Anche l’Islam avrebbe qualcosa da imparare. Dal cristianesimo

Perdonerete le mie parole odierne. Avrei voluto evitare di scrivere e di parlare, conservare il silenzio in queste occasioni è da persone sagge, si vede che io non lo sono.

LACERATO DA QUELLO CHE È SUCCESSO

Vorrei partire da una semplice premessa, magari scontata, ma importante. Anch’io come la maggior parte di voi sono lacerato e sconvolto per ciò che è successo in questi ultimi giorni a Parigi… La mia sofferenza, tuttavia, si perde ormai nei mesi e negli anni trascorsi, quando migliaia di persone sono state uccise per non aver acconsentito a una interpretazione del Corano. Donne, bambini, giovani, uomini, uccisi, sterminati perché cristiani, o musulmani, o laici. La sofferenza per i bambini e i ragazzi sterminati in Pakistan, ragazze rapite, giornalisti sgozzati in diretta. Da mesi lascio risuonare questa sofferenza dentro di me. Non avevo bisogno dello slogan “Je suis Charlie” per condannare questa violenza bestiale, e mi sembra onestamente troppo facile risvegliarsi improvvisamente solo quando il sangue bagna la terra d’Europa.

LA VIOLENZA IN NOME DEL VANGELO

Quando ascolto queste notizie mi vengono in mente le gravi azioni che anche noi cristiani abbiamo compiuto in passato. Tuttavia devo anche dire, che dal Vangelo non era e non è possibile derivare l’idea che la Rivelazione cristologica possa essere imposta, quasi fosse un obbligo culturale. Quelle azioni sono state possibili perché si era verificata una identificazione tra potere politico, società e chiesa che, paradossalmente, il Vangelo stesso non prevedeva. Basta leggere i passi del Vangelo che riguardano le tentazioni di Gesù nel deserto: tutto ciò che riguarda il potere, la gloria, lo sfruttamento del bisogno e della precarietà dell’uomo, Gesù l’aveva rifiutato, non era quello la modalità scelta dal Figlio per comunicare se stesso, ma la tenerezza, il perdono, il dono di se stesso, la morte in croce, vale a dire la dedizione incondizionata. Non è un caso che nel cuore del Medioevo il Signore abbia suscitato un uomo santo come Francesco, che richiamava la centralità della Scrittura e la vita come risposta all’abisso di amore del crocifisso.

DIO SI OFFRE, NON SI IMPONE

Forse troppo tardi ci siamo accorti che Francesco aveva ragione. Abbiamo imparato che il Vangelo si testimonia, non si impone. Abbiamo imparato che il Dio di Gesù Cristo vuole amici, non servi. E che l’esperienza della libertà, così preziosa per la modernità, è l’esperienza della fede stessa. Trovare un Dio che si appella alla tua libera coscienza per farsi riconoscere, e riempie questo appello con l’autorevolezza del Suo dono. Precisamente questa consapevolezza ci ha aiutato a vivere nella società, testimoniando il Vangelo, condividendo con gli altri uomini e donne, la bellezza della vita umana che il credere aiuta a scoprire, e a riconoscere la bellezza dell’umanità che anche chi non crede, o chi è di altre religioni scopre.

La verità per l’uomo è un evento che chiede la tua libera adesione, ma proprio perché la verità è esperienza di libertà e di liberazione, essa non può essere imposta, ma sempre ricercata insieme agli altri.

La modernità ci ha dato l’occasione di imparare a essere cristiani in questo modo. Abbiamo anche noi dovuto fare sforzi notevoli. Abbiamo accettato e capito che Gesù è la sua storia, e che qualcuno può anche ritenere che tale storia non può essere un evento dell’Assoluto. Ci siamo dati e ci stiamo dando da fare per mostrare che la storicità della Rivelazione è l’intenzionalità stessa di Dio per accogliere in se stesso la libertà e la novità della storia umana.

LE FATICHE DELL’ISLAM. QUELLE PRESENTI E QUELLE FUTURE

Credo che nell’Islam questo cammino non sia così facile. Non me ne intendo molto, ma da quello che ho letto, trovo una grande difficoltà ad accettare il metodo storico-critico e la consapevolezza ermeneutica nell’interpretazione del Corano, insieme a una grande difficoltà a articolare la prescrizione divina e la libertà dell’uomo. Non parliamo poi della apertura alla novità, nel bene e nel male, che la storia dell’umanità porta con sé.

Io penso che non ci possa essere integrazione se non si parte da qui. Non può essere che la comunità musulmana accetti che uno come  Salman Rushdie venga condannato a morte per aver letto in modo critico il Corano, non può essere che si giustifichino atti come quelli di Parigi, nascondendosi dietro la volgarità delle vignette di alcuni anarchici. E’ proprio il modo di vivere la fede che deve cambiare, diventare più consapevole e quindi più autentico. Ascoltino questo consiglio da una comunità, quella cristiana, che ha imparato sulla propria pelle la lezione: la Verità non uccide la fede, ma la fortifica, la approfondisce e ci rende più liberi e capaci di testimoniarla con maggiore serenità anche e proprio in questa cultura e in questa società pluralista. Nessuno di noi è avvocato o guerriero di Dio, possiamo esserne semplici testimoni, coltivando una spiritualità che ci aiuti a avvicinarci alla bellezza del cuore di Dio, che è capace di custodire ogni uomo…Un consiglio anche ai laici. Non emarginate con troppo fretta e superficialità l’esperienza di Dio. Molto spesso la presunzione di essere nella verità senza rispetto delle vie di ricerca che la storia dell’umanità ci offre, è solo segno di debolezza e di ignoranza.

Speriamo che la morte seminata in questi anni nel nome di Dio, che il sangue di tante persone, possa farci ritrovare una strada di dialogo e di convivenza pacifica, nel segno della libertà, della responsabilità, del rispetto…della tenerezza e dell’amore. Respiriamo insieme questa vita che il Signore ci ha donato, senza che alcuno si senta autorizzato a togliere il respiro e la parola distruggendo il gesto di gratuità divina che ci ha consentito di respirare, pensare, gioire e soffrire insieme…E andiamo al di là degli slogan di questi giorni, scendiamo nelle profondità della vita, avendo il coraggio di tacere, ma di agire nel segno della liberalità che Dio mostra ogni giorno nei nostri confronti…