«Se Cuba e Stati Uniti si parlano di nuovo è merito di Papa Francesco: ha fatto crollare un altro muro»

«Del ruolo svolto da Papa Francesco per la riapertura dei rapporti diplomatici tra Cuba e Stati Uniti d’America, penso tutto il bene possibile e immaginabile. Essere stato il tramite per il riavvicinamento diplomatico tra Washington e l’Avana, come lo è stato il “papa venuto dalla fine del mondo” vale a dire dall’America Latina, significa essere stato capace di mettere la pace e il dialogo al servizio della ripresa dei rapporti tra due popoli che per circa mezzo secolo per motivi politici erano stato divisi in maniera gravissima per entrambi. È proprio il caso di dire che un altro grande muro è stato abbattuto e papa Francesco, con la politica del sorriso e del dialogo concreto, ne è stato l’artefice».
Orazio La Rocca, vaticanista di Repubblica, precisa come sia stato determinante il ruolo avuto dal Santo Padre nella svolta dei rapporti tra due paesi vicini geograficamente ma distanti politicamente da quando nel gennaio del 1959 la rivoluzione marxista di Fidel Castro era salita al potere. «Ha vinto non solo il concetto cardine di Bergoglio, cioè che le differenze sono una ricchezza e una risorsa e mai un ostacolo, ma tutto il sapere sapienziale del Santo Padre, che in tutta la sua vita al servizio della Chiesa cattolica – da semplice sacerdote della Compagnia di Gesù a vescovo e a cardinale, ed ora da Papa – ha sempre visto nell’incontro con l’”altro” una risorsa, una ricchezza capace di abbattere muri e di vincere diffidenze e dissapori. Una sapienza sacerdotale, quella di Papa Francesco, che ha fatto del riscatto dei poveri, degli ultimi e degli ammalati il suo primo impegno di uomo e, soprattutto, di uomo di Chiesa», puntualizza il giornalista nato a Itri (Latina) nel 1950,  e collaboratore di Repubblica dal 1982.

“Certamente il ruolo di papa Francesco è stato determinante, proprio perché lui ha preso anche questa iniziativa di scrivere ai due presidenti per invitarli, appunto, a superare le difficoltà esistenti fra i due Paesi e trovare un punto di accordo, un punto di incontro” ha detto il Segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. È esagerato affermare che Bergoglio ha riscritto la storia?
«Non vedo nessuna forma di esagerazione nel dire che papa Bergoglio ha riscritto la storia, almeno per quando riguarda la storia dei complicati e difficili rapporti tra la Cuba di Fidel Castro e gli Usa. Di sicuro, è una storia – imprigionata per circa mezzo secolo da un micidiale embargo che ha colpito in gran parte le componenti più povere della popolazione cubana – che ha cambiato il suo corso grazie all’avvento di Jorge Bergoglio al soglio di Pietro».

“L’invisibile muro di paura e povertà che per cinquant’anni ha separato l’isola dagli Stati Uniti e dal resto del mondo è caduto”, ha detto il Presidente Raul Castro nel suo discorso alla Nazione. Daniele Mastrogiacomo, inviato di Repubblica a Cuba ha definito la popolazione come stordita e incredula. Come cambieranno le relazioni tra la piccola isola “comunista” dalla forte tradizione cattolica e la superpotenza americana?
«Difficile immaginare come saranno effettivamente i futuri rapporti tra la piccola isola comunista, profondamente cattolica, e la superpotenza statunitense. Di sicuro fin dal primo momento dell’annuncio della riapertura dei rapporti diplomatici tra Cuba e Usa una ventata di gioia e di felicità ha attraversato tutta l’isola coinvolgendo qualsiasi persona di buona volontà sparsa per il mondo. Non tutti, però, tra gli esuli cubani hanno gioito all’annuncio, specialmente quelli che da anni vivono negli States. Da parte americana, non tutti i repubblicani hanno esultato, specialmente i parlamentari presenti nel Congresso Usa che hanno annunciato battaglia al momento del voto sulla ratifica dell’accordo. Sono segnali – le riserve degli esuli cubani e dei repubblicani statunitensi – che non fanno ben sperare per il futuro. Ma ormai la strada è stata spalancata, il dialogo è ripreso ai livelli più alti con la benedizione papale, e il futuro non potrà essere mai più come gli anni dell’embargo anti cubano».

“Todos somos americanos”, ha detto il Presidente Barack Obama dalla Casa Bianca al termine dello storico annuncio dato a mezzogiorno in punto (18 italiane) dello scorso 17 dicembre. Proprio nel 1961, anno in cui Barack nasceva, gli Stati Uniti interrompevano le relazioni diplomatiche con Cuba in seguito alla presa del potere da parte di Fidel Castro. Una vittoria per Obama, che ridà ossigeno alla popolarità in calo e alle critiche sulla politica estera della sua presidenza?
«Sicuramente si tratta per il presidente Barack Obama di una vittoria personale, forse il momento più alto della sua presidenza. Detto in parole povere, l’inquilino della Casa Bianca ci ha messo la faccia e ha avuto ragione forse nel momento più critico della sua leadership. Ora, per vincere l’intera partita cubana dovrà vincere le resistenze repubblicane. Ma non credo che si farà condizionare dalle cassandre statunitensi».

La Santa Sede ha sempre avuto uno sguardo attento alla situazione cubana. Pensiamo al ruolo di Giovanni XXIII durante la crisi della Baia dei Porci del 1962, alla stretta di mano nel 1998 tra Giovanni Paolo II e Fidel Castro (da giovane era stato allievo dai gesuiti) e alla visita di Benedetto XVI nel 2012. Che cosa ne pensa?
«Sul ruolo che i pontefici hanno svolto per risolvere in maniera indolore le tensioni esplose tra Cuba e Usa dobbiamo essere tutti entusiasti. Se oggi Cuba e Usa hanno annunciato la riapertura dei rapporti diplomatici grazie ai buoni uffici dell’argentino papa Francesco il merito va anche a Giovanni XXIII che, con l’avvento del regime comunista di Fidel Castro dopo la rivoluzione della fine degli anni Sessanta, non volle mai ritirare la nunziatura dall’Avana. E per decenni il nunzio apostolico a Cuba ha garantito rapporti tra il regime e la Santa Sede, assicurando alla Chiesa cattolica cubana condizioni sufficienti per la cura d’anime nell’isola e nello stesso tempo assistere poveri e ammalati. Da non dimenticare, inoltre, l’opera pacificatrice avviata da due grandi pontefici come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Se Cuba oggi è libera dal giogo dell’embargo si deve anche a loro».

Con l’abbattimento del “muro d’acqua di 140 km che divide la Florida dall’isola” come ha scritto Vittorio Zucconi la Guerra Fredda è veramente finita? «Vittorio Zucconi, che oltre ad essere un grande giornalista è un maestro del racconto, ancora una volta ha visto giusto. È vero, la Guerra Fredda, quella che generazioni di persone hanno conosciuto, è veramente finita con la riapertura dei rapporti tra Cuba e Usa. Resta, però, da abbattere un altro muro – e Zucconi non a caso l’ha ricordato – quello che divide le due Coree, quella del Sud e quella del Nord. Un muro che tiene isolato prima di tutto la Corea del Nord col resto del mondo democratico. È questa la grande sfida cui ogni uomo di buona volontà deve mirare. E papa Francesco lo sa».