Gli immigrati hanno lasciato la Ca’ Matta. Qualche domanda ai politici

E così i pericolosissimi immigrati della Ca’ Matta se ne sono andati. Se avessimo dovuto dare ascolto alla virulenza della protesta, saremmo stati tentati di pensare che le sorti della nostra città dipendevano da quei 25 ragazzi ospitati per alcuni giorni in una casa vuota sui colli di Bergamo. Il segretario nazionale, il segretario provinciale di un partito si sono scomodati per dire la loro enorme preoccupazione. Poi, forse, si sono accorti che non era il caso, ci hanno fatto pure una partita di calcio insieme. Ma se non era il caso, non era meglio starsene a casa?

POLITICA GRIDATA

Ma tant’è, oggi, la politica, o grida o non è politica. E molti appassionati, nei partiti e dintorni, sono convinti di essere dei geni della politica solo perché hanno la voce forte. Oppure perché le sparano grosse come Alessandro di Battista che ci ha assicurato che il terrorismo è “la sola arma violenta rimasta a chi si ribella”. Andremo a spiegarlo ai cristiani dell’Iraq. In altre parole la politica vorace ha divorato il dramma di gente disperata per usarlo per i propri scopi. Una volta, usare l’infelicità degli uomini per scopi politici era bollato come “immorale”. Adesso non sappiamo se lo si può dire ancora. Noi crediamo di sì. Lo speriamo, anzi.

MA GRIDARE NON BASTA

Così la politica si è “liberata” dei 25 pericolosissimi ospiti. Se ne è liberata perché, arrivata a questo punto, la politica può dichiarare compiuta la sua missione. Ha protestato: che adesso gli altri si arrangino. La politica, in effetti, grida che non ci vogliono più immigrati, grida che “Mare nostrum” deve chiudere. E va bene: chiudiamo Mare nostrum. Ma se, una volta chiuso “Mare nostrum”, un barcone con duecento disperati – senza il soccorso delle nostre navi – riesce ad arrivare a Lampedusa, che cosa facciamo? Li facciamo tornare indietro, gli spariamo addosso? La politica che sbraita non ha più nulla da sbraitare, a questo punto e per lei la partita è finita. Ma la partita non può finire. Di fronte ai politici che hanno protestato e che hanno ammainato le loro bandiere e hanno la coscienza a posto perché hanno protestato, la Caritas si è presa, ancora una volta, le sue pesanti responsabilità. Si può giurare, anzi, che la cosa non finirà qui e ci saranno altri ospiti da accogliere. Supplenza, si diceva una volta.

UNA FRASE DEL BEATO PALAZZOLO, BERGAMASCO

Mi viene in mente una frase del beato Palazzolo. Non so se i fini politici che hanno protestato alla Ca’ Matta lo conoscono: è un santo di altri tempi. Non gridava soprattutto. «Io cerco e raccolgo il rifiuto degli altri, diceva il Palazzolo, perché dove altri provvede lo fa assai meglio di quello che faccio io, ma dove altri non può giungere cerco di fare qualcosa io come posso». Come a dire: il buon senso bergamasco e la generosità che non bada a spese.

Con una sola domanda: fino a quando potrà durare questa generosità, questa ormai inarrestabile azione di supplenza? Quando, tra un po’ di tempo, anche la Caritas dovrà dire: non ce la facciamo più, che cosa diranno allora i politici che oggi protestano? Saranno contenti che, finalmente, gli immigrati resteranno a spasso, oppure faranno anche loro qualcosa? E che cosa?