Famiglia, lo «strappo» dei cattolici svizzeri: rispetto per gli “altri modelli”, sacramenti per separati e divorziati

Si allarga il fossato tra i fedeli cattolici svizzeri e il Sinodo sulla famiglia. Nel Rapporto che la Chiesa svizzera ha stilato (consultabile sul sito della Conferenza episcopale svizzera – www.ivescovi.ch) presentando ai padri sinodali le risposte al questionario, si parla addirittura di un “dialogo tra sordi”, a voler sottolineare quanto i presupposti dottrinali e le realtà vissute siano distanti. Il percorso sinodale ha trovato larga eco in Svizzera e in 6mila hanno partecipato ai dibattiti presinodali organizzati dalle chiese locali per rispondere al questionario proposto dal Sinodo. Ma la critica verso “Roma” è totale e i punti critici presenti nel testo dei Lineamenta sono numerosi e condivisi praticamente dalla stragrande maggioranza dei cattolici svizzeri. Nel Rapporto si fa notare che esiste una minoranza che chiede alla Chiesa fedeltà alla tradizione, ma si fa subito notare che questi raggruppamenti appartengono piuttosto alle cerchie tradizionaliste della Chiesa. Alcuni addirittura aderiscono alla Fraternità sacerdotale San Pio X e cioè ai lefebvriani. Dunque, la maggioranza dei cattolici in Svizzera dissente e si posiziona su un fronte di pensiero e prassi familiare molto distanti da quelli delineati e pensati dai padri sinodali.

La critica parte dal presupposto e cioè dal “modello della Santa Famiglia”
che i Lineamenta propongono alle famiglie contemporanee. Per la maggior parte dei fedeli svizzeri, si tratta di un punto di partenza e di riferimento troppo alto che non tiene conto del “proprio ambito di esperienza e percezione soggettiva”. È questa “forte divergenza fra ideale e realtà” a rendere poco comprensibile “il linguaggio utilizzato dai Lineamenta per descrivere le realtà familiari”. Le critiche si riferiscono soprattutto “a passi del testo ritenuti incomprensibili, offensivi, arroganti e presuntuosi”. Sono soprattutto le “argomentazioni fondamentali orientate alla teologia e al diritto naturale” ad incontrare maggiore “incomprensione”. Spesso sono considerate “complicate, incomprensibili, idealiste e senza alcun rapporto con le esperienze reali fatte dai fedeli”. “Netto” è anche il rifiuto di quelle affermazioni che la Chiesa fa su di sé, “definendosi esperta in umanità o maestra e madre” anche perché molti fedeli sono dell’avviso, che “la Chiesa e la sua dottrina non mostrino affatto la loro vicinanza alle persone”. Nel loro Rapporto scritto per i padri sinodali, i cattolici svizzeri ricordano che le realtà familiari “vanno al di là del modello di famiglia costruito sul matrimonio sacramentale” e parlano di famiglie “patchwork”, “monoparentali”, divorziati risposati, “famiglie arcobaleno”, e “matrimoni non celebrati in chiesa”, ecc. “Riconoscere questa realtà, e quindi apprezzarla e rispettarla senza definirla semplicemente deficitaria, irregolare, debole o ferita, è un desiderio fortemente nutrito dai fedeli nei confronti della Chiesa e del Sinodo”.

In Svizzera cade un tassello fondamentale, quello della fedeltà al vincolo matrimoniale: i cattolici svizzeri non la considerano “come un valore assoluto, anzi, in determinate circostanze – si legge nel Rapporto – vi scorgono anche il pericolo della falsità, dell’ipocrisia o della permanenza in una situazione di vita indegna della persona umana. La rottura della fedeltà al vincolo matrimoniale è spesso considerata come un male minore”. Questa la premessa che conduce i fedeli svizzeri a chiedere che il diritto canonico possa essere rinnovato “in modo tale da tener maggiormente conto delle esperienze pastorali e delle realtà vissute dalle persone”. Ciò dovrebbe riguardare in modo particolare anche il discorso canonico sull’indissolubilità del matrimonio chiedendo “una visione pastorale del matrimonio, in cui si possa mostrare la sua inconfutabile distruzione (la sua fine)”.

Nessun dubbio invece ed unanimità nel chiedere al sinodo di “metter fine all’esclusione dei divorziati risposati dai sacramenti”. Si tratta di “una norma ufficiale” che nel Rapporto i cattolici svizzeri “rifiutano” e giudicano addirittura “scandalosa”. Anche la proposta di una “comunione spirituale” viene ritenuta “incomprensibile” e “improponibile” perché comporterebbe “il rischio” di discriminare le persone colpite “allontanandole definitivamente dalle celebrazioni eucaristiche”. Anche sulla pastorale verso le persone con tendenza omosessuale, i fedeli si mostrano “in stragrande maggioranza contrariati rispetto alle affermazioni fatte nei Lineamenta”. Si osserva come il testo sinodale “non prenda sul serio” e “sminuisca” le persone omosessuali. La maggior parte dei fedeli svizzeri considera inoltre “legittimo” il desiderio delle persone omossessuali di avere dei rapporti e delle relazioni di coppia e non capisce perché “questo desiderio non possa essere vissuto in una coppia. La pretesa che le persone omosessuali vivano castamente viene respinta perché considerata ingiusta e inumana”. Al di là delle Alpi, la percezione della famiglia è questa. Ma il mondo è grande e le realtà sono estremamente variegate. Ai padri sinodali la sfida di una sintesi che non metta a disagio e non escluda nessuno e, piuttosto, accolga tutti.