Don Sergio Colombo. Il magistero continua

Un anno fa, il 10 ottobre del 2013, moriva don Sergio Colombo, parroco di Redona, figura di straordinario rilievo nella vita della diocesi di Bergamo. Di lui si parla in un convegno che la parrocchia di Redona ha organizzato per venerdì 10 (a partire dalle ore 20.30) e sabato 11 ottobre (a partire dalle 9.30). Le relazioni presentano alcuni aspetti della pastorale della parrocchia di Redona, la comunità, la parola di Dio, la liturgia, il rapporto con la società.

Il magistero di don Sergio continua con lo studio della sua eredità spirituale. Tra le molte sfaccettature della sua personalità e della sua pastorale nella parrocchia di Redona, vorremmo ricordare, a un anno di distanza, soprattutto il suo carattere “cittadino” e la posizione profetica e solitaria del suo protagonista.

UNA PASTORALE “CITTADINA”

La pastorale di Redona, in effetti, si potrebbe definire sinteticamente come una pastorale cittadina, che si adatta alla città e che riceve conferma dalla città. Per “cittadina” intendo dire che non conosce grandi tradizioni popolari e grandi devozioni, laica, un po’ informe, campo sempre da dissodare e coltivare. Inoltre la tradizione della comunità di Redona nei tempi precedenti a don Sergio era già andata su linee molto conciliari, talvolta polemicamente conciliari. Diciamo che la pastorale della parrocchia di Redona non doveva pagare un pedaggio pesante a quel cristianesimo popolare che nella diocesi di Bergamo aveva e continua ad avere radici profonde. La pastorale elaborata nei trent’anni di don Sergio ha potuto essere, anche per questo, rigorosamente conciliare, esemplarmente conciliare. Il campo libero da particolari lasciti pastorali del passato vicino e lontano ha permesso di valorizzare un tratto tipico di don Sergio e della pastorale della parrocchia: una forte fiducia nelle idee. La pastorale va pensata e si fa perché si pensa. Le idee precedono il fare, la linea pastorale precede la pastorale.

EROICA SOLITUDINE

Questo ha collocato sempre don Sergio, rispetto alla Chiesa di Bergamo, in uno stato di eroica solitudine. Nella pastorale delle nostre parrocchie le idee sono spesso un lusso. Quello che si potrebbe chiamare l’illuminismo pastorale di don Sergio si è spesso scontrato con il pragmatismo della generosa pastorale corrente. Di conseguenza, il carattere esemplare di quella pastorale l’ha resa difficilmente imitabile. Perché quasi dappertutto i debiti del cristianesimo popolare c’erano, ci sono e pesavano e pesano e poi, anche e soprattutto, perché la personalità e le capacità personali di don Sergio erano e restano uniche. Per cui Redona e il suo parroco hanno potuto volare alto, molto alto. La conseguenza è che molti hanno preso qualcosa da quella esperienza, nessuno, credo, ha preso tutto: la linea “redonese” si è realizzata compiutamente solo a Redona. Forse qualcuno potrà anche, in futuro, parlare di un paradosso. Don Sergio che ha sempre lottato contro il clericalismo autoritario di tanta Chiesa di Bergamo si è trovato lui stesso, prigioniero della sua eccezione, a vivere una forma particolare di clericalismo, non tanto dentro la parrocchia, ma nei rapporti fra la parrocchia e la diocesi, clericalismo non autoritario ma autorevole, a capo di una parrocchia, quella straordinaria di Redona, allargata a quella strana, intrigante parrocchia personale, fatta di amici, di gente di cultura, di estimatori vari, spesso non credenti, che si riunivano attorno a lui.