Sindone: già un milione di prenotazioni. Bruno Barberis: parla anche ai fedeli di oggi

«L’elevato interesse della gente nei confronti della Sindone è un dato di fatto: lo dimostrano i milioni di fedeli che sono venuti a Torino in occasione delle ostensioni del 1978, 1998, 2000 e 2010 e l’alto numero di prenotazioni per quella che sta per iniziare (quasi un milione ad un mese dall’inizio). Il Presidente Mattarella arriverà a Torino il 14 maggio e Papa Francesco il 21 e il 22 giugno. Lo dimostrano le numerose conferenze che noi membri del Centro Internazionale di Sindonologia siamo chiamati a tenere in tutta Italia. Le mie, da novembre fino ad oggi, sono già 150 e prima della fine dell’Ostensione ne ho in previsione almeno altre 60. Segno che la Sindone continua a parlare nel profondo del cuore e della mente agli uomini e alle donne del nostro tempo». Bruno Barberis, direttore del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, ricostruisce la storia della Sacra Sindone che verrà mostrata ai fedeli dal 19 aprile al 24 giugno presso il Duomo di Torino. «Mons. Nosiglia, Arcivescovo di Torino e Custode Pontificio della Sindone, ha scelto come motto della prossima ostensione un’espressione molto significativa, tratta dal vangelo di Giovanni: “L’amore più grande” (Gv 15,13). È l’amore di chi dà la vita per i propri amici”. Ed è lo stesso amore che ci viene incontro con eloquenza misteriosa dal silenzio della Sindone. Quell’amore non si è limitato al passato, ma raggiunge tutti gli uomini di tutti i tempi», precisa Barberis, docente di Meccanica Razionale, fisica e analisi matematica presso l’Università di Torino e uno dei massimi esperti mondiali sulla Sindone, il cui enigma dura da 2000 anni.

Professor Barberis, che cos’è la Sindone e che cosa rappresenta? 

«La parola “Sindone”, nome antico che ha origini greche e che significava “telo”, indica oggi in tutto il mondo non un lenzuolo qualunque ma quello che da oltre quattro secoli è conservato nel Duomo di Torino. Secondo la tradizione la Sindone di Torino è il lenzuolo funerario nel quale fu avvolto il corpo di Gesù di Nazaret dopo la deposizione dalla croce. Ciò corrisponde al racconto dei Vangeli, secondo i quali Giuseppe di Arimatea compose il corpo di Gesù nel sepolcro dopo averlo avvolto in una sindone. Tale tradizione non è in contraddizione con quanto si sa delle vicende storiche della Sindone, anche se la sua storia è assolutamente certa e documentata solo a partire dalla metà del XIV secolo. Questa identificazione si basa soprattutto sul fatto che sul telo è impressa la doppia impronta (frontale e dorsale) di un corpo umano il cui studio dettagliato ha permesso di dimostrare trattarsi dell’impronta lasciata dal cadavere di un uomo dapprima flagellato e poi crocifisso, con caratteristiche e particolari che appaiono strettamente correlati con ciò che è descritto nei vangeli circa le torture e la crocifissione subite da Gesù di Nazaret. Questo suo stretto e indiscutibile rapporto con le Sacre Scritture, fa sì che l’immagine della Sindone costituisca uno strumento unico e singolare per riflettere sulla vicenda terrena di Gesù: San Giovanni Paolo II nel suo discorso davanti alla Sindone del 24 maggio 1998 la definì “specchio del vangelo”. Ma contemporaneamente l’immagine sindonica costituisce un prezioso ispiratore della vita di fede e il suggeritore di quelle opere di carità che ne sono il vero grande frutto, come affermò San Giovanni Paolo II al termine del suddetto discorso: “Lo Spirito di Dio, che abita nei nostri cuori, susciti in ciascuno il desiderio e la generosità necessari per accogliere il messaggio della Sindone e per farne il criterio ispiratore dell’esistenza”».

Quando comparvero le prime tracce della Sindone?

«Sappiamo con certezza che intorno alla metà del XIV secolo a Lirey in Francia, Geoffroy de Charny, all’epoca una delle figure più di rilievo del Regno di Francia, depositava presso la chiesa da lui stesso fondata un lungo lenzuolo di lino sul quale si poteva vedere quella che venne subito ritenuta l’impronta di Cristo crocifisso e morto. Da questa data la Sindone presenta una storia documentata. Si può quindi ricostruirne con certezza spostamenti e vicissitudini, in modo da escludere la possibilità che vi sia stata una qualsiasi sostituzione, da allora sino ad oggi. Per quanto riguarda la storia relativa al periodo precedente alla comparsa della Sindone in Francia, non possediamo certezze assolute. Si sono fatte molte ipotesi piuttosto interessanti, per approfondire dal punto di vista storico la tradizione che ritiene la sindone, il lenzuolo funerario di Cristo. Esistono antiche testimonianze, piuttosto generiche ma abbastanza concordanti, circa la possibile conservazione del corredo funerario di Cristo. Un’ipotesi, su cui si lavora da alcuni anni, ritiene che la Sindone possa in qualche modo essere collegata al venerato Mandylion di Edessa, un tessuto sul quale si era miracolosamente impresso il volto di Gesù. Alcune ricerche su antiche fonti fanno pensare che tale tessuto custodisse non solo la figura di un volto ma anche quella di un corpo. Il Mandylion fu trasferito nel 944 a Costantinopoli, dove è anche ricordata la presenza dei lini sepolcrali di Cristo. In particolare un crociato, Robert de Clari, ha scritto di aver visto nel 1204 una Sindone contenente l’impronta del corpo di Gesù, scomparsa in seguito al saccheggio della città. Dai dati che abbiamo, non possiamo con certezza affermare che si trattasse della stessa Sindone che apparirà più tardi in Francia, ma la notizia è molto interessante in quanto documenta con certezza l’esistenza di una Sindone figurata a Costantinopoli. Un’ipotesi interessante presuppone il passaggio della Sindone in Grecia, dove vi furono insediamenti importanti di feudatari latini, con parentele con gli Charny, in quanto un documento localizza la Sindone ad Atene nel 1205. Il telo sarebbe poi stato trasferito successivamente a Lirey».

Come mai il lenzuolo presenta segni di bruciature e riparazioni?

«Il lenzuolo presenta due linee scure parallele longitudinali intersecate da 22 fori quasi triangolari. Le linee scure sono dovute a bruciature, mentre i fori sono stati provocati dalla caduta sul telo di gocce di metallo fuso provenienti dall’urna nella quale la Sindone era conservata durante l’incendio scoppiato nel 1532 nella Sainte-Chapelle di Chambéry, dove all’epoca la Sindone era custodita. La disposizione di tali bruciature e fori dimostra che la Sindone era conservata ripiegata in 48 parti in modo da formare un rettangolo di circa 36 cm x 28 cm. Nel 1534 le Suore Clarisse di Chambéry provvidero a fissare la Sindone a un telo di lino d’Olanda di supporto, per migliorarne la resistenza meccanica e a cucire sul telo stesso delle toppe per coprire i fori provocati dall’incendio. Altre toppe furono poi aggiunte in epoche successive (quasi certamente nel XVIII secolo) per coprire ulteriori lacerazioni verificatesi in alcuni punti adiacenti ai vecchi rattoppi e lungo le linee di strinatura. Nel luglio 2002 la Sindone è stata ricucita su di un nuovo telo di supporto e tutte le toppe sono state rimosse, poiché essa è ora conservata completamente distesa in posizione orizzontale e quindi non più sottoposta a tensioni meccaniche. Sulla Sindone sono visibili inoltre piccoli fori simmetrici disposti a forma di L, dovuti a ustioni avvenute in un periodo antecedente all’incendio di Chambéry, probabilmente prima del XII secolo».

Che cosa ha stabilito lo studio condotto sulla Sindone con la tecnica radiometrica del Carbonio 14 eseguita nel 1988 in tre laboratori e pubblicata sulla rivista americana Nature?

«La datazione di un campione di tessuto effettuata nel 1988 con il metodo del radiocarbonio (C14) ha fornito una data compresa tra il 1260 e il 1390 d.C. Questo risultato è tuttora oggetto di un ampio dibattito tra gli studiosi circa l’attendibilità dell’uso del metodo del radiocarbonio per datare un oggetto con caratteristiche storiche e chimico-fisiche così peculiari come la Sindone. La datazione medievale contrasta con vari risultati ottenuti in altri campi di ricerca e inoltre non è facile accertare se nel corso dei secoli non si è aggiunto nuovo C14 a quello del telo e in quale quantità. È stato provato che contaminazioni di tipo biologico, chimico e tessile sono in grado di alterare considerevolmente l’età radiocarbonica di un tessuto. Poiché la Sindone è certamente stata sottoposta a contaminazioni di tipo sia biologico (lo provano le microtracce ritrovate su di essa) sia chimico (in conseguenza dell’incendio patito a Chambéry) e tenendo conto che nella zona del prelievo del campione utilizzato per la radiodatazione sono stati ritrovati fibre di cotone di provenienza ignota, i suddetti risultati sperimentali meritano di essere attentamente studiati e verificati mediante la realizzazione di un ampio programma di ricerche e di nuovi esami che consentano di valutare il problema dell’introduzione di un opportuno fattore di correzione alla data radiocarbonica del tessuto sindonico. Pertanto al momento attuale il problema della datazione del tessuto sindonico risulta aperto e non ancora risolto. Inoltre non bisogna dimenticare che la Sindone non è un semplice tessuto ma un telo che contiene l’impronta di un uomo torturato e crocifisso, che fino ad ora non si è mai riusciti a riprodurre con tecniche note all’uomo; non è pertanto per nulla facile giustificare in modo logico la realizzazione di una tale impronta in epoca medievale».

Il Lenzuolo rappresenta un modo di evangelizzazione proprio per essere una immagine che parla ai non credenti oltre che a quelli che hanno fede?

«Sovente si pongono in antitesi i due possibili approcci alla Sindone: Sindone oggetto di fede e di venerazione o oggetto di interesse scientifico e di studio? Precisato, come è ovvio, che la fede cristiana non si fonda né si fonderà mai sulla Sindone in quanto si basa su altri presupposti, è necessario sottolineare che la Sindone può esserne un valido supporto se vista come un prezioso strumento che, mediante il linguaggio dell’immagine, contribuisce alla riflessione sul pilastro portante della fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo. Pertanto a tutti coloro che si pongono di fronte alla Sindone liberi da preconcetti e da pregiudizi, una presentazione corretta che tenga conto sia dell’approccio scientifico sia di quello spirituale dà la possibilità di percorrere un prezioso cammino di riflessione alla scoperta del mistero della passione di Gesù, narrata in forma letteraria dai testi evangelici e sotto forma di immagine dalla Sindone. Tale percorso ha bisogno di essere sostenuto sia dalle conferme e dalle scoperte che provengono dagli studi scientifici dell’impronta sindonica, sia da quella riflessione che consente di andare oltre all’immagine per cogliere nella sua interezza il messaggio di salvezza e di redenzione donatoci dalla sofferenza di Cristo nel lungo e doloroso cammino della sua passione. Di fronte all’immagine impressa sulla Sindone è impossibile rimanere indifferenti, si è obbligati a riflettere: è questo il motivo principale che in occasione delle ostensioni degli ultimi decenni ha spinto numerosi non credenti o fedeli di altre religioni a venire a Torino per vedere la Sindone».

Benedetto XVI definì la Sindone “un’icona del Sabato Santo”. Concorda con questa definizione?

«È una definizione che ritengo molto appropriata, poiché l’impronta impressa sulla Sindone è senza alcun dubbio quella di un cadavere torturato e martoriato sulla quale sono chiaramente visibili i segni delle terribili sofferenze patite. E tutto ci fa pensare che non possa che essere quello di Gesù. Il sabato santo è il giorno in cui la Chiesa riflette sul mistero di Dio che condivide con l’uomo l’evento più drammatico e ineludibile della sua vita: la morte. La nostra esperienza umana ci insegna che nel momento della sofferenza, della malattia, della morte, Dio sembra assente, il male sembra prevalere, il dolore appare senza senso e l’uomo si sente smarrito, impotente, vede vacillare la propria fede, non riesce più a nutrire speranza. Se pensiamo ai fatti di queste ultime settimane (o mesi o anni o secoli) nelle nostre menti scorrono migliaia e migliaia di uomini e donne, di vittime, di martiri che hanno vissuto il loro sabato santo perché fedeli a Cristo. Ma al sabato santo segue la domenica di Pasqua che ci dona la risposta certa a tutti i nostri dubbi e a tutte le nostre domande; e per vivere l’aurora della Pasqua è necessario attraversare il buio del sabato santo. La Sindone è il testimone silenzioso di questo passaggio dal buio alla luce. Un vescovo piemontese del Seicento, Agassino Solaro di Moretta, espresse molto bene questo momento della vita di Cristo leggendo in parallelo il ruolo della croce e quello della Sindone: “La Croce accolse Cristo vivo e lo restituì morto, la Sindone lo accolse morto e lo restituì vivo”».

Il “caso Sindone” resta sempre aperto per lasciare spazio al mistero, perché ci sono sempre i sostenitori della sua veridicità e i contrari. Qual è la posizione della scienza?

«Oggi, dopo oltre un secolo di ricerche scientifiche, sappiamo con certezza che l’immagine ha caratteristiche simili a quelle di un negativo fotografico, è estremamente superficiale interessando le fibre del tessuto per uno spessore di alcuni millesimi di millimetro ed è stata prodotta dal cadavere di un essere umano che ha subito numerose torture i cui segni sono visibili in modo anatomicamente perfetto. Sulla Sindone sono presenti numerose macchie di sangue umano di gruppo AB prodotte da ferite traumatiche. Non si tratta di un dipinto e possiede peculiari caratteristiche tridimensionali. Esiste una stretta correlazione tra il volto della Sindone e l’iconografia del volto di Gesù del primo millennio. Sulla Sindone sono stati ritrovati pollini che consentono di ritenere molto probabile un suo soggiorno in Palestina e in Anatolia prima del XIV secolo. C’è ancora incertezza sull’età del lino: gli studi teorici e sperimentali successivi alla datazione medievale stabilita dagli esami effettuati con il metodo del C14 consentono di ritenere molto probabili alterazioni tessili, ambientali, biologiche, chimiche che, nel loro insieme possono aver modificato considerevolmente il risultato della datazione, “ringiovanendo” il telo. Ad oggi, comunque, il processo che ha causato la formazione dell’immagine rimane ancora non noto e necessita di ulteriori studi sia teorici sia sperimentali. Per incrementare e approfondire le conoscenze, sarebbe auspicabile una nuova campagna di studi diretti sul telo che dovrebbe avere lo scopo di raccogliere il maggior numero di dati in modo da costituire una mappa completa delle caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche e tessili dell’intera Sindone, da mettere a disposizione degli studiosi in modo che possano lavorare e confrontarsi su dati certi ed attendibili. Per fare ciò sarebbe necessario organizzare un complesso programma di analisi con l’uso di attrezzature moderne e sofisticate: un vero e proprio “laboratorio per la Sindone”».

“Questa immagine parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell’amore”. Desidera commentare le parole del Santo Padre pronunciate nel messaggio video che il Pontefice ha indirizzato ai fedeli per l’Ostensione della Sindone?

«Come esprimono bene le parole di Papa Francesco, l’immagine impressa sulla Sindone esprime un messaggio profondo che ci aiuta a riflettere sull’amore infinito che ci dona Cristo, innalzato sul palo della croce, con il suo sacrificio. Nel già citato discorso del 1998 San Giovanni Paolo II affermò: “Dinanzi alla Sindone i credenti non possono non esclamare in tutta verità Signore, non mi potevi amare di più!, e rendersi subito conto che responsabile di quella sofferenza è il peccato, sono i peccati di ogni essere umano. Parlandoci di amore e di peccato, la Sindone invita tutti noi ad imprimere nel nostro spirito il volto dell’amore di Dio, per escluderne la tremenda realtà del peccato”».