Una morte senza funerali

Cara suor Chiara, nel dialogo della settimana scorsa, hai parlato dei matrimoni che non si celebrano più. Io avrei una domanda da farti su un altro rito cristiano: i funerali. E’ vero che non soffrono la crisi dei matrimoni ma ho già sentito parlare due volte di una situazione a mio parere inquietante. L’ultima è la seguente. Una anziana signora muore in una casa di riposo. I familiari chiedono di non fare nessun funerale. La fanno cremare e la collocano in una tomba di famiglia. Sinceramente mi fa raggelare. Tu che ne pensi? Lucia

Cara Lucia, il fatto che tu riporti è inquietante, espressione di una cultura che lentamente si sta diffondendo e abbraccia tutte le dimensioni della vita. L’uomo contemporaneo si sente padrone della propria esistenza, artefice della vita e della morte, di cui dispone liberamente.

LA VITA NON È PIÙ COSA SACRA

L’esistenza non è più accolta come dono gratuito di Dio Padre, riconosciuta come “cosa sacra”, benedetta e custodita dall’Amore che l’ha generata. I segni che ricordano questa “presenza divina” dal nascere al morire, e che ne sigillano l’appartenenza e il legame profondo, sono rinnegati ed esclusi. Gli eventi carichi di “Mistero”, come l’affacciarsi alla vita e il prenderne congedo, sono spogliati di quel carattere divino che ha un impronta di eternità. La disaffezione alla celebrazione dei battesimi, dei matrimoni e dei funerali, è una chiara dimostrazione. È estremamente triste la negazione del funerale fatta dai familiari di quell’ anziana signora, che forse l’avrebbe desiderato; altrettanto che una comunità cristiana non abbia potuto presentare al Padre delle misericordie una propria figlia, per accompagnarla all’ingresso della vita eterna. Ma è grande motivo di preghiera e riflessione la superficialità con la quale ci si accosta all’evento importante della morte.

LA POSSIBILE SFIDA DELLA FEDE

Del resto è evidente che, quando viene meno un orizzonte di vita credente, perdono di significato tutte quelle realtà che lo riconoscono e che sono espressione della fede di un popolo, quali i riti e le celebrazioni. Quando si rifiuta la morte come parte e compimento dell’esistenza, la si può solo allontanare e temere. La società mette in atto tutti quegli atteggiamenti che la negano e la  rimuovono, sino a non parlarne, a vietare ai bambini di visitare i defunti…  La morte, o meglio l’atto del morire, rimane un dramma per tutti, ma il credente sa che essa è un passaggio, l’inizio della vita in Dio. La morte mette a nudo l’onnipotenza dell’uomo svelandogli tutto il suo limite e lo pone di fronte alla sfida della fede e di quei valori che hanno plasmato e dato significato alla sua esistenza. Occorre sapere per chi si vive e per chi si muore, perché c’è una vita che è sorgente di morte e una morte da cui scaturisce la vita. La Pasqua di Cristo ci indica il trionfo della vita e che siamo fatti per la vita! Continuiamo a portare nella preghiera quella sorella e tutti i fratelli defunti che sono già nelle braccia misericordiose del Padre, ma ancor più quella parte di umanità che rifugge ed esorcizza la morte, perché possa far esperienza dell’incontro con il Dio vivente, il Signore Gesù che ha riconciliato il mondo con la sua croce aprendolo alla speranza della vita che non avrà mai fine.