In Bolivia, alla Ciudad del Niño: un’oasi di speranza in mezzo a povertà, ingiustizie e traffico di droga

Don Fausto Resmini, don Giuseppe Bracchi, don Dario Acquaroli curato di Borgo S. Caterina e Paolo Bartoli educatore della comunità di Sorisole, sono stati la scorsa estate alla Ciudad del Niño a Cochabamba in Bolivia, per esprimere la vicinanza del Patronato al direttore don Gianluca e ai piccoli ospiti della casa, ma anche per rendersi conto dei problemi e delle necessità dell’istituzione. Ecco la cronaca della decina di giorni trascorsi in terra boliviana ad opera di don Fausto, che condividiamo con la rivista del Patronato e con il bollettino parrocchiale di Albino.

Lunedì 27 luglio: è sera quando partiamo dalla Malpensa per un viaggio che nasce dal desiderio di visitare l’opera del Patronato in terra boliviana e di rimanere vicini anche per poco tempo a don Gianluca, a due anni dal suo arrivo in Bolivia. Ed è proprio don Gianluca che ci accoglie al nostro arrivo all’aeroporto di Cochabamba il giorno dopo, con alcuni ragazzi della Ciudad e che detta tempi e modi della visita alla straordinaria opera che don Berta con la benedizione di Dio e di don Bepo ha realizzato in terra andina. Il primo giorno è tutto dedicato alla conoscenza della realtà scolastica della Ciudad: un migliaio di ragazzi della primaria (materna/elementari) e secondaria (medie/superiori con scuola tecnica e professionale) ci accolgono con gioia… per il prolungamento dell’intervallo dalle ore di lezione, oltre che per l’accoglienza calorosa tradizionalmente destinata agli ospiti stranieri e soprattutto a quelli del Patronato di Bergamo. Il 24/7 visitiamo il carcere di Cochabamba dove, fra i tanti detenuti, alcuni sono stati ospiti della Ciudad.

MAMME E BAMBINI IN CARCERE

Il cuore si stringe entrando in contatto con queste persone, ma a colpirci sono le donne che vivono rinchiuse coi loro bambini, a volte anche molto piccoli. Più che un carcere c’è parso un alveare caotico e disordinato dove si tenta di arrivare a sera in tutti i modi – leciti e illeciti – possibili, guadagnando il necessario per il pasto che si consuma. Nessuna opzione di recupero, di relazione, di misure alternative, di fine pena certo: senza denaro e un avvocato non qui c’è garanzia di giustizia. In più l’esperienza di cappellano nelle carceri mi ha insegnato che neppure il Patronato può riuscire là dove non siano previste misure alternative alla detenzione soprattutto dei più giovani. Ci siamo riportati a casa i loro volti, le richieste di aiuto, gli sguardi, il timbro posto sulle nostre braccia come lasciapassare per l’uscita… Al pomeriggio ci rechiamo ad Anzaldo dove ci accolgono con calore il dottor Gamba (fondatore e anima dell’ospedale locale) e la moglie: abbiamo modo di constatare come l’ospitalità sia il segno distintivo della struttura non solo nei confronti dei malati, ma anche di quanti come noi fanno visita, cercando di conoscere e capire. In serata assistiamo al folklore della festa in occasione di Santiago Apostolo, molto venerato in tutta Bolivia.

LA FATTORIA DELLA CIUDAD

Il giorno 25 luglio che commemora il 102° anniversario di ordinazione di don Bepo, facciamo visita alla finca (=fattoria) e alla scuola di Agraria della Ciudad: lungo la strada verso Capinota che affianca il fiume, scorgiamo una delle chiesette di don Capelli: ne ha fatto costruire quattro, ma questa ha un fascino particolare perché tutto attorno la vita sembra svolgersi secondo ritmi antichi, con bimbi che giocano, uomini che ristrutturano muri mezzo diroccati, donne che fanno il bucato in ampie conche metalliche destinate ai più svariati usi… Passare dal villaggio alla finca è stato per noi come varcare la soglia di un altro mondo, più vicino al nostro: 350 capi di bestiame divisi in mucche da latte, da carne, vitelli da ingrasso, mucche gravide ecc. Al capo di quest’azienda una donna forte e determinata che non abbandona mai l’hacienda, ma ne ha cura e la dirige con l’aiuto di pochi, laboriosi dipendenti. L’accoglienza che ci riservano è commovente: la gente si scappella, abbraccia con calore, saluta il padrecito… sembra di essere tornati ai tempi della nostra infanzia, quando il prete era fatto oggetto di venerazione. Confinante con questa spettacolare oasi di ordine ed efficienza, c’è la nostra scuola: due ragazzi ci accompagnano a vedere gli ambienti, ci illustrano il tirocinio scolastico e il ritmo quotidiano della vita di adolescenti che le famiglie hanno “parcheggiato” lì dentro e ai quali la Ciudad tenta di dare assistenza, formazione, speranza di futuro migliore. Il sabato e la domenica sono destinati alla Ciudad: la Messa domenicale non ha paragoni con quelle delle nostre parrocchie bergamasche: pochi adulti e tanti bambini e ragazzi il cui canto forse non è del tutto intonato, ma ha le sue radici nel cuore e coinvolge anche noi che rispondiamo col nostro spagnolo biascicato. A mezzogiorno tutti insieme condividiamo il pranzo all’aperto e i giochi che coinvolgono tutta la comunità.

NEL CUORE DELLA FORESTA PLUVIALE BOLIVIANA

La visita alla casa al tropico cochabambino del Chapare dura due giorni e ci proietta nel mondo della foresta pluviale, nell’Amazzonia boliviana dove la natura è padrona: la casa che ospita una ventina di ragazzi è immersa nel verde. Ci rendiamo conto di quanto sia stato fatto e di quanto resti da fare in questa zona dove la coca imperversa e dove un’efficace azione educativa sui ragazzi è non solo necessaria, ma urgente. Quanto a noi cominciamo a soffrire i disturbi legati al clima, all’ambiente e all’alimentazione… poca cosa, ma qualche rinuncia si impone. Sulla via del ritorno non possiamo non visitare il santuario di Melga fatto costruire da don Berto Nicoli: vi celebriamo la S. Messa e visitiamo la tomba di don Berto e con soddisfazione constatiamo come le iniziative i questo autentico pioniere della Missione bergamasca in Bolivia siano efficacemente tenute in vita da un gruppetto di brave suore polacche. Il tempo è volato, i giorni sono stati pochi ma intensi e ricchi di emozioni: è arrivato il tempo di far ritorno a casa, ma portiamo con noi le emozioni e i sentimenti di queste terra e della sua gente.