I nuovi preti ad Azzano: “La nostra sfida? Accompagnare la comunità nel cammino”

Il parroco: don Alberto Caravina
«La cosa più importante che ci deve capitare è prometterci, non di venirci incontro, ma di aiutarci a convertirci al Vangelo». Con queste parole, don Alberto Caravina, sabato scorso aveva parlato davanti ad una gremita chiesa parrocchiale, concludendo la messa solenne di ingresso nella sua nuova comunità di Azzano San Paolo.

Insieme a lui, ha fatto il suo ingresso anche don Andrea Perico, prete novello, ordinato a maggio, che sarà direttore dell’oratorio.
Don Caravina, 48 anni di Mapello, è sacerdote dal 1991. Dopo essere stato a Gandino, è stato 9 anni in Seminario come vicerettore, in seguito è stato vicario locale e parroco di San Gervasio per 11 anni. E proprio il sindaco e i fedeli di questa comunità hanno accompagnato sabato sera don Alberto ad Azzano San Paolo, paese agghindato a festa con ghirlande colorate sulle finestre delle case e per le vie, pronto ad accogliere i due nuovi preti con don Franco Castelli, vicario parrocchiale, don Mauro Arizzi, parroco di Stezzano e per l’occasione delegato vescovile, che ha celebrato la messa solenne d’ingresso, il sindaco, rappresentanti comunali, moltissimi fedeli azzanesi ed anche la banda.

«Affronto questo nuovo cammino con la disponibilità alla chiesa di Bergamo e alla comunità di Azzano; disponibilità che si traduce nel desiderio di stare in ascolto, conoscere la comunità, nelle sue persone, voci, esperienze, situazioni, stili, avendo come obiettivo di provare ad essere attenti a ciò che il Vangelo chiede ad una comunità cristiana di Bergamo, oggi».

Parlando del ruolo del prete: «Guardando alla mia esperienza potrei definirla con “accompagnando e accompagnato nel cammino”. Poni attenzione alla comunità e provi a metterti a servizio delle storie degli uomini che incontri. Mettersi in servizio vuol dire con ruoli diversi: padre, fratello, amico. La mia vita è sempre stata molto accompagnata e oserei dire anche molto salvata da questo camminare insieme e condividere pezzi di storia».

L’attenzione alla comunità «non solo quella parrocchiale, ma tutta l’umanità del territorio – continua – L’attenzione alle storie degli uomini, non è solo esclusiva del prete, ma di tutti, di tutta la comunità».

Parlando di sfide: «Le sfide dei preti sono quelle degli uomini – afferma – Una sfida che in questi anni ho visto è che sta diventando sempre più difficile e faticoso custodire un po’ di umanità, cioè provare a voler bene all’uomo per quello che è e non per quello che dovrebbe essere. Su questo compito mi pare che siamo tutti un po’ in affanno e questa non è solo una sfida del prete, ma da cristiani, incontrando e celebrando il corpo di Gesù e guardando Gesù come maestro di umanità. Lasciarsi accompagnare dal Risorto in questo tentativo di provare ad essere uomini: questa è una grande sfida. Bisogna richiedersi sobrietà e essenzialità in ciò che significa essere cristiani e custodire la speranza che si possa essere uomini anche oggi, senza trasformarsi in piccoli robot e maschere: questa è la sfida delle nostre comunità».

Don Andrea Perico, direttore dell’oratorio: è il primo incarico

“Oggi il prete nella comunità deve stare davanti per indicare la via, ma anche nel mezzo, vicino ai fratelli e a volte stare dietro per aiutare e mettersi in ascolto di chi si è fermato o ha frenato il passo”. Facendo riferimento ad un passo dell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”di Papa Francesco, don Andrea Perico risponde alla mia domanda sul ruolo odierno di un prete. “Inoltre, c’è la fiducia nella comunità, che alla fine la sua strada la sa trovare: il prete dà indicazioni e concetti che assimilati dalla comunità le permettono di sostenersi anche con le proprie gambe”.

Don Andrea ha quasi 25 anni ed è un prete novello. E’ stato ordinato sacerdote a fine maggio e da una settimana si trova nella sua nuova comunità: Azzano San Paolo.
Il paese alle porta della città ha accolto con una grande festa sia lui sia il nuovo parroco don Alberto Caravina. La banda ha accompagnato il corteo che dalla chiesina vecchia si è mosso verso quella enorme parrocchiale. Le ghirlande appese sulle finestre e sui balconi delle case coloravano le strade e le vie attraverso le quali camminavano i due nuovi sacerdoti della comunità. Insieme a loro c’erano anche don Franco Castelli, il vicario parrocchiale di Azzano San Paolo, don Mauro Arizzi, parroco di Stezzano, che ha celebrato la messa solenne d’ingresso, il sindaco e rappresentanti del comune di Azzano San Paolo, il primo cittadino di Capriate San Gervasio e i fedeli, anche quelli delle comunità di appartenenza.

“Essendo la prima esperienza, inizio questo nuovo cammino con entusiasmo – racconta don Andrea -. L’intenzione è di mettermi in ascolto e di capire quello che c’è e quello è stato fatto, anche perché mi sembra la forma più rispettosa. Poi, si costruirà pian piano, giorno per giorno”.

E’ anche una scoperta: “Non esiste un manuale del buon prete che può andar bene in qualsiasi circostanza e che ogni tanto ha bisogno di aggiornamento – continua – il Seminario ci ha dato coordinate che non cambiano e ci ha insegnato che sei sempre discepolo e devi continuare ad imparare anche perché la storia è così, mai ferma. Bisogna calarsi nella realtà ed ascoltarla, vedere i segni dello Spirito e concretizzare il Vangelo”.

Ci sono anche delle sfide? “Quello delle sfide è un terreno molto fertile ed anche incolto: incolto nel senso che si può fare tanto – dice – i giovani sono molto disponibili, con molte energie e da spendere bene: la dimostrazione è il pellegrinaggio Assisi-Roma  di questa estate, che ha coinvolto moltissimi ragazzi. C’è qualcosa di buono in questo senso. C’è da lavorare e da continuare quanto fatto, però mi sembra un lavoro in divenire. Bisogna andare incontro, interessarsi, farsi prossimo a quelle che sono le situazioni dei giovani. La comunità, attraverso i preti ed anche altre persone, può far percepire anche ai giovani che c’è, che si prende cura di loro. L’oratorio, ad esempio, non è del prete, ma è un segno della cura di tutta la comunità verso le nuove generazioni”.