Dacia Maraini: «Chiara d’Assisi disobbedì alle regole per seguire il Vangelo»

«Se Chiara di Assisi, aprendo il suo convento, a diciotto anni, decide di vivere di elemosina, e la Chiesa, nella sua struttura gerarchica, le ingiunge di accettare le donazioni e le proprietà che il papato dava ai conventi di clausura per controllarli, e se Chiara rifiuta questa ingiunzione, come la vogliamo chiamare la sua presa di posizione se non disobbedienza? Ma si tratta di una disobbedienza alta, nobile, che esprime il desiderio di comportarsi secondo le parole del Vangelo. Non si tratta di egoismo: faccio quello che mi pare perché mi fa comodo, che è la disobbedienza grossolana, bensì faccio quello che mi detta la mia coscienza. La disobbedienza di Antigone insomma che non sta alla legge del suo re, perché pensa che la pietà e l’amore sia più importante di una legge repressiva della città». Dacia Maraini chiarisce il significato del sottotitolo del volume “Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza” (Rizzoli 2013) che l’autrice ha dedicato alla vita di Chiara Scifi (Assisi ca. 1193 – 11 agosto 1253), collaboratrice di San Francesco d’Assisi e fondatrice dell’Ordine delle Clarisse. La scrittrice italiana più conosciuta al mondo i cui libri sono tradotti in venti Paesi, sarà una degli ospiti più illustri della rassegna culturale Molte fedi sotto lo stesso cielo – Per una convivialità delle differenze ciclo d’incontri organizzato dalle Acli provinciali di Bergamo. Durante l’incontro alla chiesa di Paderno di Seriate, la Maraini traccerà il ritratto di Chiara, che è prima donna e poi santa. Una Chiara quindi padrona di sé, autonoma nella elaborazione di un pensiero proprio «rivendicatrice di una libertà se non sociale, cosa impossibile per quei tempi, per lo meno psichica e mentale».

Chiara ha messo in pratica quello che molte donne del suo tempo avrebbero voluto ma non hanno potuto fare: “conciliare un’adesione formale alle regole misogine disposte dall’alto con una prassi di libertà”. In che senso?
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Chiara avrebbe voluto predicare il Vangelo, come facevano i francescani, ma non le viene permesso dalle autorità papali: una donna non aveva il diritto di parlare in pubblico in nome del Vangelo. Non era una interdizione misogina? Chiara ubbidisce formalmente, infatti non è mai uscita dal suo convento, ma diventa mano mano talmente popolare per il suo comportamento ascetico, che la gente viene al convento, le porta i malati da guarire, chiede consigli».

“La libertà non è solo arbitrio, rifiuto delle regole. È anche curiosità, scoperta, vagabondaggio. La meravigliosa, terribile libertà di Chiara di essere nudi al mondo”. Sta tutta in questa frase la personalità di una donna straordinaria?
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Certo che non sta tutta qui. Chiara porta avanti una cultura dell’amore verso il prossimo, della solidarietà e del perdono che apparteneva al Vangelo. Rivendicava queste pratiche da cui – ma ricordiamo che non era solo lei a pensarlo, bensì  una gran parte dei cittadini europei, cominciando dai Catari, dai Valdesi e anche da una gran parte del popolo cristiano – la Chiesa si era allontanata e anche di molto. Però, al contrario dei Catari che avrebbero voluto riformare la Chiesa dall’esterno, Chiara voleva riformarla dall’interno».

Chiara e Francesco è la storia di due giovani che, volgendo lo sguardo al mondo che li circondava, decisero di cambiarlo, trovando tracce di speranza in un’epoca di forti cambiamenti dedicandosi agli ultimi. È qui che si rintraccia la modernità e l’attualità di questi santi venerati da milioni di fedeli?
«Come ho detto prima, dietro Francesco c’era l’avanguardia della cultura innovativa europea, quella che sfocerà nella Riforma. Ricordiamo che la madre di Francesco, Pica de Bourlemont, era francese e certamente si era nutrita delle letture più avanzate del tempo. Così la madre di Chiara, Ortolana Fiumi che veniva da una famiglia colta, aveva viaggiato da sola, era una donna intelligente e sensibile. Non a caso, poco dopo l’apertura del convento di san Damiano, ha raggiunto la figlia ed è rimasta con lei fino alla morte. Francesco e Chiara si sono incontrati su una comunità di idee e di scelte religiose. Fra loro c’è stata affinità e stima. È sbagliato pensarli come due innamorati alla Peynet, come vorrebbe l’iconografia popolare. L’amore è una invenzione del romanticismo. Ai tempi di Chiara non si pensava che l’amore dovesse avere un posto nella vita delle persone, salvo l’amore per Dio. Né il fidanzamento, né il matrimonio erano mai pensati come scelte d’amore. Il sentimento certo c’era, ma veniva represso».

“Dobbiamo fare un salto di qualità. Dobbiamo fare il dialogo tra persone religiose di diverse appartenenze, è bello questo: uomini e donne che si ritrovano con altri uomini e altre donne e si scambiano esperienze: non si parla di teologia, ma di esperienza”, sono le parole che Papa Francesco ha rivolto ai giornalisti sul volo di ritorno dal recente viaggio apostolico in Turchia. Desidera commentare le parole del Santo Padre considerato che Molte fedi sotto lo stesso cielo richiama uno dei temi fondamentali di questo papato, cioè il dialogo interreligioso?
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Proprio dal Vangelo ci viene l’idea rivoluzionaria di una religione che non odia le altre, che non parte per fare la guerra, ma usa la pratica del dialogo e della convinzione. Convertire sì, ma con l’esempio e la parola, non andando  a sbudellare i nemici, come faceva l’esercito papale con le crociate. Credo che  Papa Francesco si riferisca alle parole di Gesù il nudo, il pacifico, l’amoroso, il povero: parole che sono alla base della religione cristiana. Le stesse a cui si riferiva Chiara. Le parole che la Chiesa ha troppo spesso dimenticato».

Nell’ambito del ciclo d’incontri organizzato dalle Acli provinciali di Bergamo Molte fedi sotto lo stesso cielo, il 5 dicembre pomeriggio sarà tra i detenuti nel carcere di Bergamo di via Gleno e la mattinata seguente, sabato 6 ottobre, incontrerà gli studenti del Liceo linguistico Falcone. Quali sono le domande più frequenti che Le rivolgono?
«Le domande riguardano spesso la questione della disobbedienza. Soprattutto nelle scuole dove l’obbedienza viene considerata una virtù. Ma ripeto, io specifico che ci sono due tipi di disobbedienza: quella volgare e condannabile di chi vuole difendere i propri comodi, e una nobile e generosa – e di solito anche rischiosa, si perde, non si guadagna masi con quella disobbedienza – di chi antepone a regole repressive e intolleranti, una scelta di solidarietà, di pietà, di spiritualità».

Per informazioni sull’incontro di domani a Seriate e per verificare se ci sono ancora posti disponibili: www.moltefedisottolostessocielo.it