Giustizia cercasi. Quella vera. Gli ultimi sviluppi del caso Yara

Uno scrive, fornendo un’informazione logica, che probabilmente Alessandro Bossetti chiederà a breve scadenza d’essere scarcerato in attesa del processo, come normale in un’inchiesta indiziaria del genere. E l’altro, il giorno dopo, rilancia caricando di due amanti Marita, la moglie del presunto assassino di Yara che s’è schierata col padre dei suoi tre figli, tutt’altro che reo confesso. Notizia d’attendibilità avventurosa anche solo per lo scivoloso tema del contendere (la fedeltà coniugale).

LA CRONACA GIUDIZIARIA FA IL TIFO

Quando la cronaca giudiziaria fa il tifo. Purtroppo da circa venti anni funziona così. L’opinione pubblica non ha la pazienza d’aspettare il processo? Il diritto di spingere la gente a giudicare spetta a quotidiani, settimanali, salotti televisivi. Che parteggiano. Di solito per l’accusa, perché è più facile e redditizio tirare la volata agli inquirenti dando in pasto al consumatore un colpevole. Ma pure per la difesa, rivolgendosi agli avvocati, anche solo per anticonformismo e spirito di contraddizione.
Risultato. In generale, s’orientano, sulla pelle di un uomo, impressioni superficiali che possono diventare macigni, tradendo una professione, il giornalismo che per sua definizione dovrebbe muovere dall’osservazione. Ecco perché, nelle inchieste penali, il dibattimento in aula resta la stella polare di un operatore della comunicazione. È la sede in cui le parti mettono le carte in tavola davanti al collegio giudicante. E l’imparziale cronista, che rappresenta tutti, entra in possesso della reale situazione. Allora sì che i giornali e le tv sarebbero autorizzati a commentare, oltre che a raccontare.

LA SMANIA DI PRECORRERE I TEMPI

Sbagliando, la riforma anni ’90 ha drasticamente ridotto i processi attraverso i vari riti alternativi. Perciò la tendenza già in atto di precorrere i tempi naturali s’è dilatata tantissimo. E ha varcato i confini delle rivalità di provincia. Il ritrovamento del cadavere di Yara mica lo venne a sapere per primo il corrispondente di Chignolo d’Isola, bensì gli uffici romani dei giornaloni per gentile concessione del comando generale dei carabinieri. Giornaloni che poi con le loro firme di punta rendono il favore quando si tratta dì sostenere ricostruzioni magari attendibili ma scarsamente provate. Nel nostro caso, tanto per illustrare a che punto siamo arrivati, l’arresto di Bossetti fu confermato – dopo che l’indiscrezione, sempre da Roma, era già uscita – dal ministro dell’Interni, con un’enfasi grottesca al punto che la reclamata innocenza del fermato neppure veniva presa in considerazione. Senza equidistanza, giustizia – quella vera – cercasi.