La metà dei matrimoni in chiesa è nulla

Una delle convinzioni che nell’ormai lungo mio ministero pastorale ho maturato a riguardo del matrimonio è che un gran numero (a modo di battuta dico: la metà) dei matrimoni religiosi non ha valore sacramentale. So bene che la validità dei sacramenti non dipende dalla santità del celebrante e del ricevente, ma dalla Passione, Morte e Risurrezione del Signore Gesù, “ex opere operato” come dicono i teologi. Ma è anche vero che la fede del ricevente ha pure la sua parte. Se io do la Comunione a un pagano che non sa che cosa sto facendo, in lui non succede niente di più di quello che gli succede inghiottendo un qualsiasi boccone di pane.

LA TENTAZIONE DI NEGARE IL SACRAMENTO

A riguardo del matrimonio credo sia la stessa cosa. In alcuni casi particolari sono stato tentato di negare l’amministrazione del sacramento. Però poi mi son sempre trattenuto, primo perché mi domandavo chi ero io per giudicare il grado della fede degli altri, ma poi, secondo, perché pensavo che il ministro del matrimonio non è il sacerdote, ma sono gli sposi. Perciò non ho mai negato la celebrazione del matrimonio religioso. Ma mi sono sempre impegnato nei corsi di preparazione ad aiutare i fidanzati a tirar fuori tutta la fede che avevano e a rinnovarla con la maggior convinzione possibile. Mi impegnavo poi soprattutto nello spiegare che il matrimonio cristiano non è una semplice benedizione, per quanto solenne, ma è un sacramento dell’amore di Dio, con tutto quello che di concreto, di “reale” passa da Cristo alla coppia.

All’inizio del corso dicevo ai fidanzati che avrei cercato di far loro vedere la bellezza entusiasmante del matrimonio sacramento, ma li preavvertivo che avrei fatto loro vedere anche quanto era impegnativa la vocazione degli sposi cristiani. A spiegazione ultimata, malauguratamente sempre troppo breve, dicevo loro: «Ora meditiamo insieme questo passo del Vangelo di Luca (14, 25-30). Sentite come fa al caso vostro: «Siccome molta gente andava con Gesù, egli si voltò e disse: Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro».
Io oggi, cari fidanzati, potrei attualizzarvi questo brano così: Siccome molta gente vuole sposarsi in chiesa, Gesù si volta e domanda: Avete capito bene che cosa vuol dire venire con me? Guardate che chi non è pronto a portare la croce, cioè a fare la fatica che occorre è meglio che stia a casa. Pensateci bene. Fate bene i conti».

IL MATRIMONIO, SACRAMENTO DELLA FEDE. MA SE LA FEDE NON C’È?

Personalmente son sempre stato convinto che i nostri corsi prematrimoniali raggiungerebbero il loro scopo anche se, dopo una spiegazione chiara di quello che è il matrimonio sacramento, i ragazzi dovessero dire «Grazie di avercelo spiegato bene; quello che ci ha detto è bello, ma, tutto considerato, non fa per noi e quindi andremo a sposarci in comune». Sarebbe comunque un bel segno di consapevolezza.
Mi auguro che al Sinodo si parli anche di questo problema del rapporto tra il matrimonio cristiano e la fede. Mi sono sentito in un certo modo confortato nelle mie convinzioni leggendo tempo fa, e rileggendo in vista del Sinodo, nel mensile delle Paoline, Jesus (dicembre 2013), la risposta del liturgista Silvano Sirboni alla domanda (una delle tante di una lunga intervista) se nella Chiesa latina il diritto canonico “comanda” sulla teologia e la liturgia.
Don Sirboni risponde testualmente: «Non è affatto fuori luogo chiedersi quanti matrimoni in chiesa siano veramente anche sacramenti. La domanda “scandalosa” fu posta dal cardinale Ratzinger nel 1998 quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e pubblicata su uno studio a nome della stessa Congregazione. Egli (Ratzinger) si chiede se battezzati che non hanno mai veramente creduto in Dio o che non credono più, possano contrarre un matrimonio sacramentale. All’essenza del sacramento, afferma sempre Ratzinger, appartiene la fede. Resta sempre da chiarire la questione giuridica circa quale evidenza di “non fede” abbia come conseguenza che un matrimonio non si realizzi. Si tratta di una questione fondamentale e delicata che esige studi approfonditi, ma che non è lecito ignorare, visto che i sacramenti sono “sacramenti della fede” e che le ricadute pastorali sono tutt’altro che insignificanti».
Il moralista don Giannino Piana, presente alla stessa intervista, si dichiara d’accordo con don Sirboni e aggiunge: « Sono convinto che esistano, e non siano pochi, i casi di effettiva nullità per mancanza di condizioni fondamentali di partenza». Don Piana continua diventando sempre più interessante: «Mi ha colpito da questo punto di vista un intervento di Benedetto XVI alla Sacra Rota sul finire del suo pontificato, nel quale – ricollegandosi idealmente alla riflessione del 1998 – Papa Ratzinger invitava gli officiali del Tribunale romano a prendere in considerazione come fattore sul quale riflettere per decidere circa la nullità del matrimonio, la questione della fede. Questo perché, in una società secolarizzata e caratterizzata da un grande pluralismo di sistemi valoriali come l’attuale, i valori del matrimonio e, in particolare, l’indissolubilità, non sempre sono facilmente percepibili laddove non esiste una seria formazione religiosa. Credo che se si facesse un’indagine se-ria al riguardo, non pochi matrimoni celebrati in chiesa risulterebbero “nulli”».

PREPARARSI

È una magra consolazione per me lo scoprire che di essere in sintonia con queste personalità, addirittura con Papa Ratzinger, nella mia convinzione riguardante l’alto numero di matrimoni religiosi nulli a causa della mancanza di fede. Sono curioso di vedere se al Sinodo si toccherà anche questo tema. Di una cosa ho sentito che si è già parlato: della necessità di una preparazione seria al matrimonio religioso. È necessario che la preparazione dei giovani al matrimonio in chiesa sia più forte, più impegnata e più impegnativa, a costo anche di “perdere clienti”. È necessario che parta più da lontano (già nell’adolescenza), che sia prevalentemente, se non esclusivamente, fatta di catechesi seria e di preghiera. E poi è necessario che sia sostenuta da tanta bella testimonianza da parte di coppie veramente cristiane. Le famiglie che si formano oggi hanno bisogno non di teo-rie, ma di Vangelo, cioè della buona notizia di Gesù che col suo amore ha vinto la morte e il male, e della buona notizia di famiglie che, credendo e confidando nella grazia del Signore, riescono ad amarsi, anche a caro prezzo, di un amore vincente come il suo.