«La vita del Poverello d’Assisi rappresenta l’avventura umana e spirituale più affascinante e attuale di sempre. Infatti, ho sempre considerato Francesco “inattuale” a motivo della sua sempre grande inattualità. La “Fraternitas” da lui desiderata è un progetto immenso, un sogno a dire il vero. E la sua vita ha avuto devoti, tanti, ma la sua vicenda umana, reale, con il suo progetto, la sua visione sul destino della creatura, uomo (utopia?) è rimasta per secoli relegata soltanto ai suoi elogi della natura con le sue creature. Quando mi fu proposto da Guglielmi alla Rai di fare un documentario o altro per ricordare il Santo il 4 ottobre, a motivo della mia educazione totalmente laica risposi che non mi interessava l’argomento. Siccome però sono curiosa, cercai un libro su Francesco e per fortuna mi capitò in mano “Vita di San Francesco d’Assisi” (1893), il bellissimo (e serio) libro dello storico Paul Sabatier (all’indice allora) e vi trovai un romanzo di formazione bellissimo. Allora proposi ad Angelo Guglielmi di farne un film, anche se c’erano pochissimi soldi per poterlo realizzare». La regista e sceneggiatrice Liliana Cavani presenta Francesco, miniserie dedicata al Santo Patrono d’Italia e degli animali, che andrà in onda l’8 e il 9 dicembre su Rai 1, protagonista Mateusz Kościukiewicz. «Il messaggio francescano, fondato su una nuova e rivoluzionaria interpretazione del Vangelo, si concentra in particolare su concetti cardine: pace, condivisione, fratellanza e solidarietà che oggi più che mai sono la base di una indispensabile riflessione per tutti», chiarisce la Cavani qui al suo terzo lungometraggio dedicato al personaggio il quale con la esistenza ha rivoluzionato profondamente il mondo della Chiesa medievale.
“Questo Francesco sarà più spirituale” ha recentemente dichiarato. Per i lettori ricordiamo che i suoi precedenti lavori su Francesco d’Assisi sono del 1966 con Lou Castel, prima pellicola prodotta dalla Rai e del 1989 con Mickey Rourke. Ci può chiarire in quale modo questa rappresentazione sarà più spirituale?
«In realtà non lo so davvero se sia ora più spirituale. Quando ho fatto il primo Francesco, ho avvertito in primis la mia adesione verso il suo slancio di prendere il Vangelo alla lettera e quindi il desiderio di condividere lo status delle persone più deboli e svantaggiate in quanto fratelli e sorelle più veri della parentela di sangue. Mi piaceva scoprire un uomo più moderno e più avanti di tanti moralisti contemporanei. Mi piaceva, teneva in mano il “libretto rosso” più genuino, mi piaceva perché non era un agitatore, voleva cambiare se stesso. I seguaci quando li ebbe, lo diventarono perché lo ammiravano e volevano vivere come lui. Non era facile, i poveri e i lebbrosi non sono attraenti ma Francesco (e qui c’è il “mistero”) li vede come fratelli amati dal Fratello Maggiore più degli altri. E allora che fratello sei se scappi…».
È vero che la critica disse che il suo primo film su Francesco aveva anticipato il ’68?
«È molto probabile che lo abbia detto. Pensato di sicuro. Lo spirito del ’68 era nell’aria già da qualche anno prima. Insieme al mio amico Ludovico Alessandrini scrissi un soggetto dal titolo “Black Jesus”. Erano gli anni della lotta dei neri per i diritti civili in USA. Scrissi anche una sceneggiatura, “Il caso Lizzo” per la Rai, su un’italoamericana aggredita brutalmente, perché collaborava con Martin Luther King alla famosa marcia della pace Selma-Alabama. La Rai non mi permise di girare il film e ne affidò la regia ad altri (avevo deluso qualcuno con il primo Francesco). Racconto questi fatti per chiarire un poco la mia linea di interessi di allora. Il film “I cannibali” realizzato nel 1968-69, è su quella linea».
Per ritrovare l’Umbria medievale in quali luoghi ha girato?
«Ho girato sia in Umbria zone Bevagna e Spoleto ma sopratutto nell’Alto Lazio, Tuscania, Tarquinia, nel Viterbese, la zona del Cimino, Tolfa, lago di Vico. Luoghi dove ci sono vallate e boschi quasi intatti e dove ho trovato alcune chiese medievali non conosciute, meravigliose. C’è ancora per fortuna una parte del nostro Paese che è incredibilmente bella».
Importanti le figure di Chiara ed Elia da Cortona nella miniserie. Ci lascia qualche anticipazione al riguardo?
«Chiara d’Assisi è la ragazza di famiglia nobile che fu tra i primi giovani a scoprire la spiritualità di Francesco e scappa da casa per seguirlo, mettendosi contro di tutta alla famiglia. Diventerà la persona che Francesco ascolta di più nei momenti di crisi e tra i pochi seguaci a restare fedele fino alla morte all’intuizione spirituale di Francesco. Elia da Cortona, amico e concittadino di Francesco è però diversissimo. Di origini modeste ma molto intelligente, si laurea a Bologna in varie discipline. È ambiziosissimo e vuole fare carriera a tutti i costi. Lui ha studiato per diventare ricco e trova Francesco assurdo quando comincia a rifiutare la ricchezza paterna e a trascinare altri giovani ricchi a fare altrettanto. Quando però vede il successo enorme di Francesco, decide di salire sul carro del vincitore e diventa una specie di “manager” del movimento. Vuole organizzarlo e gestirlo d’accordo con la Chiesa, che trova nel movimento giovanile e popolare di Francesco un prezioso aiuto contro i tanti movimenti eretici. Ma le parole che Francesco affida al suo testamento e la tenacia di tanti fedeli come Chiara, testimoniano l’attualità sconcertante della sua avventura».
Monsignor Paglia nel suo volume “Storia della povertà. La rivoluzione della carità dalle radici del cristianesimo alla Chiesa di Papa Francesco” (Rizzoli 2014), scrive che il Poverello d’Assisi ha introdotto nella storia dei cristiani e non solo “un rinnovamento che non cessa ancora oggi di affascinare”, e che, quindi, Francesco è un riformatore. Condivide il parere del Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia?
«Ho subito letto il libro di monsignor Paglia, anche se ormai il film era finito. Lo condivido, perché è molto interessante. Monsignor Paglia non lo sa ma ha una diretta connessione con la mia idea di fare un film su Francesco. La casa editrice Einaudi a metà 2012 mi chiese di scrivere un film o una lunga intervista su Francesco. Ci stavo pensando quando fui invitata a Terni per una proiezione al pubblico del mio secondo “Francesco”… Alla fine ci fu un dialogo tra il Monsignore e me per commentare il film e a un certo punto lui mi disse se non era il caso di tornare sopra l’argomento ancora una volta. Un terzo film su Francesco? Perché no? Pensai che dopo più di venti anni c’era un’altra generazione che poteva essere interessata a Francesco. E così quando Papa Bergoglio volle chiamarsi Francesco, io ero già avanti con la scrittura del film, che si vedrà le sere dell’8 e 9 dicembre prossimo su Rai 1».
Che cosa ha pensato della scelta di Bergoglio di chiamarsi Francesco, nome finora mai utilizzato da nessun pontefice?
«Il nome Francesco indica un desiderio splendido che Bergoglio, infatti, sta cercando di realizzare. Per Francesco la Chiesa è una “Fraternitas” che si realizza con il desiderio e la libertà. Francesco non ha mai preteso di cambiare gli altri, mai ha parlato contro la Chiesa. La via per Francesco è amare il Cristo, è cambiare se stessi. È questo il punto centrale a mio parere e, infatti, Francesco e i suoi seguaci fedeli davano testimonianza con la loro vita».
Le similitudini tra Papa Francesco e San Francesco sono davvero tante, pensiamo alla salvaguardia del Creato e al tema della pace. Il Santo è stato il primo dopo Gesù a dire “La pace sia con voi”. Cosa ne pensa?
«Questa volta ho affrontato il tema della Crociata sopratutto perché oggi i medievisti ne parlano avendo approfondito le ricerche. Pare che Francesco abbia incontrato il Sultano. Forse aveva sentito parlare di Francesco e forse lo paragonava a un Sufi. Comunque era un Sultano di ottima cultura. Pare che volesse la pace con i cristiani ma questi rifiutarono e fu un disastro. Il sultano aveva delle ragioni strategiche per volere un accordo, per Francesco la Pace era una valore assoluto. Ai suoi seguaci insegnò a salutare augurandosi “la pace sia con voi”. Incredibile se si pensa che non c’è mai stata una cultura di pace e che non c’è neanche oggi. La scuola dovrebbe farne invece una materia da insegnare ripercorrendo i disastri della Storia. Basterebbe fare conoscere i disastri del secolo scorso. Viceversa almeno ai tempi miei al liceo non si arrivava neanche alla I Guerra Mondiale».
“La Chiesa deve uscire da se stessa… e andare verso le periferie geografiche ed esistenziali”. È questo il significato profondo del pontificato del Papa “venuto dall’altra parte del mondo”. Secondo il Suo parere qual è l’aspettativa dei fedeli, e non solo, nei confronti di un pontefice che con il suo messaggio evangelico ha già rivoluzionato una Chiesa che negli ultimi tempi aveva perduto credibilità?
«L’aspettativa non è andata delusa. Il Papa si sta adoperando proprio a diffondere un cultura di pace. Purtroppo ci si dimentica persino che il Dio dei cristiani è lo stesso Dio dei musulmani. La guerra tra di loro è fratricida, la peggiore».