Marzabotto, l’Assemblea Costituente e il Concilio. Giuseppe Dossetti e una memoria da custodire

La strage di Marzabotto, l’Assemblea Costituente, il Concilio. Tre punti di non ritorno della storia dell’Italia e della Chiesa, legati da un filo rosso che li attraversa e culmina in una figura che ha incrociato tutte e tre queste storie. Per il primo e l’ultimo ci sono due anniversari ravvicinati, il 29 settembre e l’11 ottobre, che hanno un legame. La figura che li accomuna è quella di Giuseppe Dossetti.
Il 29 settembre 1944 cominciava la rappresaglia più cruenta compiuta dalle truppe naziste nell’Italia occupata, l’eccidio di Monte Sole, sull’appennino emiliano, di cui è appena ricorso il 70° anniversario. Molti libri di storia per semplicità la chiamano “Strage di Marzabotto”.
Non serve ora ricordare bilanci, luoghi e nomi che riguardano quello che avvenne, basti dire che quell’altopiano fu per molti anni, e per certi versi lo è ancora, lo specchio di una nazione che guardava al futuro facendo i conti con il passato. Chi sopravvisse a quel massacro dovette ritornare ad abitare fianco a fianco con chi l’aveva provocato, o con chi si era reso complice degli assassini, come guida, interprete, o semplice appoggio. E fare i conti con la parola inascoltabile che qualcuno cominciava a pronunciare, il perdono. Una strada che divideva e divide ancora oggi parenti e vicini di casa, tra chi ha scelto di percorrerla e chi no, ma soprattutto divide il cuore dell’uomo, sospeso tra il risentimento e la voglia di tornare a vivere in pace.
Anche la nuova Italia dovette rimettersi in piedi e fare i conti con divisioni figlie di una storia incancellabile. L’assemblea costituente fu il luogo dove quelli che erano, e che sarebbero stati ancora per molto, acerrimi nemici, scelsero di lavorare insieme. Farlo era accettare che tutti potessero avere spazio, e che anche dall’altro può venire qualcosa di buono. Tra i 75 che composero la commissione per la Costituzione c’era anche il giurista Dossetti, che dopo aver lasciato la DC, che aveva escluso le minoranze dal governo, avrebbe preso altre strade che lo avrebbero portato a diventare sacerdote per la Diocesi di Bologna e del suo Vescovo, il Card. Lercaro, che da lì a poco sarebbe stato uno dei moderatori del Concilio Vaticano II. Inutile dire che quando quest’ultimo dovette scegliere un esperto da avere al suo fianco la scelta cadde proprio su Dossetti.
Quello che aveva fatto per la sua Nazione, ora doveva farlo Oltretevere per tutta la Chiesa. L’11 ottobre aveva inizio il Concilio. Ancora una volta la parola magica era il lavoro di rete. Dietro la scelta di questo metodo, la stessa convinzione che aveva accompagnato i lavori di anni prima: quella che ciascuno potesse avere una buona idea da condividere, che chi sa lavorare insieme, per quanto ignorante, può fare qualcosa di intelligente, e che chi sa dare spazio e mettersi in discussione è il primo ad arricchirsi. Sembrano solo alti ideali, ma durante il Concilio si rivelarono più reali che mai.
Monte Sole arriva alla fine di tutta questa storia. Perché la tomba di Dossetti è proprio lì, nel cimitero di Casaglia, a due passi da dove il card. Biffi gi aveva chiesto di trasferire la comunità monastica che aveva fondato e tutt’oggi vive secondo la sua regola. Nel farlo gli aveva consegnato una pisside, quella perforata dai colpi indirizzati al parroco di Casaglia, morto mentre cercava di consumare l’Eucarestia rimasta nella chiesa da dove tutte le persone venivano portate via per l’eccidio. Lì dove il compito della fratellanza si è mostrato più difficile, lì dove il lavoro del perdono ha chiesto maggiore sforzo, c’è stato bisogno di custodire la memoria e di confrontarsi con il male. Non tanto quello che arriva da fuori, ma quello che –come dice il Vangelo- viene dal cuore dell’uomo, e che mostra l’altro come un nemico. Celebrare questi anniversari è l’occasione per custodire questa memoria, ora e quando la diversità delle storie e dei punti di vista sembra insormontabile.