Il “Vangelo”, una strepitosa bellissima notizia. Dio si è messo a fare il re

Foto: uno scorcio del Lago di Tiberiade

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Vedi Vangelo di Marco 1, 14-20. Per leggere i testi liturgici di domenica 25 gennaio, terza domenica del Tempo Ordinario, clicca qui)

«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino». Gesù inizia il suo ministero non insegnando e spiegando, ma annunciando, come fa un araldo che grida una notizia ad alta voce. E Gesù grida la notizia che è arrivato a maturazione il tempo propizio, il momento decisivo nella storia umana. Le attese lungamente coltivate di un re buono, che difendesse i poveri, che facesse  giustizia e costruisse la pace, si sono realizzate. Dio stesso, infatti, si è messo a fare il re.
Dio, dunque è “qui”, si prende cura del popolo che gli appartiene, come sua proprietà. La sua forza regale è misericordiosa, soccorrevole, capace di vincere le forze che procurano male al popolo. Il male esiste, infatti, il popolo soffre violenze, malattie, dolori di ogni tipo. Ma Dio ha deciso di mettere al servizio del popolo la sua potenza misericordiosa. E questa potenza misericordiosa si manifesta nella persona stessa di Gesù. È lui che guarisce, consola, perdona, in nome di Dio. E’ un evento straordinario, che cambia tutto, che porta una strabocchevole gioia. Il male non viene distrutto, ma Dio ha iniziato a distruggerlo, ha messo dentro la storia degli uomini, qualcosa, anzi: qualcuno capace di contrastarlo in maniera efficace.

LA GRANDE NOVITÀ

Di fronte a questa strepitosa novità, non basta qualche piccolo cambiamento. Dopo aver dato l’annuncio, dopo, solo dopo e come conseguenza, Gesù dà un comando. Bisogna volgere le spalle al passato e cambiare radicalmente tutto, affidarsi interamente al vangelo, cioè alla bella notizia che Dio ha incominciato a regnare. Gesù riassume tutto in due parole: “cambiare mentalità”, cioè convertirsi, e “credere”, cioè affidarsi a Dio. Ma non è un affidarsi qualsiasi. Se si traduce con esattezza il testo di Marco si dovrebbe dire: «Convertitevi e credete sulla base del Vangelo», fondate, cioè la vostra fiducia in Dio sulla notizia bella che lui, Dio, ha incominciato a regnare.

DISPOSTI A LASCIARE TUTTO

Il Regno di Dio non è solo parole e neppure solo eventi, ma è incontro, rapporto fra chi ci crede e il Signore. E’ il senso della chiamata dei primi discepoli. In Marco si trovano molto frequentemente delle espressioni che indicano un “andare” di Gesù. Per cui lo stare con lui comporta un “andar dietro” a lui. Questo permette di capire con più chiarezza il senso dell’essere discepoli del Signore come un andar dietro a lui, una sequela. “Venite dietro a me”; “Se ne andarono dietro a lui”; “Seguimi”; “Se uno vuol venire dietro a me…”. E così avviene anche per i primi discepoli: lasciano tutto e seguono il Maestro. Il testo accentua la radicalità della scelta. Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni non pongono tempo di mezzo, lasciano subito tutto… Ma anche questa è una novità: nell’Antico Testamento il credente segue Dio o la sua legge. Qui invece i quattro chiamati seguono la persona viva di Gesù, si attaccano a lui, mostrano piena disponibilità a fare ciò che lui vuole. Ed è tale l’importanza della persona di Gesù che seguire lui significa un rottura anche con gli affetti più cari, a cominciare dalla famiglia.

UNA NUOVA NASCITA

In mezzo alla vita di tutti i giorni, dunque, là dove si lavora, risuona la voce totalmente nuova: Dio è qui, si è fatto vicino, decidetevi: cambiate tutto e credete. Il cristiano diventa così uomo diverso. La vita che ha accolto la bella notizia non è più come prima. Non può essere come prima. Il cristiano è colui che si sente addosso lo sguardo del maestro e sente la sua voce. «Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare…». Per i quattro, quel giorno, è stato come nascere di nuovo grazie a quello sguardo. E’ come il neonato che, appena uscito dal grembo, si sente le sguardo accogliente dei genitori che lo hanno atteso. La fatica della nascita è compensata per la madre dalla gioia di avere un figlio e dal figlio dalla sicurezza dello sguardo della madre. Siamo dunque dei rinati… E siamo chiamati a gridare la gioia di avere incontrato la misericordia del buon Re che è in mezzo a noi con il suo Figlio.