Lo studio dei classici? Deve essere esteso a tutti. Anche fuori dai licei, e senza latino e greco

Dopo l’intervento di Fabio Gatti sul calo di studenti nel liceo classico (Lo trovate qui) ecco un approfondimento sullo stesso tema di Giovanni Cominelli che propone fra l’altro un’ipotesi suggestiva per non disperdere il patrimonio dei classici…

I Licei classici sono in calo, ormai verso il 10% degli iscritti. Quest’anno i nuovi iscritti sono scesi al 5%. Fine della cultura classica? Verso una nuova età di barbarie? La conclusione è decisamente assai più larga delle premesse. La metafisica occulta operante è che l’acquisizione della cultura classica è necessariamente legata alla padronanza del Greco e del Latino. E poiché queste due lingue si apprendono al Liceo classico, dunque cultura classica e Liceo classico sono legati. Intanto, i ragazzi che oggi si presentano all’esame finale del Liceo classico fanno una fatica estrema a tradurre, anche i brani più facili, pur con l’uso dei dizionari. Detto brutalmente: solo un’infima minoranza dei Liceali sa più il Latino e il Greco. Perché la crisi dell’offerta formativa liceale-classica? Il Liceo classico è stato progettato nel sistema scolastico italiano quale scuola di formazione delle classi dirigenti, che venivano tratte dalle professioni cosiddette liberali: avvocati, medici, notai, docenti universitari… L’accesso era selezionatissimo: il latino era la forca caudina, sotto la quale pochissimi riuscivano a passare. L’intera cultura politica italiana, dai liberali, ai fascisti ai comunisti ha condiviso questo impianto fino agli anni ’60. Per chi avesse voglia di approfondire, potrebbe essere istruttivo riandare al dibattito tra Concetto Marchesi – appoggiato da Togliatti – e Elio Vittorini durante il Congresso del Pci ai primi di gennaio del 1946. Vinse la tesi di Marchesi: “Dovranno compiere gli studi superiori solo coloro che hanno per lo studio una inclinazione naturale”.
Dimenticava Concetto Marchesi, assai più gentiliano che marxiano, che “l’inclinazione naturale” era in realtà un prodotto sociale: dipendeva dalle condizioni sociali di partenza, dall’acculturazione e dal numero di libri che un ragazzo aveva già in famiglia, dalla geografia, dalla distanza dalle scuole. Ancora negli anni ’30, in molto paesi il top dell’istruzione si fermava alla terza elementare. Tanto che Elio Vittorini lamentava sulla sua Rivista Il Politecnico che i figli dei contadini dovessero entrare nei Seminari ecclesiastici e negli Ordini religiosi per accedere agli studi classici. In ogni caso, il sistema, figlio di Casati e Gentile, saltò in aria con la Scuola Media Unica del 1962, voluta da una parte della DC e delle sinistre. Nel giro di pochi anni, complice non involontaria anche Lettera a una professoressa di don Milani, uscita postuma, il sistema gentiliano esplose: una massa di ragazzi irruppe nella scuola media e poi negli istituti superiori. Il Liceo classico incominciò ad arretrare.
Non cambiò, purtroppo, la struttura dell’offerta formativa ed educativa: al Liceo classico si continuò a riservare l’accesso al patrimonio fondamentale della nostra civiltà, tutti gli altri indirizzi ne furono esclusi. L’errore gravissimo che gli ideologi conservatori del Liceo hanno compiuto è stato quello di legare alla capacità di tradurre dal Latino e dal Greco il possesso del patrimonio classico filosofico, teologico, storiografico e letterario. Come uscire da questa impasse, senza lasciare le giovani generazioni all’oscuro di ciò che hanno scritto Parmenide e successori, Euripide e colleghi, Pitagora e Democrito, Erodoto e Tucidide, il Vecchio testamento e quello nuovo, San Paolo e i Padri della Chiesa? La soluzione è l’uovo di Colombo, e perciò urta contro i conservatori di ogni risma: un programma di formazione di base per tutti, quale che sia la professione futura – dal cardiochirurgo all’operatore ecologico, dall’avvocato all’elettricista… – che comprenda i classici. È necessario conoscere il Greco e il Latino? No, bastano delle buone traduzioni. E il Liceo? Deve essere trasformato in una scuola di specializzazione professionale. Di quale professione? Quella del filologo, dell’epigrafista, del traduttore, dell’insegnante. Il Liceo: un indirizzo come gli altri, non più depositario monopolistico del sapere di civiltà – che deve essere dato a tutti – ma specialista in quegli strumenti che permettono di trasmetterlo. E’, del resto, ciò che chiedono le Associazioni professionali dei latinisti e dei grecisti, preoccupate della perdita del Latino e del Greco: uno studio rigoroso, severo, specialistico. Ciò che oggi manca nel Liceo classico.