La casa nella quale il discepolo deve abitare è l’amore. Strana casa…

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Vedi Vangelo di Giovanni 15, 9-17. Per leggere i testi di domenica 10 maggio, sesta di Pasqua, clicca qui).

L’amore, secondo l’apostolo Giovanni, ha un suo ordine che può essere descritto così: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama gli uomini, gli uomini si amano fra di loro. Di conseguenza, l’amore del Figlio svela l’amore del Padre e l’amore degli uomini fra di loro svela l’amore del Figlio e, quindi, come ultima conseguenza, l’amore tra gli uomini è capace di svelare lo stesso amore del Padre. È un mirabile circolo virtuoso: dal Padre, al Figlio, agli uomini e viceversa: dagli uomini che si amano, al Figlio amato, al Padre che ama. Questo stato amoroso lo si deve vivere, anzitutto, rimanendoci: se si è davvero nell’amore, bisogna restarci: “Rimanete nel mio amore”, dice infatti Gesù.

Uno è davvero nell’amore ed è capace di restarci se osserva “i comandamenti” del Padre. I “comandamenti” non vanno intesi come i dieci “comandamenti” del catechismo, ma come le esigenze concrete dell’amore: bisogna vivere “amorosamente” tutta la mia vita, fare ciò che Dio mi chiede concretamente di fare. Questo significa osserverete i suoi comandamenti, e questo è necessario per rimanere nel suo amore.

Se si vive così l’amore, se vi si rimane, quindi, stabilmente, si vive nella gioia: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. La gioia, soprattutto nel vangelo di Giovanni, è in stretto rapporto con la pace. Pace e gioia sono l’emergere concreto della presenza di Dio nella vita dell’uomo. L’amore salva con certezza, la gioia nasce da questa certezza e la gioia porta pace e, ancora una volta, viceversa: la pace porta gioia.

ABITARE NELL’AMORE

Quale strana “casa” ci invita ad abitare Gesù: l’amore. Bisogna “abitare” nell’amore. Spesso ci lasciamo spaventare da un cinismo dilagante. Che senso ha parlare di amore, e di un amore così, quando, dappertutto, dilaga la guerra, la competizione, lo scontro. Parlare di amore sembra un lusso per qualche romantico. Ma non si può rubare al mondo la speranza. Proprio perché l’amore è diventato un lusso bisogna dire a tutti che tutti sono chiamati a questo lusso. L’Eucarestia, pasto fraterno dei discepoli, è il modo più semplice per “dire” questa strana ed entusiasmante verità. Semmai dovremmo chiederci: che amore ho imparato a vivere e che amore ho insegnato? Davvero è quello di Gesù? Vedi, in particolare, un dettaglio. Gesù dice: Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. È strano perché ci aspetteremmo: come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato il Padre. Invece no: anch’io ho amato voi. L’amore autentico si riversa su altri…

LA RICCHEZZA DEL CIBO POVERO, IL PANE

Se vogliamo capire meglio che cosa è questo amore, lo si capisce nel momento preciso nel quale Gesù è seduto a tavola. Egli vuole i suoi discepoli così: una comunità fraterna, conviviale, che amandosi mette tutto in comune. Se la Chiesa ha perso oggi la forza della sua testimonianza, non è forse perché è meno fraterna, meno conviviale, troppo uguale al mondo? La vera differenza dal mondo, infatti, sta in questa mirabile stranezza: l’amarsi reciprocamente. La tavola è diventata la norma del vivere insieme cristiano. Vivete come se foste sempre a tavola insieme. Non è la ricchezza del dono, ma la ricchezza dell’amore che unisce che rende ricco qualsiasi dono. Per questo Gesù non ha scelto un cibo squisito per darsi ai fratelli, ma un cibo quotidiano, semplice: il pane. E quel cibo così povero rivela la straordinaria ricchezza del dono di cui è segno. Noi diamo qualcosa di povero: noi stessi, ma se questo dono povero è pieno del bene che ci vogliamo, quella cosa povera diventa ricchissima. In altre parole l’amore verso gli altri diventa una splendida immagine dell’eucaristia.