospeso dalle sue funzioni nel 2006, perché Maciel si era sposato con due donne e aveva avuto dei figli, fu accusato di abuso sessuale da decine di seminaristi e minorenni e incriminato dalla magistratura messicana e italiana per attività illegali. È un personaggio inquietante che aveva più di un’identità e più di una vita. Potente, carismatico, intoccabile, fino alla fine».

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