Tutte le skill richieste dagli annunci: per lavorare bisogna essere supereroi

La fantasia oggigiorno non è morta, ha solo cambiato format. Ai tempi del precariato, dei co.co.pro. e del Jobs Act, l’originalità si misura in un’inedita location: le bacheche on-line delle offerte di lavoro. In barba ai corsi di scrittura creativa e alle specializzazioni in marketing e pubblicità, i veri geni della sintesi creativa sono loro: gli ideatori degli annunci lavorativi. Coloro che in poche righe riescono a suscitare nel giovane precario un’infinita gamma di sensazioni: curiosità («ehi, questo lavoro potrebbe fare al caso mio!»), speranza («Dai, ci provo! Magari è la volta buona»), dubbio («Mah, a cosa servirà la conoscenza dell’aramaico per un posto di receptionist?»), insicurezza («Io non lo so l’aramaico, non mi prenderanno mai»), dubbio («Ma davvero… perché vogliono che sappia l’aramaico??»), rabbia («Come faccio ad essere neolaureato con almeno cinque anni di esperienza lavorativa?») e infine sconforto impotente («Vabbeh, è sempre la stessa cosa»).
Nella classifica degli annunci di lavoro bizzarri e da presa-per-i-fondelli, la medaglia di bronzo va a quelli che utilizzano termini inglesi solo per darsi un tono e per far credere all’ingenuo (o disperato) precario che quella è un’occasione d’oro. E allora, ecco che compaiono ricerche di web content editor, copyrighter junior, art director o management officer, con capacità di lavorare in team e molto highly skilled, con una forte predisposizione al business e interessati al brand development. Il tutto, magari, per un posto come centralinista interna.
La seconda posizione se la aggiudicano quelli per cui un qualunque e normalissimo lavoro sembra richiedere as-so-lu-ta-ment-te una sfilza infinita di competenze, altrimenti «astenersi perditempo». Competenze – va da sé – spesso in aperta contraddizione tra loro: «Cercasi brillante neolaureato/a, laureatosi da non meno di due mesi con il massimo dei voti, età max. 24 anni, con almeno cinque anni di esperienza comprovata e continuativa e almeno tre anni di studio o lavoro all’estero. Si richiedono ottima conoscenza dell’inglese, del francese e del tedesco. Un’ulteriore conoscenza della lingua spagnola costituirà titolo preferenziale in fase di selezione». Probabilmente molte aziende cercano un marziano o un drone, non una persona in carne ed ossa.
Il primo posto invece è occupato dall’evergreen del «lavoro in cambio di visibilità e pubblicità». Ebbene sì: nel 2014 c’è ancora qualcuno che lo propone. Che cerca giovani ultra-qualificati per lavori spesso anche molto belli… Ma gratis. Le varianti sono infinite e spaziano dal tirocinio di qualche mese «e poi si vedrà», allo stage con buoni pasto, per arrivare infine alla gratuità imposta e totale. La sostanza non cambia: «Cercasi giovane motivato, con buona esperienza in questo e quello. Sede di lavoro Tal dei Tali, impiego full time. Siamo una piccola realtà in crescita e come tale al momento non offriamo retribuzione». Chissà se anche i dirigenti lavorano in cambio di gratificazione personale.
Esagerazioni? Forse. Eppure basta scorrere un qualunque sito di recruitment per sentirsi coinvolti in una specie di barzelletta, della quale si ride per non piangere. In realtà la sensazione che si prova – scartando uno dopo l’altro annunci che sembrano scritti solo per prendere in giro – è una profonda amarezza: e viene da chiedersi quanto la colpa sia davvero della crisi, o piuttosto di persone spregiudicate che continuano ad approfittarsi di chi cerca dignità nel lavoro onesto, normale e corretto.