Andrea Tornielli: “Papa Francesco mette al centro i poveri. Ma non per questo è comunista”

«C’è bisogno di riscoprire tutta la dottrina sociale della Chiesa, di lasciarci interrogare, persino ferire, dal fatto che ci siano persone che muoiono di fame e di freddo nelle nostre città e non fanno notizia. Come pure è assurdo che un punto in più o in meno della Borsa o giochi di speculazione possano rischiare di portare intere fasce delle popolazioni in Paesi del Terzo Mondo sotto la soglia di povertà, com’è recentemente accaduto quando c’è stato un grande rialzo dei prezzi di alcune sementi. Credo che interrogarsi su questo sia sacrosanto e tutto ha a che fare direttamente anche con la missione specifica della Chiesa, perché l’attenzione ai poveri non è un’invenzione dei comunisti». Il magistero sociale di Bergoglio è al centro del volume Papa Francesco. Questa economia uccide (Piemme 2015) scritto da Andrea Tornielli, editorialista e vaticanista del quotidiano La Stampa, coordinatore di Vatican Insider, con Giacomo Galeazzi vaticanista de La Stampa. Tornielli, blogger di Sacri Palazzi, dopo aver raccolto e analizzato insieme con il collega discorsi, documenti e interventi di Papa Francesco su povertà, immigrazione, giustizia sociale e tutela del Creato, precisa che una delle partite più importanti del pontificato si gioca sul magistero sociale di Bergoglio «perché questo è uno dei punti di maggior impatto e anche di frizione con certi ambienti legati al mondo cattolico. Questi ultimi, infatti, hanno una visione della dottrina sociale della Chiesa tale che non ritengono la Chiesa possa dire che il sistema vada cambiato. Sono convinti che la questione sia riconducibile soltanto a una responsabilità personale e cioè che bisogna essere più etici e peccare meno, come se l’economia e gli strumenti fossero in qualche modo neutri». Il giornalista nato a Chioggia nel 1964 ricorda che nell’Evangelii Gaudium il Papa ha scritto che “questa economia uccide”, perché “non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in Borsa”.

“Papa marxista”, “leninista” o “pauperista”. Le parole di Bergoglio sulla povertà e giustizia sociale, la costante attenzione nei riguardi dei bisognosi hanno attirato critiche e dure accuse, citando il titolo del Prologo, “In Vaticano c’è un Papa marxista”?
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Assolutamente no, è una cosa ridicola! Il Papa stesso l’ha detto più volte e ribadito nella nostra intervista pubblicata nel libro, che sentirsi dare del marxista non lo offende perché nella sua vita ha conosciuto tanti marxisti buoni ma ripete che l’ideologia marxista è sbagliata e ovviamente lui non ha nulla a che fare con questa ideologia».

“Ah, come vorrei una Chiesa povera per i poveri!”. Il primo pontefice dopo duemila anni di storia della Chiesa decide di chiamarsi come il Poverello d’Assisi per andare “verso la carne di Cristo” per capire “cosa sia questa povertà, la povertà del Signore”. È questa riflessione che dà il senso della portata straordinaria del pontificato di Francesco?
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Sì, certamente. Questo è uno degli aspetti che Francesco ha indicato senza cadere nel rischio di pauperismo ma indicando come meta ideale alla quale bisogna tendere. Quindi una Chiesa che sia più povera e che sappia essere vicina ai poveri. Tutto ciò lo vediamo molto bene in Francesco: con il suo essere, con la sobrietà che Lui stesso usa. Questa indicazione della Chiesa povera ha a che fare con gli interventi che c’erano stati al tempo del Concilio Vaticano II. Questo non significa che la Chiesa si debba semplicemente spogliare di tutto ciò che ha ma che metta molta più attenzione e maggiore impegno per essere veramente al servizio dei poveri e per essere sempre più una struttura trasparente anche dal punto di vista finanziario».

Secondo Lei quanto il Santo Padre è stato influenzato da quello che ha visto da cardinale in Argentina, Paese piegato da una gravissima crisi economica negli anni 1999-2002?
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Ovviamente questa è stata un’esperienza che ha pesato, anche se non sono d’accordo sul fatto di caratterizzare il pontificato di Bergoglio come un pontificato latino-americano. C’è il modo di dire: siccome il Papa viene dal Sud del mondo, da un Paese dell’America Latina, il Santo Padre guarda al mondo con certi occhi e non conosce la realtà dell’economia e non conosce come vanno le cose nel Vecchio Continente. Questo è totalmente falso, perché Buenos Aires si trova sì “alla fine del mondo” però lì tanti fenomeni sono stati vissuti prima di noi: la secolarizzazione, un certo tipo di attacco all’istituzione della famiglia, come pure la questione della grave crisi economico-finanziaria che in Argentina è stata vissuta molti anni in anticipo rispetto a noi. L’esperienza di quegli anni, dei danni che può creare un certo tipo di capitalismo e un certo tipo di economia che era più a contatto con l’economia reale che con la vita reale delle persone, la speculazione finanziaria, hanno fatto vedere al Santo Padre i segni delle drammatiche ripercussioni sulla popolazione».

Un altro tema che sta a cuore al Pontefice è la tutela dell’ambiente e per questo sta lavorando a un’Enciclica “verde”. La custodia del Creato per Francesco è legata alla “cultura dello scarto”, male della nostra civiltà. Ne vuole parlare?
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Questa enciclica che come ha detto Padre Federico Lombardi, dovrebbe essere pubblicata attorno al mese di giugno, è un’Enciclica che dovrebbe parlare della cura e della salvaguardia del Creato e al tempo stesso parlare di globalizzazione, di sviluppo solidale, quindi toccare anche il tema della povertà legato al tema della salvaguardia del Pianeta. L’idea dello “scarto” che si ritrova spesso nei discorsi del Papa vale per tutto. A cominciare dall’uomo, perché viviamo in una cultura che “scarta” gli uomini che non servono. Immagino che si tratterà di un documento che direi chiamare “verde” o “ambientalista” è un po’ riduttivo, perché non sarà un’Enciclica che indulge a un certo tipo di ideologia verde. Sappiamo che esiste un certo tipo di ideologia ambientalista che considera l’uomo quasi come il vero problema per il Creato. Parlando della custodia del Creato, come spiega anche nell’intervista, Papa Francesco parte dalla valorizzazione e dalla centralità dell’uomo cui è stato affidato il Creato e che ha il compito di farlo fruttificare e al tempo stesso di trasmetterlo il più possibile integro ai suoi figli».

Avete messo a confronto due personalità del mondo cattolico, il Prof. Stefano Zamagni e il banchiere Ettore Gotti Tedeschi per comprendere le reazioni che alcune prese di posizione del Papa hanno suscitato. Che cosa è emerso in merito?
«È emerso che esistono anche all’interno del mondo cattolico, come del resto si sapeva, approcci diversi. Abbiamo voluto mettere a confronto due diverse personalità, perché Gotti Tedeschi appartiene appunto a una scuola che tende a definire “neutri” gli strumenti dell’economia e a puntare molto sulla responsabilità personale, sulla coscienza del singolo. Zamagni invece, il quale ha collaborato a encicliche del passato, è un esperto di dottrine sociali della Chiesa, è ovvio che tenga conto della responsabilità personale del singolo ma non chiude il discorso rispetto alla necessità che i cristiani s’impegnino anche per cambiare le strutture».

Nell’intervista che il Santo Padre ha rilasciato a voi lo scorso ottobre, presente alla fine del volume, Papa Francesco ha detto “avere cura di chi è povero, non è comunismo, è Vangelo”, quindi l’attenzione ai poveri rappresenta la continuità con la tradizione della Chiesa? «Assolutamente sì, rappresenta la continuità con la tradizione originaria dei Padri della Chiesa. Lo stesso Francesco nel maggio del 2013 ha sottolineato con forza come la povertà non sia una categoria sociologica ma andare verso i poveri ha a che fare con l’essenziale della fede. I cristiani saranno giudicati come si legge nel Vangelo da quel protocollo che troviamo in Matteo 25: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. I Padri della Chiesa danno un’immagine che è fortissima da questo punto di vista, perché nella Bibbia il giusto è l’uomo che si preoccupa del povero. Quindi dare del comunista a chi parla di povertà dal punto di vista cristiano è un errore, perché la povertà sta alle origini della tradizione della Chiesa e sta nel Vangelo».