«Vi lascio la pace, vi do la mia pace»: un gesto che costa fatica

“La pace sia con te” diciamo ogni domenica durante la Messa, con tanto di stretta di mano. Ma siamo sicuri che questo gesto sia davvero sentito e importante per costruire il senso di comunità? Spesso, al contrario, si trasforma in un movimento meccanico e quasi obbligato, da fare il più velocemente possibile. Qualcuno si limita a cercare il proprio vicino, altri, invece, si girano un po’ da tutte le parti, cercando di scambiarsi il gesto con quante più persone possibili. È difficile, però, che ci si senta legati a chi è accanto a noi, ogni settimana, solo per il tempo della liturgia, anche se qualche volta – magari incontrandosi per le vie del paese – può capitare di riconoscersi e salutarsi dopo che, per più volte, ci si è trovati a farlo.

In generale, però, man mano che si cresce, si presta meno attenzione a questo momento. I bambini delle elementari lo conoscono con il catechismo e, anche grazie al fatto di essere tutti vicini nella stessa parte della chiesa, ne capiscono il significato. Ragazzi e adulti, invece, lo fanno molto meno e per questo ogni tanto serve qualche variazione sul tema.

Durante il tempo di avvento e quaresima, per esempio, la parrocchia di Ponte San Pietro sceglie di togliere questo momento dalla liturgia: in questo modo si riesce ad avvertire la mancanza di una parte importante, che viene riscoperta con gioia quando è ripristinata (nella notte di Natale e durante la veglia pasquale).

Una soluzione interessante, poi, è quella che mi racconta Giorgio, animatore dei ragazzi delle medie a Locate: «Molti, tra loro, non si guardano nemmeno in faccia mentre si scambiano il segno di pace. A me, invece, piace proprio cercarli con gli occhi: è un modo per dire “sì, dico proprio a te e non ad un altro” e stabilire un contatto con ognuno».