Pentecoste: il calore del fuoco, la leggerezza del vento, l’effusione delle lingue

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi (vedi Atti degli Apostoli 2, 1-11. Per leggere i testi di domenica 24 maggio, solennità di Pentecoste, clicca qui).

La Pentecoste era una festa ebraica che si celebrava cinquanta giorni dopo la Pasqua. Veniva chiamata anche “festa delle settimane” o “festa delle primizie” perché si celebrava sette settimane dopo l’inizio della mietitura e, in quell’occasione, si offrivano a Dio le primizie del raccolto, in segno di ringraziamento. Successivamente, la festa divenne ricordo dell’alleanza e del dono della Torah, la Legge santa, da parte di Dio a Israele. In occasione della festa di Pentecoste molta gente affluiva a Gerusalemme. Questo è lo scenario dell’effusione dello Spirito di cui ci parlano gli Atti degli Apostoli, la prima lettura della messa di oggi.

LA  MANIFESTAZIONE ESUBERANTE DI DIO

Luca – autore, come noto, degli Atti oltre che del Vangelo che porta il suo nome – descrive l’effusione dello Spirito con immagini che sono molto simili alla manifestazione di Dio che sul Sinai. Allora un roveto ardente diventa “luogo” della manifestazione di Dio: Dio parla a Mosè e lo manda a liberare il suo popolo. La manifestazione di Dio è sempre comunque inattesa e grandiosa, improvvisa…  Nel vangelo di Luca, d’altra parte, avviene spesso che i personaggi, che devono parlare in nome di Dio, sono pieni di Spirito Santo si mettono a profetare: Giovanni Battista, Elisabetta, Zaccaria, Pietro, Saulo… Anche qui dunque lo Spirito “scende” sugli Apostoli, è calore, forza, fuoco. È anche lingua…

Molti giudei praticanti e molti simpatizzanti si sono recati a Gerusalemme per le festività. Nonostante le loro differenze e nonostante le loro diverse lingue, tutti capiscono e conoscono il messaggio e la diversità delle lingue non costituisce più un ostacolo.

FUOCO E VENTO

I simboli che dominano il racconto della Pentecoste sono tre: il vento, il fuoco e le lingue. Tutte e tre possono essere o benevoli o distruttori. Lo sono nella natura, ma la sono anche come simboli dei rapporti tra gli uomini. Il vigore del vento diventa uragano, il calore del fuoco brucia e le lingue distruggono. In quest’ultimo caso la famiglia umana è Babele, confusione e lotta delle lingue. La Pentecoste, invece, è un avvenimento antibabelico. Il vento indica la forza e la sorpresa dell’intervento di Dio; il fuoco è come quello del Sinai per Mosè: brucia, scalda ma non distrugge e le lingue sono lo strumento per eccellenza della comunicazione: sono, in qualche modo, un evento amoroso. Gli uomini di Babele avevano sfidato Dio e si erano trovati divisi. Gli uomini di Pentecoste accolgono Dio-Amore e si ritrovano fratelli: le lingue non dividono più.

IL RITORNO DI BABELE

Proprio in Medio Oriente una guerra interminabile viene giustificata anche con motivi religiosi: i musulmani contro i cristiani. È una parabola ammonitrice questa: tutte le volte che gli uomini in nome della loro fede si dividono ritorna Babele: Dio è uragano, il fuoco brucia tutto e le lingue sono lo strumento per eccellenza della guerra (quanto parlare guerresco delle diplomazie internazionali, in questi ultimi anni!).

In tutto questo fragore di lingue e di guerre i cristiani dovrebbero essere i miti testimoni dell’amore leggero e carezzevole, come il vento leggero che accoglie il profeta Isaia, come il caldo del roveto del Sinai.