Papa Francesco: “Fermare l’aggressore ingiusto è lecito”

“Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo avere memoria, pure, di quante volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto le potenze si sono impadronite dei popoli e hanno fatto una vera guerra di conquista! Una sola nazione non può giudicare come si ferma questo, come si ferma un aggressore ingiusto”. E ancora “stiamo vivendo una terza guerra mondiale, ma a pezzi”. Lo ha detto Papa Francesco, rispondendo ai giornalisti durante il volo di ritorno dal suo terzo viaggio apostolico che lo portato in Corea, in un’intervista collettiva.
Ieri sera il Papa è atterrato a Roma poco prima delle 18. Subito dopo l’arrivo è andato a Santa Maria Maggiore per portare alla statua della Madonna un mazzo di fiori donato da una bambina coreana. Sull’aereo Francesco ha parlato con i giornalisti dei momenti più importanti di questo viaggio, delle emozioni provate in diversi incontri, ma anche dell’attualità internazionale dall’Iraq al Medio Oriente. Il dialogo è stato articolato in sedici domande che il Papa ha tenuto con i giornalisti ma è stata l’attualità internazionale a irrompere tra gli argomenti. Innanzitutto l’Iraq: l’approvazione o meno del bombardamento americano e un ipotetico viaggio del Papa nel Paese. “Sono disposto ad andare”, ha rivelato Francesco, “ma in questo momento non è la cosa migliore da fare”. Dunque, “è lecito fermare l’aggressore ingiusto”, fermare, “non dico bombardare”, e quindi “valutare i mezzi con cui farlo”. 

A proposito della guerra in Medio Oriente e della preghiera con Abu Mazen e Peres in Vaticano, per il Papa, quell’iniziativa, “nata da uomini che credono in Dio”, “assolutamente non è stata un fallimento”: senza preghiera, non c’è negoziato né dialogo, dunque è stata “un passo fondamentale di atteggiamento umano”. “Credo che la porta sia stata aperta”, ha osservato. “Adesso il fumo delle bombe, delle guerre non lasciano vedere la porta, ma la porta è rimasta aperta da quel momento. E io credo in Dio, io credo che il Signore guardi quella porta e quanti pregano e quanti chiedono che Lui ci aiuti”, ha chiarito. Le emozioni provate incontrando tanti testimoni di sofferenza in Corea sono l’occasione poi per il Pontefice per parlare degli effetti della guerra. Nell’abbraccio con le anziane donne superstiti della deportazione in Giappone nella seconda guerra mondiale, Francesco ha rivelato di aver visto il dolore dell’intero popolo coreano, diviso, umiliato, invaso eppure forte nella sua dignità. Da qui il monito al mondo: “Dobbiamo fermarci a pensare un po’ al livello di crudeltà al quale siamo arrivati” e poi le parole forti sulla tortura, usata, ha detto il Santo Padre, “nei processi giudiziari e dall’intelligence”. 

“La tortura – ha evidenziato il Papa – è un peccato contro l’umanità, è un delitto contro l’umanità e ai cattolici io dico: ‘Torturare una persona è peccato mortale, è peccato grave!’. Ma è di più: è un peccato contro l’umanità”. Sollecitato dai giornalisti il pensiero del Pontefice è tornato anche sulla disponibilità al dialogo con il popolo cinese, definito “bello, nobile e saggio”. “La Santa Sede tiene aperti i contatti”, ha affermato Francesco che ha rivelato la voglia di compiere anche subito un viaggio in Cina. C’è stata anche una domanda sul processo di beatificazione dell’arcivescovo di San Salvador, monsignor Oscar Arnulfo Romero, “sbloccato”, ha spiegato il Santo Padre, che ha espresso l’auspicio che ora, per questo “uomo di Dio”, tutto “si chiarisca e si proceda in fretta”. Poi le immancabili domande sui viaggi previsti nel 2015: è certa la tappa a Philadelphia, per l’incontro mondiale delle famiglie, cui si potrebbero aggiungere New York e Washington. Probabili poi il Messico e la Spagna. 

Non sono mancate le tante curiosità dei giornalisti sul privato: la vita “normale” condotta a Santa Marta, le vacanze all’insegna di un “ritmo diverso” di vita con più lettura, più riposo e più musica e infine il rapporto con Benedetto XVI, un rapporto “fraterno” fatto di confronto continuo di opinioni. La scelta che ne fa oggi un Papa emerito “ha aperto”, ha affermato Francesco, una “porta che è istituzionale, non eccezionale”. “Perché – ha sottolineato Papa Bergoglio – la nostra vita si allunga e ad una certa età non c’è la capacità di governare bene, perché il corpo si stanca… ma, la salute forse è buona, ma non c’è la capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa. E io credo che Papa Benedetto XVI ha fatto questo gesto dei Papi emeriti. Ripeto: forse qualche teologo mi dirà che questo non è giusto, ma io la penso così. I secoli diranno se è così o no. Vediamo. Ma lei potrà dirmi: ‘E se lei non se la sentirà, un giorno, di andare avanti?’. Ma, farei lo stesso! Farei lo stesso. Pregherò, molto ma farei lo stesso”.