L’esercito dei poveri. Il rapporto Caritas e la grave emergenza della povertà

È passato in sordina ma va ripreso e merita più attenzione. Anche dalle nostre comunità cristiane.

E’ il Rapporto 2014 della Caritas Italiana – presentato a Roma il mese scorso – sulle politiche contro la povertà nel nostro Paese (e disponibile online al sito: www.caritasitaliana.it).
I dati presentati sono allarmanti: tra il 2007 e il 2012 (gli anni duri della crisi) il numero dei poveri in Italia è raddoppiato. Da 2,4 milioni di persone a 4,8 milioni. E sono poveri “veri”, quelli che, secondo le classificazioni dei sociologi, versano in condizione di povertà assoluta. Vale a dire quelli che «non possono sostenere la spesa necessaria mensile per acquisire il paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano, è considerato essenziale a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile». Che tradotto significa: chi non gode di standard di vita minimamente accettabili. Stare sotto questa soglia equivale a non avere livelli nutrizionali adeguati, non riuscire a vivere in un’abitazione dotata di acqua calda ed energia, non potersi vestire decentemente e così via. D’altronde i Centri d’ascolto segnalano che «aumenta il numero di coloro che si rivolgono ai servizi Caritas anche per effetto della riduzione dei casi presi in carico dai servizi sociali e dagli enti socio-assistenziali». Di più: «Le Caritas si trovano di fronte alla necessità di gestire, oggi più di un tempo, richieste di tipo materiale ed esigenze di tipo economico».
Ma, a fronte di una dilatazione così rilevante dell’area della povertà, si è registrata, nello stesso periodo, una contrazione sbalorditiva nell’azione di contrasto e di prevenzione del fenomeno. Tant’è che l’Italia, insieme con la Grecia, è ancora priva, a differenza degli altri paesi europei, di uno strumento di intervento adatto a combatterlo e, se possibile, prevenirlo.

L’interesse del Rapporto Caritas è costituito dal fatto che esso prende in esame, e lo fa in modo impietoso, lo scarto tra quel che accade e quel che si è fatto finora per limitare il danno. Si tratta, dunque, al di là della compostezza del linguaggio, di una schietta denuncia di una situazione insopportabile e di una richiesta esplicita di un cambio di rotta. Nel Rapporto non si lesinano dure critiche alle politiche economiche e sociali varate nel periodo della crisi e che non hanno dato una risposta ai poveri. Il testo rileva che «una misura nazionale contro la povertà assoluta continua a mancare nel nostro Paese». Se dal 2007 fino al 2013 (governi Berlusconi e Monti) «l’unica risposta» messa in campo è stata la Carta Acquisti, la cosiddetta Social Card, «uno sforzo limitato» per il Rapporto, la politica economica del governo Letta «non ha aiutato le famiglie in povertà ma non ne ha neppure peggiorato le condizioni». Infine il bonus di 80 euro deciso dal premier Renzi: «Ha avuto qualche effetto sulla povertà ma di portata assai ridotta». Sul fronte dei servizi invece la crisi ha addirittura fatto sì che le politiche sociali siano state «vittime di un ulteriore indebolimento». In due anni, dal 2010 al 2012, la spesa dei Comuni su questo versante è calata del 6%; «tagli – evidenzia il testo – che hanno colpito un settore già sotto-finanziato».

OLTRE GLI SLOGAN LE SCELTE 

Parole dure a cui fa seguito una proposta: quella del Reddito d’Inclusione Sociale (il cosiddetto Reis) lanciata lo scorso anno da un nutrito gruppo di associazioni: dalle ACLI all’Azione cattolica italiana, da Cgil-Cisl-Uil alla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, dalla Fondazione banco alimentare fino alla stessa Caritas.
«Diventerà realtà – sottolinea il Rapporto – se il premier Renzi e il ministro Poletti faranno della lotta alla povertà una priorità politica e decideranno di affrontare questo flagello ripensando le attuali modalità d’intervento». Come a dire che, anche in questo caso, non bastano battute o proclami ad effetto ma scelte concrete e indirizzi politici ben precisi.
Il Reddito d’Inclusione Sociale dovrebbe essere destinato a tutte le famiglie in povertà assoluta, di qualsiasi nazionalità, in possesso di un valido titolo di legittimazione alla presenza sul territorio italiano e residenti da almeno 12 mesi. Ogni famiglia «riceve mensilmente – è la proposta – una somma pari alla differenza tra il proprio reddito e la soglia di povertà, così da disporre dell’insieme di risorse economiche necessarie ad uno standard di vita minimamente accettabile». Ovvio che trovare le risorse per finanziarli, attualmente, è impresa quasi impossibile. Dal canto suo, il Governo difende a spada tratta il decreto sugli 80 euro. Ma mentre si discute, il dramma della povertà assoluta si allarga.

NELLA CARNE DEGLI UOMINI IL VOLTO DEL DIO DEI CRISTIANI

Un’ultima cosa. Qualcuno può storcere il naso all’idea che di queste cose si parli nelle comunità cristiane. Anni di silenzi e di omissioni hanno fatto credere a molti che si possa parlare della vicenda cristiana fuori dalla vicenda umana. Eppure la rivelazione biblica ed evangelica è chiara e non lascia dubbi di sorta. I poveri sono coloro che ci giudicheranno nel giudizio finale (Mt 25) e sono rivelazioni e manifestazione di Dio, di quel Dio che non solo si è fatto uomo (Gv 1,14), ma si è fatto povero (cf. 2Cor 8,9). Chi crede nell’incarnazione è bene che non lo dimentichi.