La scuola di facciata e quella vera. Il sindaco Gori e la visita al Secco Suardo

La Società degli Apoti, il partito vagheggiato da Prezzolini e formato da quelli che “non la bevono”, conta da questa settimana un nuovo iscritto: una studentessa del Secco Suardo.

A margine di una visita nell’istituto di Giorgio Gori, la liceale posta sul sito Facebook dell’Eco una lettera per il nostro sindaco: «Caro Giorgo Gori, spero che la mia scuola ti sia piaciuta: i ragazzi hanno suonato per te e il preside ha riempito la scuola di fiori e piante trasformando i corridoi in serre olandesi». Ma la ragazza tiene a far notare a Gori un piccolo dettaglio: «Volevo però dirti che quella che hai visto oggi non è la mia vera scuola. Speravo potessi entrare nella nostra quotidianità, invece…». La studentessa avrebbe preferito che il sindaco vedesse anche i lati meno idilliaci della scuola, per esempio «i bagni dove mancano sapone e carta igienica». Il preside Pezzoni ha risposto sull’ultimo punto, ma la questione – è evidente – non può risolversi in bagno.

L’Italia vanta, anche a scuola, una lunga e illustre tradizione di compiacenza ai potenti, dai balilla rigorosamente in fila per l’arrivo del Duce, fino ai recenti studenti delle elementari impegnati in esibizioni corali imbarazzanti per un Renzi in effetti piuttosto imbarazzato. Niente di nuovo sotto il sole: è però avvilente che ciò che si faceva in tempo di dittatura per obbligo e paura, si faccia in tempo di democrazia per scelta e piaggeria. Quanto sarebbe bello – anche se magari demagogico – che un sindaco visitasse le realtà della propria città senza annunci e preavvertimenti, capitando in un momento qualunque come un uomo qualunque, per capire davvero come vivono i concittadini comuni; ma sarebbe ancor più bello, in alternativa, che un preside trasformasse la propria scuola in un giardino italiano per chi la vive ogni giorno, professori, studenti, bidelli.

È poi curioso che Giorgio Gori sia stato superato nel campo in cui è maestro: l’immagine. Il nostro sindaco – non è una novità – è uno di quei politici nostrani che punta molto sul modo di porsi e di presentarsi, sul proprio profilo pubblico: non a caso le scelte memorabili dei suoi primi cento giorni sono – è parere personale – astute mosse mediatiche (dalla secchiata gelata per i malati di sclerosi alla sostituzione del manifesto pro-Marò con un più generico invito alla pace, senza dimenticare la banana anti-razzismo). Puntare sulla forma è molto intelligente: finché non incontri una persona di sostanza. Come la studentessa del Secco Suardo. Le si dice: facile scrivere a un giornale, più difficile agire. Ma agire non spetta a lei: a lei, come a qualsisasi studente, spetta tenere vivo il senso critico, non rassegnarsi all’appiattimento del pensiero unico, rivelare la verità, anche se non come la vorremmo, senza edulcorazioni e filtri di comodo.

Non vorrei procedere alla beatificazione di una persona che non conosco, ma mi sembra consolante l’idea che nel mondo dell’immagine e dell’apparenza, della forma e della convenienza, almeno a scuola sopravvivano ancora tanti, professori e studenti, che guardano alla sostanza.