Un vescovo agli arresti domiciliari. Lo ha deciso il Papa

Il fatto è assolutamente nuovo e scioccante. L’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski è stato posto agli arresti domiciliari in Vaticano con le accuse di abusi sessuali su minori e possesso di materiale pedopornografico. Così ha riferito il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi.

Monsignor Wesoloski è nato nel 1948 in Polonia. È Stato ordinato prete dal futuro Giovanni Paolo II a Cracovia nel 1972. È stato nunzio in Bolivia nel 1999 (anno in cui viene consacrato arcivescovo), poi in Kazakhstan, Tadjikistan, Kyrgyzystan e Uzbekistan, e, infine, dal 2008, nella Repubblica dominicana. È nel paese caraibico che sono avvenuti gli abusi accertati adesso. Il presule – è quanto è emerso sulla stampa dominicana – frequentava i sobborghi di Santo Domingo dove adescava ragazzini o comprava le loro prestazioni sessuali.

ALL’OMBRA DEL PAPA

Questo è ciò che si legge sui giornali di questi giorni. Un paio di annotazioni, tra le tante. Wesolowski: polacco, amico di papa Wojtyla, nunzio della Santa Sede. “Cadono i cedri del Libano”, diceva tra il sorpreso e l’ironico un mio vecchio educatore quando qualche “bravo ragazzo” faceva una marachella e doveva pagarne le conseguenze. La vicinanza al Papa di tante persone dabbene serve al Papa e serve alle persone dabbene, alla Chiesa e, alla fine, alla causa buona del Vangelo. Ma quando la vicinanza al Papa viene usata per coprire le magagne, allora tutto si inquina e tutti ci perdono. Ci perdono anzitutto le vittime delle violenze ma quelle violenze e quelle vittime gridano vendetta e tutto viene sommerso da quel grido.
Il Papa ha deciso di prendere vigorosamente le distanze. Ha messo agli arresti domiciliari l’ex nunzio. Qualcuno ha parlato di carcere. Forse in futuro. Certo fa impressione che un Papa condanni un vescovo, che lo metta agli arresti domiciliari, che si possa addirittura parlare di carcere. Mi è venuto in mente un aneddoto. Il Vaticano ha abolito la pena di morte solo una quindicina di anni fa. A chi gli chiedeva come si poteva giustificare un simile ritardo, un importante uomo di curia rispondeva che nelle carceri vaticane si muore solo di indigestione. Certo neanche quell’uomo di curia poteva immaginare, che solo una quindicina di anni dopo, in prigione potesse finire un vescovo, condannato non da qualche misterioso nemico della Chiesa, ma dal Papa. Anche se ci dovesse finire dentro, Wesolowski non morirà di indigestione, ma potrebbe morire di vergogna, di fronte ai bambini di cui ha abusato, di fronte alla Chiesa oltre che, si spera, di fronte a se stesso.

A PROPOSITO DI MISERICORDIA

Il Papa è così diventato durissimo e finisce per mettere in crisi una visione un po’ dolciastra della misericordia della quale parla così spesso. Se la misericordia è perdono a oltranza e non riesce a arginare il male rischia di rendere questo ancora più invasivo: non solo resta in piedi ma diventa molto più agguerrito perché protetto dall’impunità.
Con un’aggiunta ulteriore per Wesolowski. Anche se fosse personalmente pentito di quello che ha fatto, deve rendere conto dei suoi misfatti davanti alla Chiesa. Diciamo che deve subire le conseguenze di quello che ha fatto. Per i suoi abusi, così scandalosamente noti, abusi verso i bambini e abusi, in qualche modo, verso la Chiesa tutta.