Paolo Baroni, vicepresidente nazionale Fuci: «I giovani hanno bisogno di dare senso alla vita, e di trovare risposte vere»

Non è un attore e nemmeno un cantante. È un giovane bergamasco che ha scelto di svolgere un servizio nella Chiesa. Riuscire a trovarlo libero per rispondere alle mie domande è stato difficile. Era in giro per l’Italia e l’ho trovato occupatissimo, la sua agenda fitta di impegni. Prima a Ragusa, la settimana seguente a Bologna. Ma alla fine, con la disponibilità e l’affabilità che lo contraddistingue, ecco qui le sue risposte.

Paolo Baroni, 26 anni, della parrocchia di S. Antonio a Valtesse, Bergamo. Da bambino ha conosciuto l’esperienza e il carisma dei Frati Minori Francescani e da adolescente ha collaborato con i sacerdoti diocesani nella cura pastorale della sua comunità. Diplomato al liceo scientifico Mascheroni, si laurea in Sicurezza dei Sistemi e delle Reti Informatiche e di Sicurezza Informatica presso l’Università Statale di Milano ( sede Crema). In tre aggettivi si definisce: dinamico, preciso, attento.

Cosa significa essere vice presidente della FUCI a livello nazionale? In cosa consiste il tuo servizio? Perché hai accettato? Quando scadrà il tuo mandato?
«La Fuci – Federazione Universitaria Cattolica Italiana – è un’esperienza di formazione e amicizia pensata e proposta da e per gli studenti universitari che desiderano vivere il tempo dello studio universitario con profondità affrontando le sfide dell’età giovanile comprendendo anche gli aspetti e i temi della vita di fede, confrontandosi con serietà con la cultura del nostro tempo. Questa esperienza si compone dei percorsi dei singoli gruppi di universitari presenti nelle università e nelle Diocesi italiane che con autonomia leggono le esigenze del proprio territorio e predispongono le attività, secondo un orizzonte di riflessione comune a tutti, scelto e sviluppato insieme a livello nazionale. La Presidenza Nazionale, di cui faccio parte dallo scorso ottobre, insieme ad altri cinque ragazzi e ragazze, insieme all’Assistente Ecclesiastico, ha il compito di coordinare le diverse riflessioni, impostando il cammino comune, accogliendo le istanze dei gruppi e delle regioni, collaborando con le diverse associazioni, quali l’Azione Cattolica, in particolare con il Settore Giovani e il Movimento Studenti, il Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, l’Ufficio Nazionale di Pastorale Giovanile, l’Ufficio Nazionale per l’Educazione, la Scuola e l’Università della Cei, Libera e il Forum Nazionale dei Giovani, di cui siamo fondatori e altre realtà. Si tratta di un’esperienza di servizio che ha il suo centro nella lettura della realtà e nella risposta alle diverse esigenze che si incardinano nella formazione e nella condivisione di idee e riflessioni, oltre che di tempi e spazi di vita quotidiana. Gli incarichi nella nostra Federazione hanno durata limitata, per permettere di rimanere aderenti alla realtà, che cambia con sempre maggior rapidità, attraverso il frequente passaggio di consegne tra ragazzi di regioni ed esperienze di studio diverse. Ogni anno a maggio si rinnovano i ruoli di Presidente e Vicepresidente: quest’anno a Catania sarà il turno della rappresentanza femminile, il prossimo anno della maschile».

Com’è la tua giornata quotidiana?
«Le giornate trascorrono tra studio o lavoro, impegni in sede nazionale, riunioni di Presidenza o incontri con le realtà con cui collaboriamo. A seconda dei tempi liturgici cerchiamo di inserire nel ritmo delle nostre giornate anche tempi di preghiera e di riflessione, attraverso la Liturgia delle Ore, la Messa o la Lectio Divina».

Dove vivi ora?
«Da ottobre mi sono trasferito a Roma, presso la Residenza dei Responsabili Nazionali dell’Azione Cattolica, per poter condividere in modo pieno e continuativo questa esperienza nazionale. Saltuariamente rientro a Bergamo per portare avanti l’università e ritrovare amici e familiari».

Cosa ti hanno detto i tuoi genitori quando gli hai annunciato che saresti andato a vivere a Roma per questo servizio?
«La scelta di intraprendere questo percorso è maturata coinvolgendo i mei genitori e la mia famiglia: insieme abbiamo cercato di capire quali potessero essere gli aspetti positivi e i punti più problematici. Ho ricevuto e ricevo tutt’ora il totale sostegno e incoraggiamento, nonostante la lontananza da casa e il poco tempo in cui possiamo stare insieme».

 Chi è stata la prima persona che ti ha parlato della FUCI? Quali sono stati i tuoi inizi in FUCI?
«La mia esperienza in FUCI è iniziata qualche tempo dopo aver intrapreso l’esperienza universitaria poiché frequentavo e coordinavo le attività per gli adolescenti e i giovani della mia parrocchia di Valtesse. Vedendo la mia crescente esigenza di approfondire i vari temi, don Leonardo mi suggerì questa esperienza, già attiva in Diocesi ma non molto conosciuta o pubblicizzata. Ho iniziato a frequentare e conoscere i ragazzi che partecipavano al Gruppo di Bergamo, rendendomi pian piano disponibile a collaborare alle riflessioni e ai percorsi tematici. L’esperienza si è poi corroborata frequentando gli incontri regionali dei gruppi lombardi, i ritiri a Fontanella di Sotto il Monte e a Bose, le proposte in collaborazione con l’AC bergamasca, le Settimane Teologiche di Camaldoli e gli eventi nazionali».

Cosa pensi del rapporto che i giovani di oggi hanno con la fede, con la Chiesta e con l’ambito associazionistico cattolico?
«Attraverso l’esperienza in FUCI mi è stato possibile approcciare l’ambito universitario anche dal punto di vista relazionale e umano. Rimanendo sulla soglia delle sedi di Bergamo o passeggiando nei suoi cortili o corridoi, lasciando un invito o raccontando una proposta, mi sono reso conto di quanto sia esperienza condivisa quella della ricerca di senso, della domanda di profondità, della necessità di risposte vere. Molte volte ho riscontrato l’esigenza di confrontarsi con questa dimensione dell’umano, magari senza avere i tratti di formalizzazione precisa, forse senza nemmeno la coscienza di essere in cammino in questa prospettiva. Molte volte la mancanza di strumenti spirituali affinati, spesso risalenti alle esperienze adolescenziali, se non addirittura a quelle infantili dell’iniziazione cristiana, spaventano quando si intavolano questioni e discorsi che richiedono l’esercizio di una coscienza critica, unita all’utilizzo saggio della ragione, e al discernimento serio, personale e comunitario: spaventa la fatica, intimorisce la complessità, disincentiva la poca cura puntuale dedicata dalle pastorali giovanili basate sulla funzione educativa, in cui la rielaborazione della propria situazione particolare e d’ambiente è poco o per nulla sostenuta e incentivata. La vita di fede è una vita che richiede impegno e dedizione, dev’essere coltivata e confrontata, provata nella realtà e nell’esperienza, rielaborata e assimilata passaggio per passaggio. Le esperienze associative laicali ed ecclesiali dovrebbero essere a servizio di questo percorso di vita, collaborando con la Chiesa, nei suoi vescovi, nei suoi pastori e sacerdoti, ciascuno rispettando e compiendo pienamente il proprio ruolo, realizzando l’aspirazione che il Concilio Vaticano II ha ben riassunto nei suoi richiami e nei suoi documenti per una Chiesa viva e incarnata, secondo lo stile evangelico».

I tuoi progetti per il futuro?
«Ci sono molti progetti in cantiere: stiamo per vivere il Congresso Nazionale a Catania, sulle nuove sfide per la fede, la cultura e la società; in estate vivremo le Settimane Teologiche sui temi dell’ambiente e della famiglia; per il prossimo anno ci stiamo preparando a vivere i 120 anni dalla fondazione della Federazione, con lo sguardo rivolto ai grandi testimoni, come Piergiorgio Frassati e Papa Paolo VI».

Una frase per convincere un/una giovane a entrare nella FUCI?
«Tutto il discorso di Papa Francesco alla FUCI in occasione della Beatificazione di Papa Paolo VI»

http://fuci.net/paolovi/wp-content/uploads/2014/10/Messaggio_PapaFrancesco_FUCI-copia.pdf