«I bollettini? Servono sempre. E i siti internet? Senza un progetto, diventano cimiteri»

«Il bollettino parrocchiale è uno spaccato della vita di una comunità, una persona esterna prendendo in mano il giornale della parrocchia deve vedere il suo dinamismo». Don Davide Milani, responsabile dell’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Milano chiarisce «il ruolo importantissimo» che rivestono oggi i bollettini parrocchiali nell’ambito di una Diocesi «perché sono una comunicazione di prossimità, arrivano dove la gente vive».
Per troppo tempo non si è valutata l’importanza di questi strumenti: «Addirittura – prosegue don Davide – qualche volta si è derisa, svalutandoli. In realtà una ricerca purtroppo non aggiornata che avevo promosso diversi anni fa stabiliva come i bollettini parrocchiali erano considerati dalle persone che li ricevevano molto graditi e molto autorevoli, perché la gente sa chi c’è dietro questo tipo di comunicazione che magari non va oltre una piccola cerchia, la parrocchia, gli abitanti del quartiere». Quindi i bollettini parrocchiali rappresentano una comunicazione non solo autorevole ma necessaria, dalla quale una comunità non può esimersi. «Certo vanno fatti bene e con serietà – prosegue Don Milani, ordinato sacerdote nel 2001, – conoscendo bene quei quattro, cinque principi fondamentali della comunicazione. Inoltre i bollettini devono essere scritti con semplicità, i parrocchiani non vogliono leggere bollettini sofisticati, ridondanti e scintillanti. È una comunicazione nella quale le parrocchie devono investire».
Domandiamo al sacerdote, che ha una grande passione per il giornalismo, se secondo il suo parere, i fogli parrocchiali riportano sempre quello che avviene nella parrocchia e ci risponde: «Ciascun strumento per funzionare deve essere progettato in funzione dei bisogni dei destinatari e di quella comunità oltre gli strumenti che ci sono già. Se per esempio una comunità ha un sito Internet, dove ci sono tutte le informazioni, i cambiamenti di orario, gli appuntamenti, e questo sito è molto visitato, lo strumento cartaceo che ci dovrà comunque essere, magari sarà meno interessato agli appuntamenti, perché c’è già uno strumento che lo fa e si sposterà di più su commenti, sulle riflessioni, sul racconto di diverse esperienze. Se c’è un giornale locale che questo lavoro di racconto puntuale degli appuntamenti e delle novità della parrocchia lo fa già, il foglio parrocchiale andrà a occupare un altro spazio. Il giornale parrocchiale quindi va a colmare un vuoto che c’è, a occupare uno spazio che gli serve. Vanno bene anche gli appuntamenti della comunità però stia legato alle esigenze effettive, non si deve vergognare il bollettino di riportare le notizie precise, anche le più piccole, perché in una parrocchia servono anche quelle notizie». Nato a Lecco, 46 anni, Don Milani dal 2007 è portavoce e responsabile delle varie iniziative di comunicazione dell’arcidiocesi milanese, una delle maggiori comunità cattoliche del mondo. Anni fa Don Davide ha organizzato un corso sulla multimedialità per operatori parrocchiali, quindi da esperto del settore Don Milani è certo che anche nel Terzo Millennio non bisogna smettere di investire sulla comunicazione cartacea, perché la tradizione dei bollettini resiste all’invasione di Internet.
«Gli strumenti: radio, televisione, web, servono tutti, l’importante è sapere che ogni strumento ha la sua filosofia di comunicazione, ha bisogno di un codice comunicativo preciso. Non si può scrivere sul giornale parrocchiale come sul web. Quindi il web non ucciderà il giornale e se qualcuno frettolosamente dice “non facciamo più il bollettino parrocchiale perché abbiamo il sito web” fa un grande errore. Alcuni tipi di riflessione hanno ancora bisogno della carta. Gli strumenti si evolvono, ci sarà meno carta e più comunicazione digitale ma il bollettino parrocchiale non è finito». I nuovi media dunque rappresentano una vera e propria sfida, perché «ci obbligano ogni volta a chiederci che tipo di comunicazione vogliamo fare, che cosa ci serve e chi vogliamo raggiungere. Nella Diocesi di Milano sono nati tantissimi siti web, c’è stata una ricerca che ha mostrato come la Diocesi milanese era in Italia quella con la percentuale più alta di siti web per parrocchia. Peccato che tantissimi di questi siti sono dei “cimiteri”, perché non avendo un progetto dietro sono delle presenze morte in rete. Quindi la comunicazione digitale è una bella sfida da vincere ma deve essere fatta con un progetto ed è comunque utile alla Chiesa, perché è un modo di stare dentro questa “piazza digitale”, è un modo di dare una testimonianza della nostra vita cristiana anche dentro questi media digitali. Io non credo che si evangelizzi con i media però il racconto della vita, la bellezza, la sfida, gli interrogativi e le risposte che la vita cristiana dà al nostro modo di vivere sono necessarie e gli strumenti digitali danno questa possibilità». Lo stesso Papa Francesco è un Pontefice che ama molto la comunicazione, perché ha uno stile pastorale di contatto diretto con le persone. “Per il Pontefice comunicazione significa incontro”, ha dichiarato recentemente il direttore di Civiltà Cattolica Padre Antonio Spadaro, per il quale “incontro” e “dialogo” sono le parole chiave della visione della vita e della Chiesa del Santo Padre. «Certo, anche se ce ne sono molte altre. Però queste parole ci fanno capire come Papa Francesco creda molto in tutte le dimensioni della comunicazione, che è qualcosa che nasce dall’incontro del soggetto con il Signore. Un Dio che si fa uomo per incontrarci, quindi questo incontro non è un appuntamento di cortesia ma un incontro che ci salva», conclude Don Milani per il quale «una delle nostre principali preoccupazioni è pastorale, cioè dare alle varie parrocchie gli strumenti per comunicare bene».