C’erano una volta i bollettini parrocchiali. E nell’era delle connessioni globali che fine fanno?

C’erano una volta i bollettini. E le signore che vendevano gli abbonamenti casa per casa, e difficilmente andavano via a mani vuote. Giornali spesso molto semplici, con un aspetto grafico “basico”, articoli poco elaborati, racconti in presa diretta, eppure apprezzati da un pubblico fidato, fiducioso e in certi casi anche ampio, forti proprio del loro consenso popolare. Rappresentavano per i parroci un modo efficace per arrivare a tutti e raccontare almeno i fondamenti della vita della comunità. Qualcuno si spingeva più in là, cercando di avviare una riflessione sulla vita dei cristiani nella società contemporanea, su temi teologici tradotti in linguaggio masticabile con un’attenta opera di mediazione; qualcuno sperimentava la nascita di piccole redazioni di laici. Questo lavoro paziente e sempre del tutto volontario nella maggior parte delle parrocchie continua anche oggi. Ne raccontiamo alcuni volti in questo dossier, con l’intento di aprire un dibattito e dare il via a uno scambio di esperienze: quali sono oggi i sistemi di comunicazione più efficaci, dentro e fuori dalle parrocchie? Quali media vengono adottati per il confronto interno alla comunità e per entrare invece in contatto col mondo (e svolgere il ruolo di “Chiesa in uscita” che Papa Francesco sollecita)? Dove si raggiungono i risultati migliori e perché?
Senza dubbio le condizioni e il pubblico sono cambiati profondamente: sono cambiati i costi, oggi molto alti per una pubblicazione, in particolare se con attenzione alla qualità della carta. Sono diminuiti i benefattori pronti ad acquistare pubblicità, spolpati dalla crisi e dai molti fronti aperti in ambito caritativo. E’ mutato il pubblico: qualcuno lamenta una costante emorragia di abbonamenti, e succede spesso perché i lettori invecchiano e muoiono, e spesso non vengono sostituiti. Le nuove generazioni non si riconoscono in strumenti che non riescono a rinnovarsi abbastanza velocemente (anche per mancanza di mezzi) e in pochi casi possono contare sul contributo di articolisti giovani. Per di più i ragazzi di oggi, ma anche gli adulti, sono in generale meno inclini alla lettura, preferiscono concentrarsi su media più veloci e attraenti, come Youtube. Infine tv, carta, internet e social network insieme hanno creato in questo momento una sorta di cortocircuito: un flusso comunicativo ininterrotto in cui diventa difficile orientarsi e che produce saturazione e disinteresse. Mancano gli strumenti per selezionare, decodificare, ordinare, apprezzare davvero quello che scorre sotto gli occhi tutti i giorni e farlo proprio. Le notizie, come ha sottolineato il vescovo Francesco Beschi nella giornata di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, diventano sempre più autoreferenziali e sembrano incidere poco sulla vita quotidiana delle persone. E’ un paradosso che nel momento in cui la rete diventa il più grande serbatoio di sapere a disposizione di tutti le persone diventino invece sempre più impermeabili agli stimoli. Come rompere questo corto-circuito? Cominciamo un’analisi a partire dalla base, dalle piccole comunità, dalla comunicazione personalizzata, che si realizza in molti modi, anche in rete.

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