La crescita dei credenti nel grande paese asiatico mette alla prova il Governo cinese, intenzionato a costruire una «teologia cristiana cinese, adatta alla condizione nazionale cinese e che si integri alla sua cultura». Le parole del Papa nel solco tracciato da Matteo Ricci e dai missionari di ieri e di oggi.
Il saluto del Papa alla Cina e le reazioni. «Ritornando a Roma dopo la mia visita in Corea, desidero rinnovare a lei eccellenza e ai suoi cittadini, l’assicurazione dei miei migliori voti e invoco la divina benedizione sulla sua terra». Queste le parole che Papa Francesco ha rivolto al Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, mentre l’aereo di ritorno dalla Corea sorvolava – si è trattato della prima volta per un pontefice – il territorio del grande paese asiatico. Nel discorso ai vescovi asiatici, il Papa aveva affermato che egli spera «fermamente che quelle nazioni che non hanno ancora relazioni piene con la Santa Sede non esiteranno a promuovere un dialogo a beneficio di tutti», aggiungendo: «Non parlo qui solo del dialogo politico, ma di un dialogo fraterno. Questi cristiani non vengono come conquistatori, essi non cercano di cancellare la vostra identità». Immediate le risposte. Quella del Governo cinese – «La Cina è sempre stata sincera nel migliorare le sue relazioni con il Vaticano e ha sempre fatto sforzi positivi in questo senso», ha commentato il portavoce del Ministero degli Esteri – e quella di padre Mathw Zhen Xuebi, portavoce dell’Associazione Patriottica che si contrappone alla Chiesa sotterranea in comunione con Roma, che ha dichiarato, secondo quanto riportato da «Vatican Insider»: «Abbiamo la speranza che un giorno Cina e Vaticano possano stabilire rapporti diplomatici e che il Papa sarà in grado di visitare la Cina».
Ateismo, materialismo e fede religiosa. Condizionamenti, difficoltà e persecuzioni – si pensi ai tanti sacerdoti, vescovi e cardinali della Chiesa cattolica sotterranea tenuti in carcere, alcuni dei quali scomparsi – sono stati storicamente determinati in Cina dalla politica anti-religiosa perseguita sin dal 1949 dal Partito Comunista – ateo, materialista e totalitario – che ha posto lo Stato (e il Partito) al vertice dei valori da perseguire per i cittadini. Pur rimanendo tuttora intatta quest’impostazione – tanto che il Governo cinese, attraverso i media di Stato, ha diffuso l’intenzione di costruire una «teologia cristiano-cinese che si adatti alla condizione nazionale cinese e si integri alla sua cultura», secondo quanto ha affermato Wang Zuoan, direttore dell’Amministrazione statale per gli affari religiosi – molti sono i fatti che documentano il consolidamento dell’interesse per la fede e della pratica religiosa.
Il “cammino” possibile. Uno studio di quest’anno relativo all’uso di internet, dimostra che per i giovani cinesi la parola “Dio” è la più ricercata in assoluto, la parola “Gesù” supera il presidente Xi Jinping, il Papa è “più interessante” di Mao, le ricerche sulla Bibbia “strapazzano” quelle sul “libretto rosso”. Secondo le stime diffuse da “China Daily”, ogni giorno nel Paese vengono battezzate 500mila persone e si sta assistendo a un aumento inarrestabile di credenti protestanti: sarebbero attualmente tra i 23 e i 40 milioni e alcuni studiosi ritengono che raggiungeranno i 160 milioni nel 2025. Nella regione dello Zhejiang – il capoluogo, Wenzhou, è soprannominato la “Gerusalemme celeste” e i cristiani, quasi tutti protestanti, rappresentano il 15% della popolazione – non è mancata la reazione delle autorità, che hanno deciso la demolizione di 130 ettari di edifici religiosi. Per motivazioni “urbanistiche”, è stato detto. Anche i cattolici sono in costante crescita: raggiungerebbero i 12 milioni e secondo le fonti ufficiali sarebbero più di 4.600 le chiese cattoliche aperte, gestite dall’Associazione Patriottica, a cui si aggiungono i luoghi di culto segreti della Chiesa sotterranea. Questo è il contesto all’interno del quale si calano le parole che il Papa ha rivolto durante il suo viaggio in Corea al popolo e al Governo cinese, «mettendosi a disposizione – come ha scritto Bernardo Cervellara su Asia News – senza difese e senza armi: è il cammino di Matteo Ricci e quello di tanti missionari del passato e del presente in Cina».