“Non perdonerò mai”. Perdono e giustizia

Foto: Carlo Lissi con la moglie

È umanamente possibile perdonare settanta volte sette? Quando Gesù invita a farlo, probabilmente, pretende dagli umani qualcosa di divino, aggiungendo un comandamento ancora più impegnativo del “non desiderare la roba e la donna d’altri” o del “ricordati di santificare le feste”. È già difficile perdonare un piccolo torto, una colpa veniale, un peccato riparabile, figuriamoci quale impresa titanica possa essere perdonare un assassino. E infatti Giuseppina Radaelli, madre della donna uccisa l’estate scorsa insieme ai due figli dal marito Carlo Lissi, nel Milanese, non è disposta a indulgenze nei confronti del genero: “Non perdono e non perdonerò mai chi ha ucciso mia figlia e i miei due nipoti – ha detto giorni fa, in occasione dell’inizio del processo –. Andrò all’Inferno, ma non ce la faccio a perdonarlo: deve restare in galera e soffrire come ha fatto soffrire me”.

I TEMPI LUNGHI DEL PERDONO

Non so se qualcuno si sente di condannare l’atteggiamento – umanissimo e comprensibilissimo – di una madre distrutta. Di certo la sua posizione aiuta a ricordare quanto sia faticoso perdonare. Troppo spesso, nel day-after di qualche delitto, ci si precipita dai parenti delle vittime chiedendo loro, insensatamente, se sono disposti a perdonare. Ma come si fa a perdonare quando si è ancora sconvolti dal più terribile dei dolori? Forse è impossibile, sicuramente inumano. Un perdono a caldo è inevitabilmente un perdono di circostanza, dunque falso, perché non nasce da una profonda e meditata rielaborazione del dolore; oppure è, viceversa, un perdono freddo e tutto mentale, non realmente sentito e pienamente vissuto. Un perdono frettoloso e immediato, oltretutto, non riesce mai a liberarsi dalla sensazione che sia un perdono fatto per se stessi, per sentirsi in pace con la propria coscienza o con la propria Fede, e non per riconciliarsi davvero con l’altro. Rispetto all’ipocrisia che aleggia in certi perdoni, allora, molto meglio opporre la sincerità di una sofferenza straziante che ammette limiti e fatiche.

PERDONO, GIUSTIZIA, MISERICORDIA

C’è poi un ulteriore risvolto che certe drammatiche vicende mettono in luce: difficilmente il perdono può prescindere da un principio di giustizia. Anche nella prospettiva della Giustizia divina il perdono arriva dopo un’ammissione delle colpe, e dopo la manifesta volontà di pentirsene; a maggior ragione questo dovrebbe valere per la giustizia umana. In certi casi, purtroppo, sembra che la giustizia, che prevede o dovrebbe prevedere un percorso di espiazione, sia una componente superflua, una variabile secondaria, come se il perdono riguardasse solo chi lo deve concedere e non chi lo deve ricevere. Invece il perdono vero e completo non può che passare da uno sforzo comune, da una duplice volontà: solo chi si dimostra davvero pentito può aspirare a un degno perdono; solo chi è intimamente sicuro del pentimento può perdonare in modo convinto e definitivo. Sant’Agostino invitava a preferire la misericordia alla giustizia: umanamente, però, la giustizia è una condizione necessaria per la misericordia.