I segni dell’amore senza amore. Fede e Regno

Immagine: il Cristo “Pantocratore” (cattedrale di Cefalù)

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò… (Vedi Vangelo di Matteo 21, 28-32. Per leggere i testi della domenica 28 settembre, ventiseiesima del Tempo Ordinario, “A”, clicca qui)

«In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio». Affermazione rivoluzionaria, soprattutto se posta nel contesto nel quale viene pronunciata. Bisogna ricordare, infatti, chi sono i pubblicani e chi sono i presumibili destinatari: i farisei. I primi sono gli odiati esattori delle tasse, collaborazionisti con gli occupanti romani e ladri, e quindi, insieme alle prostitute, sono i peccatori per eccellenza, condannati, irrecuperabili. I farisei, invece, sono i buoni, gli osservanti, quelli che vivono secondo la legge e spesso la osservano anche oltre il necessario.

PERCHÉ I BUONI RIFIUTANO?

E’ la prima di tre parabole che devono spiegare un problema: come mai coloro che avrebbero dovuto accogliere il regno in realtà l’hanno rifiutato? Come mai? Le tre parabole sono: questa, poi la parabola dei vignaioli omicidi e quella del banchetto nuziale.
I due figli sono il simbolo delle due categorie nelle quali il pensiero religioso ebraico divideva l’umanità: gli osservanti e i buoni, da una parte, i non osservati e i peccatori, dall’altra. Il padre invita i due figli ad andare nella vigna. Bisogna ricordare che la vigna è una delle immagini classiche che nella bibbia designa Israele: è il simbolo dell’appartenenza al popolo eletto. Dunque i due figli hanno un comportamento speculare. Il primo è buono, obbedisce, prima; ma poi disobbedisce. Viceversa il secondo: apparentemente è cattivo, perché non obbedisce, ma poi cambia parere (“si converte” si potrebbe tradurre: uno dei termini che Gesù usa per indicare una condizione indispensabile per entrare nel Regno). Dunque è avvenuto che gli ultimi, i disobbedienti, i peccatori hanno cambiato radicalmente vita e sono entrati nel regno. I primi destinatari della parabola, invece, i farisei, gli scribi, gli osservanti non si sono convertiti.

Ne consegue dunque che le due categorie di persone su cui incombe la condanna senza appello – donne di strada e pubblicani – precedono i buoni e gli osservanti. E’ il senso generale della predicazione dei profeti, del Battista e di Gesù stesso. «Cercate il bene e non il male, sicché possiate trovare la vita. Odiate il male, amate il bene…» (Amos); bisogna servire il Signore «in santità e giustizia» (Luca, predicazione del Battista). Anche il Battista, dunque, predicava tutto questo, che è la “via della giustizia”, ma coloro che pensavano di essere giusti non l’hanno ascoltato. L’hanno ascoltato soltanto pubblicani e prostitute: costoro sapevano di essere peccatori, si sono convertiti e sono arrivati alla fede. I “giusti”, invece, convinti di essere buoni, non si sono convertiti e non sono arrivati alla fede.

La parabola è ottimista: chiunque può salvarsi, si è sempre a tempo a cambiare parere, a trasformare un “no” in un “sì”. Bisogna avere il cuore aperto, disponibile e quindi avere quella miracolosa capacità di accorgersi che Dio chiama. Si converte, infatti, chi sa cogliere i segni che Dio manda. Non a caso Gesù rimprovera i suoi ascoltatori di non aver saputo ascoltare il Battista. Era lui il segnale. Non lo hanno visto.

 

I NOSTRI SEGNI E I SUOI

Come è facile questa “distrazione”! Siamo alla ricerca spasmodica di segni. Ma non abbiamo il cuore per vederli. Abbiamo già deciso, infatti, in cuor nostro come devono essere i segni e ci siamo messi alla ricerca di quei segni, quelli che noi abbiamo scelto e non di quelli di Dio. Il vangelo è pieno di queste asimmetrie: i farisei cercano i segni e il Signore non glieli dà. Lui, invece, dà molti segni e i farisei non li vedono.
Proviamo a immaginare un esempio. Un innamorato da che cosa capisce di essere amato, quali sono le “prove”? Molti pensano che la “prova d’amore” sia il rapporto amoroso. Ma ci sono tanti rapporti amorosi senza amore. La vera prova è la fiducia dell’altro. È la fiducia che rende bello il rapporto. Non viceversa. Nei riguardi del Signore siamo come gli innamorati che chiedono le prove d’amore ma non hanno l’amore. Che senso ha il miracolo, il santone che mi impressiona, le Madonne che piangono, se non ho la fede?

Uno spunto educativo. La parabola è anche un invito all’autenticità. Dici sì? Deve essere sì. Dici no? Deve essere no. Proviamo a fare un esame di coscienza. Quante posizioni di noi educatori sono doppie. Diciamo una cosa e ne facciamo un’altra, come i due figli del vangelo. “Tu vai pure in chiesa. Io non vengo perché non ho tempo”. Sto dicendo due cose contraddittorie. La prima: vai in chiesa, è una cosa importante, sennò non ti direi neppure di andare. La seconda: no, non andare: vedi che non ci vado neppure io, non è importante. Quel bambino sta imparando una cosa: andare in chiesa è una cosa da bambini. Quando sarà grande farà come il papà: non ci andrà più.Eterna verità del Vangelo!